La nascita di una console tanto innovativa quanto estrema come il Virtual Boy è legata saldamente al contesto storico della prima metà degli anni Novanta. Il mito della realtà virtuale, esaltato ulteriormente dal film “Il Tagliaerbe” e dalle prime cabine da gioco presenti nelle più fornite sale giochi, stava spingendo la ricerca in questa direzione anche nel campo dell’intrattenimento domestico. Nintendo, da sempre all’avanguardia nel settore, decise di commercializzare una console molto innovativa che faceva appunto della realtà virtuale il suo punto di riferimento. L’idea del Virtual Boy, originariamente denominato VR-32, fu concepita dal compianto Gunpei Yokoi. La storia in questo caso è confusa e presenta discrepanze. Alcune fonti sostengono che la rottura tra il creatore del Game Boy e Nintendo sia stata causata dall’insuccesso della console, altri invece che questa sia dovuta all’opposizione di Yokoi al lancio del VB. Gunpei Yokoi riteneva che un simile prodotto, per quanto interessante ed originale, non avrebbe avuto successo in un mercato non ancora pronto a simili novità, mentre Nintendo era convinta che un nuovo hardware ibrido tra un portatile ed una console da salotto avrebbe reso meno pesante l’attesa per il troppo rimandato Nintendo 64.Un dato di fatto è invece che nel 1995, tra luglio ed agosto, sia il Giappone che gli Stati Uniti ebbero la fortuna (o sfortuna, a seconda dei punti di vista) di vedere approdare nei negozi la nuova console portatile, ma non troppo, firmata dalla società di Kyoto.
L’approdo nei negoziIn pochi mesi dal lancio ci si accorse che la sgraziata creatura Nintendo non era così stravolgente come si credeva. L’immersione in una simulata realtà virtuale non era poi tanto sgradevole, ma vistosi problemi oggettivi rovinavano l’esperienza di gioco. Ancora oggi risulta difficile capire perché Nintendo abbia deciso di bruciare un’idea tanto interessante senza limarne gli evidenti difetti. La console, originariamente concepita con una palette di tre colori, Rosso, Giallo e Blu, è stata commerciata, per ragione economiche, con uno schermo monocromatico di colore rosso. Questa scelta non consentì comunque un prezzo competitivo visto che negli Stati Uniti il costo si aggirava sui centottanta dollari, cifra comunque considerevole per una console portatile di quegli anni.A questo si aggiungevano i disturbi alla vista che sconsigliavano l’utilizzo della console specialmente ai più piccoli ed un fastidioso effetto mal di mare che perseguitava alcuni giocatori dopo una sessione di gioco. Nintendo sconsigliava pertanto partite di lunga durata con l’inserimento di pause automatiche nei giochi. Non vanno poi dimenticate le difficoltà nel posizionare la console che, se non si possedeva una sedia ad altezza regolabile, potevano causare grandi mal di schiena a chi non riusciva a trovare una postura di gioco soddisfacente.
Istruzioni per l’usoAprendo la confezione del Virtual Boy il giocatore trovava il visore di colore rosso, i piedini, il joypad e l’alloggio delle batterie. La fase preventiva consisteva nel montaggio. La fragilità della struttura consigliava di montare ad ogni sessione di gioco la stravagante console. I piedini venivano agganciati con una certa difficoltà al visore. Si inserivano poi le batterie nel loro alloggio che andava attaccato al joypad e si univa tutto al visore. Esisteva anche un adattatore di corrente che sostituisce le sei batterie tipo stilo. Si regolava poi l’inclinazione del visore e si introduceva la cartuccia di gioco. A questo punto tramite una sorta di cursore, solo per le prime sessioni di gioco, era necessario regolare il fuoco dell’immagine sullo schermo in maniera simile ad un binocolo ed eventualmente centrare l’immagine. Il giocatore utilizzava la console guardando dentro il visore, in un‘esperienza di gioco necessariamente autonoma ed osservava immagini stereoscopiche grazie ad un sistema di specchi oscillante e di lenti che creavano l’illusione della tridimensionalità. Questo meccanismo riprendeva ed ampliava quello delle lanterne magiche e di altre invenzioni legate al cosiddetto precinema già intuite nel 1800.Il giocatore utilizzava quindi il joypad, davvero ben sviluppato, senza poterlo mai osservare. Il controllo della console risultava veramente uno dei migliori in commercio grazie ad una doppia croce direzionale precisa e ad un’ottima comodità di presa.
Il lato giocosoIl ciclo vitale del Virtual Boy fu davvero breve ed il 12 marzo 1996 3D Tetris divenne l’ultimo titolo pubblicato ufficialmente. In questi pochi mesi di vita solo 22 titoli furono lanciati tra Giappone ed Usa, alcuni esclusivi, ed almeno 24 furono invece cancellati. Tra i giochi mai lanciati figurano Mario Land, Mario Kart. Zero Racers, Star Fox, DK Country e molti altri. Alcuni progetti arrivarono in fase talmente avanzata che cercando in rete si possono reperire anche oggi demo, non ufficiali, ed addirittura foto delle confezioni. Un così limitato catalogo nasconde comunque alcuni prodotti discreti. Su tutti non si può non citare l’incredibile Virtual Boy Wario Land, una delle migliori avventure costruite intorno all’antieroe Nintendo. Il rapporto di intimità a cui obbliga la console porta a godere pienamente delle avventure e delle smorfie dell’eroe panciuto. Una grande perla che ha senso solo su questa console.Una nota di merito va anche al raro Jack Bros di Atlus, difficile da reperire specialmente in versione USA, che nella sua breve durata condensa idee grandiose legate all’esplorazione di labirinti ed all’originale Space Squash, che riprende questo sport da palestra e lo inserisce in uno stravagante contesto galattico. Buoni sono anche Mario Tennis, che doveva godere di un’opzione a due giocatori, Mario Clash, una rivisitazione tridimensionale e difficilissima di Mario Bros, Il caotico Red Alarm, il classico sparatutto Vertical Force, il divertente Galactic Pinball ed alcuni puzzle game.
Il collezionismo Una console così assurda non poteva essere dimenticata dagli appassionati e dai collezionisti. Vi basti pensare che di tanto in tanto appaiono citazioni di questo sistema: in Super Paper Mario o No More Heroes per Wii ad esempio (come è possibile notare dalle immagini a corredo), mentre girovagando in rete si trovano siti di appassionati dedicati alla rossa follia Nintendo. Alcuni amatori hanno perfino creato un cavo link, per le partite a due giocatori, sviluppato artigianalmente per poter soddisfare quel “Doubles” dell’opzione presente in Mario Tennis. La console, che ha a fatica raggiunto il milione di unità vendute, si può trovare a cifre variabili nei negozi di retrogames e dai privati, ma necessita di attenzione. Una certa fragilità, specie dei piedini di sostegno, rende consigliabile l’acquisto solo se in buone condizioni. Un investimento per una console nuova, o quasi, è compensato da una gran parte di giochi disponibili a prezzi molto abbordabili. Tra i 22 titoli sul mercato almeno una decina sono molto comuni e pochi altri abbastanza facili da reperire con un piccolo sforzo economico. Una piccola lista di giochi risulta invece più costosa. Se lo sparatutto in prima persona Insmouse Mansion (a volte viene tradotto in altro modo) e Virtual Lab raggiungono cifre elevate, altri titoli si trovano a prezzi quasi spaventosi. Space Invaders Virtual Collection, Virtual Bowling (da non confondere con l’only USA e molto comune Nester’s Funky Bowling) e soprattutto lo strategico SD Gundam Dimension War rischiano di costare molto più di un hardware di gioco di ultima generazione e sono adatti solo ai collezionisti più interessati.
Dopo tutti questi anni è possibile analizzare in maniera più obiettiva il clamoroso passo falso di Nintendo di metà anni Novanta. La maldestra console firmata Gunpei Yokoi è caratterizzata da innegabili difetti e da una scarsità numerica di software, ma al tempo stesso appare come uno dei più affascinanti esperimenti del mondo dei videogiochi. Il Virtual Boy era, ed è tuttora, una console unica e fuori dal tempo che non segue la naturale evoluzione del videogame moderno. Giocando con una vecchia console, anche gloriosa, per la prima volta si rischia di non apprezzarla a causa dell’evoluzione tecnologica. Nel caso del VB non si prova questa sensazione, in quanto l’esperienza di gioco è veramente unica (o la si ama o la si odia) e mai più ripresa in seguito. Per questo motivo, pur riconoscendo difetti inconcepibili per un prodotto destinato al largo consumo, dobbiamo per un attimo scordarci dell’insuccesso commerciale non giudicando il semi-portatile Nintendo un assoluto fallimento. Il nostro consiglio è quello di provare la console, se ne avrete mai la possibilità. Forse vi causerà indifferenza, giramenti di testa o amore a prima vista, ma almeno avrete avuto modo di testare una strada, forse impercorribile, che i videogiochi non hanno avuto il coraggio di intraprendere fgino in fondo. Almeno fino ad oggi.