La notizia è arrivata un po’ a sorpresa, a differenza di altri casi che erano invece divenuti subito mediatici, ed è stata diffusa da Sean Murray: tra una mansione e l’altra per lo sviluppo del loro No Man’s Sky, infatti, i ragazzi di Hello Games stavano anche affrontando una sgradevole disputa legale, durata ben tre anni, contro il colosso televisivo SKY. L’oggetto del conteso? “Sky”, ovviamente.
Alla faccia delle parole comuni
Il tweet di Murray è stato
a dir poco entusiasta, segno che la causa in corso preoccupava gli sviluppatori: “
yay! Finalmente abbiamo trovato un accordo con Sky (loro sono proprietari della parola “Sky”). Possiamo chiamare il nostro gioco No Man’s Sky. Tre anni di dispute legali senza senso sono finalmente finiti.” Poco dopo, con un altro cinguettio, Murray entra ulteriormente nel merito della questione, senza però svelarne i dettagli legali:
“si tratta degli stessi tizi che hanno portato Microsoft a cambiare Onedrive da Skydrive, quindi era una cosa abbastanza seria“.
Subito dopo la diffusione della notizia, è stato legittimo domandarsi quanto, oltre ai lavori e agli ultimi aggiustamenti
di cui parlò lo stesso Murray, anche la stessa diatriba legale possa essere stata tra le motivazioni del rinvio di
No Man’s Sky, che doveva uscire oggi e debutterà invece il prossimo 10 agosto. In ogni caso, con la sempre maggior crescita del mondo dei videogame (che ha superato con distacco da qualche anno le entrate del cinema) e quindi il coinvolgimento di colossi sempre più tali e economicamente devastanti, sono stati numerosi i casi in cui i videogiochi sono finiti in tribunale.
Tanto per citare il primo esempio che ci viene in mente, il caso di No Man’s Sky ricorda molto da vicino quello di Scrolls, il videogioco di Mojang che si imbatté in una causa, questa volta interna all’industria, imbastita da Bethesda: secondo il colosso statunitense, infatti, il titolo del gioco riprendeva parte del nome di una sua serie famosa,
The Elder Scrolls. In buona sostanza, quindi, l’oggetto del conteso era la possibilità di utilizzare o meno, nel nome di un prodotto, la parola comune “scrolls”. Alla fine, Mojang venne autorizzata dal giudice, con Bethesda che accettò le condizioni solo a patto che
Scrolls non diventasse un marchio registrato, e che il gioco non entrasse direttamente in concorrenza con
The Elder Scrolls.
In attesa di scoprire, se mai saranno resi noti, i termini dell’accordo tra SKY e Hello Games, possiamo quindi dire che la loro causa è assolutamente in buona compagnia.
Farsi causa all’interno dell’industria
Di recente, sono state numerose le cause di cui ci è capitato di parlare anche sul nostro sito. Una molto nota è quella che riguarda Marty O’Donnell, compositore della serie
Halo, e Bungie: in quel caso si è trattato indubbiamente di una questione spiacevole, con il compositore che riteneva di essere stato allontanato senza un valido motivo, e di dover quindi essere risarcito e pagato per i mesi di lavoro rimasti in sospeso. Effettivamente, il giudice gli ha dato ragione, ordinando a Bungie
di versargli $95.019. In seguito, la Corte ha anche sancito che il compositore dovesse vedersi
restituite le azioni della software house di sua proprietà, ed ha assegnato un risarcimento per licenziamento senza giusta causa
di oltre $142.000.
Singolare, e forse perfino surreale, è invece la diatriba tra
Leslie Benzies, una delle maggiori menti di
GTA, e Take-Two, azienda proprietaria di Rockstar: la compagnia aveva infatti annunciato che il producer a capo di Rockstar North aveva preso
un periodo sabbatico, ed aveva riferito di non voler riprendere il suo posto di lavoro al suo ritorno. Una versione dei fatti completamente opposta a quella di Benzies, che sostiene invece di essere tornato solo per scoprire che la sua chiave d’accesso agli uffici
era stata disattivata. Le sue affermazioni gli sono valse una risposta ufficiale da parte di Rockstar, che
le ha definite bizzarre, etichettando l’addio di Benzies come dimissioni conseguenti ai suoi problemi comportamentali e la sua non disponibilità a trovare un accordo in via amichevole, finendo poi nella diatriba legale. La causa è ancora in corso e non mancheremo di riferirvi l’esito.
I casi sarebbero davvero tanti, ed in alcuni casi vanno perfino oltre il medium videoludico: ricorderete sicuramente quando
SNK Playmore accusò
Square Enix di aver utilizzato impropriamente i suoi personaggi nel manga
High Score Girl, ottenendo come risultato che la polizia piombasse nella sede in cerca di prove, convincendo la stessa Square a
rispedire la causa al mittente e a chiedere i danni. Altra causa nota fu anche quella tra
ZeniMax, proprietaria di Bethesda, e
Oculus, con la prima che accusava John Carmak, assunto dalla seconda, di aver
svelato segreti sulle tecnologie di realtà virtuale utilizzati poi per la realizzazione di Rift. La causa è ancora in corso e, nel frattempo, Bethesda si è avvicinata effettivamente alla VR, come mostrato all’E3 con
Fallout 4.
Ultimo esempio che citiamo tra quelli interni all’industria è l’importante causa tra Silicon Knights e Epic Games, che arrivò a cifre impressionanti per noi comuni mortali: nel 2007 la prima, dopo aver acquisito la licenza di Unreal Engine 3 dalla seconda per realizzare Too Human, finì con il portarla in tribunale. Secondo Silicon Knights, infatti, Epic aveva omesso informazioni fondamentali nella documentazione dell’engine, ed i risultati non erano belli come quelli visti in Gears of War, motivo per cui la software house riteneva anche che Epic stesse spendendo i soldi delle licenze dell’engine per i suoi giochi, piuttosto che per migliorarlo. Un’accusa che non è andata giù, portando Epic Games a difendersi e, alla fine, a vincere: Silicon Knights abbandonò Unreal Engine 3 per crearsi un suo engine, ma il giudice rilevò che nel “nuovo engine” erano presenti “migliaia di linee di codice” copiate da UE3. Non solo, quindi, la Corte non ritenne plausibile nessuna violazione da parte di Epic, ma punì Silicon Knights per aver cercato di raggirare il copyright sull’engine, costringendola a cestinare qualsiasi copia di Too Human e X-Men: Destiny che facesse uso del nuovo engine, e imponendole di versare $9,2 milioni di danni a Epic. Un verdetto che, di lì a poco, ne causò la bancarotta.
Tra star e stranezze: le cause che arrivano da fuori
Un po’ come successo a Hello Games con SKY, ci sono però numerose cause che prendono piede fuori dall’industria videoludica, e tra le quali si trovano veramente diatribe di tutti i tipi. Una particolarmente nota è quella lanciata da
Lindsay Lohan a
Rockstar, accusata di aver
ripreso senza autorizzazione le sue fattezze in GTA V. La causa, presentata al tribunale di Manhattan, è ancora in corso e sta procedendo, con la Corte che sta analizzando il caso e il giudice John Kennedy che ritiene quanto esposto dalla Lohan legittimo, e quindi meritevole di ulteriori indagini. Nel frattempo, dopo aver dichiarato che la Lohan
“è fuori di testa”, Ned Luke – doppiatore di Michael in GTA V – ha deciso di intervenire con una battuta non proprio raffinatissima sull’argomento, sottolineando quella che lui ritiene essere una certa somiglianza
tra l’attrice e una vacca. Viene da chiedersi se anche l’inelegante battuta finirà davanti alla Corte. Visto che siamo in tema di cause che coinvolgono le superstar, ricordiamo anche quella in cui
Ubisoft portò in tribunale i Black Eyed Peas. L’azienda francese, infatti, aveva un accordo firmato con la band per la release di
Black Eyed Peas Experience su iOS. La build del gioco venne sottoposta ai musicisti, che avrebbero dovuto fornire il loro parere entro 10 giorni, ma che hanno invece semplicemente ignorato il tutto. Per far valere le sue ragioni, Ubisoft ricorse quindi alle vie legali, affermando che la mancanza di risposta (e quindi il non rispetto del contratto) da parte della band aveva non solo sprecato i 181.000€ di sviluppo del gioco, ma causato danni per €1 milione per i mancati profitti.
Vince però probabilmente il titolo di causa più improbabile di sempre la povera
Activision,
che si è vista contro addirittura l’ex dittatore di Panama, Manuel Noriega. Secondo il pluricondannato dittatore, la sua rappresentazione all’interno di
Call of Duty: Black Ops 2 era
non autorizzata e lo dipingeva come un sanguinario, motivo per cui chiedeva i danni al colosso statunitense. La risposta non si è fatta attendere e Activision, che con una nota ha definito Noriega “
un tiranno senza legge che ha calpestato i diritti del suo popolo“, è stata difesa in tribunale da nientemeno che Rudy Giuliani, ex sindaco di New York e candidato repubblicano alle presidenziali del 2008 prima dell’appoggio a John McCain. Giuliani non le ha mandate a dire e l’esito
ha risolto la diatriba in favore di Activision, con l’ex sindaco che ha definito la vittoria un trionfo della libertà d’espressione, visto che la rappresentazione di Noriega è stata ritenuta legittima secondo l’articolo 1 della Costituzione statunitense.
Anche in questo caso, sono sempre di tendenza anche le cause relative alle parole comuni registrate dalle aziende: se, infatti, il Valhalla è la residenza di coloro che muoiono con onore in battaglia nella mitologia norrena, è anche vero che è sia il nome di
Valhalla Motion Pictures che quello di
Valhalla Studio, autori di
Devil’s Third,
finiti in tribunale davanti all’omonimo. Se, invece, vogliamo tornare alle origini, merita una citazione anche la causa che
Universal Studios intraprese contro
Nintendo, quando ritenne che
Donkey Kong fosse praticamente un plagio di
King Kong, visto che rappresentava un grosso gorilla che ha rapito una ragazza e si trova in cima ad un edificio da scalare. Nintendo non si lasciò spaventare dalle accuse e decise di andare a fondo, ottenendo la vittoria e il pagamento di $1,8 milioni di danni da parte di Universal. Il suo trionfante avvocato, John Kirby, ottenne come premio dalla grande N una barca che battezzò
Donkey Kong, e secondo delle voci proprio lui è l’origine del nome dell’oggi iconico personaggio di Kirby.
Chiudiamo con una causa che, insieme a quella dell’ex dittatore, è probabilmente la più curiosa: se, infatti, tutte le precedenti vedevano sempre un’azienda (o una figura pubblica) faccia a faccia con una casa videoludica, in questo caso parliamo di un privato. Nel 2014, infatti, il cittadino californiano Douglas Ladore fece causa a Sony Computer Entertainment perché aveva dichiarato, a suo dire facendo pubblicità ingannevole, e quindi truffa e frode, che il multiplayer di
Killzone: Shadow Fall sarebbe stato a 1080p. Un risultato poi non raggiunto dal prodotto finale, e per la mancanza del quale il cittadino
chiese un risarcimento di $5.000.000. La causa, portata avanti dal giudice Edward Chen, proseguì quando quest’ultimo
ritenne poco convincenti le giustificazioni di Sony, salvo poi
venire definitivamente rigettata. In caso contrario, c’è da dire che avrebbe creato un precedente non da poco per il mondo dei videogiochi.
Come abbiamo visto, il caso di No Man’s Sky è solo l’ultimo di una lunghissima serie che, tra conflitti interni e interessi esterni, ha portato il mondo dell’industria videoludica a finire davanti al giudice. Le stranezze e le curiosità, come detto, non mancano, tra dittatori che chiedono danni e videogiocatori che richiedono $5 milioni per i 1080p pubblicizzati e poi non raggiunti. In alcuni casi, purtroppo, la poca accortezza ha portato anche ad esiti molto infelici, come nella causa di Silicon Knights.
Con il continuo progredire dell’industria ed i budget sempre maggiori che la circondano, non stentiamo a credere che questa lista si allungherà ulteriormente nei prossimi anni.