Sherlock 4x01

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a cura di YP

Doctor Strange si toglie baffi e mantello, e dopo quasi tre anni torna a vestire i panni dell’investigatore più famoso al mondo. Benedict Cumberbatch e il suo Sherlock sono finalmente tornati, e nonostante l’attore britannico sia ormai uno dei volti più noti e ricercati dell’industria, ritrovarlo nel ruolo che forse gli si cuce meglio addosso è una gioia quasi incontenibile. L’avevamo lasciato li, fuori dal jet che avrebbe dovuto portarlo verso il suo esilio forzato ma che invece non ha fatto altro che evidenziare quanto l’Inghilterra abbia bisogno di lui. Lo spettro di Moriarty continua ad aleggiare sull’eccentrico inquilino del 221b di Baker Street, e quello che sta per iniziare ha tutta l’aria di essere il gioco definitivo; quello che chiuderà il cerchio e metterà finalmente in fila tutti gli avvenimenti di queste quattro stagioni.

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Eppure c’è qualcosa che non va in questo primo episodio, sarà colpa dell’hype, dell’estrema attesa, o semplicemente il lavoro di Moffat e Gatiss questa volta non riesce a convincere come in precedenza. Se da una parte montaggio e tecnica della punta di diamante della BBC si confermano sempre ispirati e di grande livello, dall’altra la sceneggiatura sembra zoppicare un po’.
Sherlock sembra diverso, più vicino alla figura di James Bond piuttosto che al sociopatico cervellotico che abbiamo imparato a conoscere nel corso di questi anni. Il ritmo è veloce, a tratti confuso, e il caso sottoposto all’egocentrico detective si rivela una grossa matriosca che alla fine della corsa però non riesce a lasciare a bocca aperta. Sapevamo che questa quarta stagione sarebbe stata diversa dalle precedenti, ci è stato detto più volte, ma il cambiamento non è sempre sinonimo di miglioramento. Dov’è Sherlock? Dov’è Watson? Dov’è Moriarty? La scrittura dell’episodio offusca le personalità migliori del serial per mettere in luce la figura di Mary interpretata da Amanda Abbington che però non ha il giusto mordente per convogliare in maniera efficace e convincente l’attenzione dello spettatore. Continuiamo quindi a sentire la mancanza del nostro Sherlock: quello che risolve i casi spiegandoceli e non twittando, quello che preferisce umiliare il nemico con canali di ragionamento inarrivabili per qualsiasi essere umano piuttosto che usare la forza bruta.  Anche Cumberbatch ne esce un po’ fiacco, per quanto le sue linee di dialogo siano sempre iconiche e precise, e la sua interpretazione magistrale: manca un po’ quella che è l’anima del serial, il rapporto combattuto fra lui e il suo assistente, in questo caso messo davvero troppo in disparte. D’altronde lo sottolinea molto spesso anche Sherlock: Watson, e sopratutto Martin Freeman, è fondamentale per l’ecosistema che regola la vita di Holmes, e la scelta di mettere un po’ in ombra le personalità dei due non è stata una scelta vincente.

Insomma questa quarta season di Sherlock parte zoppa: nonostante a livello tecnico la serie continua a mostrare i muscoli e dimostrare come uno show seriale possa essere eccellente dal punto di vista della costruzione e della messa in scena, fatica un po’ invece sul lato della scrittura e della gestione dei personaggi. Le prossime due settimane ci diranno se la creatura di Moffat è ancora in gran forma oppure se l’enorme pazienza che si è presa per tornare sul piccolo schermo ha smorzato la forza creativa della serie.

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