Retrospettiva Splinter Cell

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a cura di Pregianza

Oggi Ubisoft è una delle più grandi compagnie videoludiche del pianeta, in possesso di alcuni dei marchi più riconoscibili in assoluto e forte di milioni di copie vendute in tutto il mondo. Il gruppo però partì, come molti altri, da progetti minori, creando di volta in volta nuove ip ricche di potenziale capaci di entrare nell’immaginario comune. Consapevoli della necessità di conquistare il mercato nord americano, da sempre uno dei più estesi e lucrativi nel panorama, decisero di fondare Ubisoft Montreal, e di dedicarsi allo sviluppo di un titolo adulto, dove il protagonista era una super spia statunitense. Nacquero così Sam Fisher e la serie Splinter Cell.
Dopo qualche anno di silenzio e un’onorata carriera alle spalle, il buon Sam ora è pronto a tornare in Splinter Cell: Blacklist. Per l’occasione abbiamo pensato bene di ripercorrere la sua storia.
Tom Clancy’s Splinter Cell
Tom Clancy, noto scrittore specializzato in fantapolitica e spionaggio e da tempo coinvolto nel mondo dei videogiochi, prestò il suo nome al titolo pur non avendo gran voce in capitolo sul suo sviluppo. L’autore in realtà protesto solo su una cosa: l’inserimento nel gioco del caratteristico visore notturno ibrido di Sam con tre lenti. Clancy lo riteneva poco realistico, perché combinava due tipologie di visore praticamente impossibili da fondere nella realtà, ma i fatti diedero ragione agli sviluppatori, visto che il peculiare accessorio divenne praticamente il simbolo della saga.  
Il gameplay è quello di uno stealth game, nel quale gli scontri diretti vanno evitati e sfruttare le ombre per muoversi non visti è indispensabile. In ogni missione le risorse e i proiettili di Sam sono limitati, e il protagonista dispone principalmente di strumenti non letali per raggiungere l’obiettivo.
Una delle influenze primarie di Clancy fu la ricerca di un certo realismo, quindi anche la resistenza del protagonista nel gioco è scarsa. Basta poco per perire (un singolo colpo in molti casi), una caratteristica estremamente distintiva oggi quasi totalmente abbandonata.
Luce e ombra sono fondamentali nel sistema, quindi tutta l’illuminazione è dinamica, con la possibilità di spegnere o disattivare luci artificiali nelle mappe, e di sfruttare le ombre ottenute per facilitarsi la vita. Unita al visore notturno, la manipolazione delle fonti di luce resta una delle meccaniche fondamentali di Splinter Cell. Interessanti poi anche la possibilità di spostare i corpi, per evitare di mettere in allarme le attente e pericolose guardie, la necessità di interrogare alcuni individui per completare specifiche missioni, e l’elevata agilità di Fisher, che offre numerose opzioni di movimento.
La storia, paradossalmente, venne considerata uno dei punti deboli della produzione: concentrata sulla sparizione di alcuni agenti della CIA e su un cyberattacco perpetrato dal presidente della Georgia, e in generale priva di spunti originali. Il carisma del protagonista tuttavia riuscì a innalzare l’intera produzione, che con il suo gameplay ben congegnato risultò uno dei migliori giochi del genere in circolazione e fu un giustamente un successo. 
Splinter Cell: Pandora Tomorrow
Visto il successo di vendite ottenuto dal primo capitolo, Ubisoft decise di sfornare un seguito con una certa velocità. Mentre lo studio di Montreal era impegnato in un nuovo progetto, quindi, la casa decise di affidare lo sviluppo di Splinter Cell: Pandora Tomorrow a Ubisoft Shangai. Il sequel è ambientato nel pacifico, sfrutta lo stesso engine e mantiene un gameplay pressoché invariato rispetto all’originale, tolte alcune manovre extra come la possibilità di sparare a testa in giù e di aprire le porte trasportando un corpo. 
Inizialmente chiamato Shadow Strike, Pandora Tomorrow prevedeva spazi più ampi e variegati. Gli sviluppatori desideravano creare un titolo in grado di offrire situazioni più diversificate ai giocatori e una maggiore flessibilità nelle missioni. I fan della serie non si preoccuparono molto della scarsa evoluzione del gameplay e lo apprezzarono quasi all’unanimità. 
La principale innovazione è rappresentata dalla presenza di una modalità multiplayer, nella quale due team composti da una coppia di spie armate di gadget devono sfidarsi in scontri estremamente tattici. Vista l’unicità dell’online e l’elevata qualità della campagna in singolo, il lavoro di Ubisoft Shangai ricevette valutazioni notevoli anche dalla stampa specializzata.
Splinter Cell: Chaos Theory
L’ambizioso progetto su cui Ubisoft Montreal era al lavoro da qualche anno prese finalmente forma con il nome di Splinter Cell: Chaos Theory. 
Il videogame rinnovò completamente l’engine della serie, migliorando sensibilmente illuminazione, dettaglio e aspetto generale di mappe e personaggi. Le innovazioni non si limitarono però alla grafica, visto che numerosi ritocchi vennero fatti all’intero sistema: il sonoro guadagnò un’importanza simile all’arco visivo dei nemici, costringendo il giocatore a muoversi quatto quatto per non essere scoperto e a tenere d’occhio un indicatore dedicato al rumore, l’intelligenza artificiale venne sensibilmente migliorata, e il sistema di allarmi venne cambiato in modo di permettere la continuazione di una missione anche dopo esser stati scoperti più volte, a patto di dover affrontare guardie barricate e in allerta. 
La scelta di uno tra tre kit prima del via e il netto miglioramento del combattimento corpo a corpo con coltello completarono il pacchetto. 
Tornò ovviamente anche l’apprezzato multiplayer di Pandora Tomorrow,  accompagnato stavolta anche da missioni cooperative. Questi compiti sono studiati appositamente per due giocatori e dotati di storyline che si connettono direttamente a quella della campagna principale. Parlando di trama, questa volta Fisher e la sua organizzazione, Third Echelon, sono impegnati ad aiutare gli alleati giapponesi durante una crisi con la Corea e la Cina, che sfocia ben presto in una situazione ben più grave e caotica del previsto, fino quasi alla terza guerra mondiale. 
Chaos Theory fu un successo enorme di critica, tuttora considerato da molti il miglior capitolo della serie. Più di un purista non apprezzò i cambiamenti fatti alla struttura di base, pensati in effetti per rendere il tutto più accessibile alle masse, ma resta comunque difficile criticare un lavoro di qualità eccelsa come quello svolto da Ubisoft Montreal. 
Splinter Cell: Essentials
Pecora nera del franchise, questo titolo per PSP è in teoria ambientato dopo gli eventi di Double Agent, che doveva inizialmente uscire lo stesso giorno. Double Agent fu però ritardato, mandando alle ortiche la continuità della trama di Essentials. 
Il gioco si basa su una serie di flashback del buon Sam Fisher, e mantiene molti elementi tipici del gameplay della saga. Non riesce tuttavia a trasportarli senza problemi su PSP, anche a causa di una mappatura dei comandi poco intuitiva, grossi cali di frame rate, e una campagna in generale percepita come fatta di fretta e poco curata. 
Splinter Cell: Double Agent
Splinter Cell: Double Agent fu, ironicamente visto il nome, un lavoro dalla duplice natura. Rilasciato con l’arrivo delle nuove console, venne sviluppato sia per la precedente generazione che per Ps3 e Xbox360, ma il risultato fu quello di creare due opere profondamente diverse tra loro. 
Entrambi i prodotti vedono Sam Fisher in una missione sotto copertura, presentano per la prima volta un sistema di moralità legato al mantenimento della sua identità segreta durante la campagna, e lo vedono fare i conti con la perdita di sua figlia, morta in un incidente. Tuttavia i programmatori dei due team impegnati nello sviluppo non si curarono del lavoro altrui, sfornando giochi con storie profondamente divergenti tra le generazioni di console e persino meccaniche differenziate. 
La versione in bassa definizione fu sviluppata da Ubisoft Montreal, mentre allo studio di Shangai fu affidata quella HD, probabilmente a causa dell’impegno della casa canadese nello sviluppo del capitolo successivo.
Splinter Cell: Conviction
In Conviction la storia di Sam Fisher prese una piega innovativa e fortemente distaccata dal passato. Desideroso di scoprire la verità sulla morte di sua figlia, il protagonista stavolta veste i panni dell’agente traditore, privato dei gadget e in conflitto con la NSA e Third Echelon. La nuova situazione portò gli sviluppatori a rendere interattivi quasi tutti gli elementi di una mappa, per permettere a Sam di utilizzarli durante gli scontri. Persino le meccaniche stealth vennero modificate, introducendo la possibilità di mescolarsi alla folla in locazioni popolose. 
Le idee non furono accolte però positivamente dai fan della saga, che non apprezzarono il cambio di tono e le modifiche apportate, pertanto fu ordinato al team di ripartire bellamente da capo per lasciare il posto ad Assassin’s Creed, futuro marchio di punta di Ubisoft. 
Spostato addirittura al 2010, dopo continui rimandi, Conviction usci presentando un Sam Fisher più riconoscibile di quello barbuto delle prime dimostrazioni, e ritornando al gameplay classico con numerosi dovuti miglioramenti. 
Grazie ad alcune lodevoli trovate, come il “Mark & Execute” che dona a Sam la capacità  di marchiare vari bersagli ed eliminarli rapidamente, e un indicatore che permette di visualizzare l’ultima posizione nota delle guardie, il titolo venne comunque apprezzato, ma la virata verso una formula più action parve evidente a molti fan di vecchia data. 
Ora tocca a Blacklist, sarà in grado di fare onore alla serie?
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