Retrospettiva Konami

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a cura di Pregianza

“Figliolo, io vissi in un’era in cui c’era una software house chiamata Konami, e sfornava meraviglie, pensa un po’. Ora il suo nome lo vedi su quelle macchinette strane che fan scendere le palline. Belle eh, ma un po’ anonime”. Questa frase la potreste dire tra qualche anno ai vostri figli, o sentirla pronunciare dalla bocca di un parente preoccupato che si rivolge al suo bimbo, tale è lo stato attuale del colosso giapponese. 
Siamo preoccupati tutti, tutti. Nessuno escluso. Perché la casa, da qualche anno a questa parte, pare aver smarrito la retta via. Non parliamo delle ormai indimenticabili conference all’E3, così assurde da essere parodia dell’evento tutto, no, parliamo proprio di alcune scelte che ormai sembrano lasciar intendere come questo colosso giapponese voglia abbandonare la strada dei grandi videogiochi per dedicarsi ad altro. Scelte concluse con quella che sembra sempre di più l’ormai certa cacciata di Kojima, e con la cancellazione di quel Silent Hills che poteva ridare vita a un franchise molto amato.
Nella speranza che la casa non muoia, o non si trasformi in un’ombra di se stessa dopo la partenza di Hideo, ripercorriamo i grandi marchi e le piccole perle che ci ha regalato negli anni. Non riusciremo a segnalare tutto né a descrivere ogni cosa nel dettaglio, ma almeno la roba più importante è il caso di rimembrarla. Questa è una retrospettiva per ricordare, più che per analizzare.
La nascita:
Kagemasa Kozuki, attuale capoccia del gruppo, diede vita a Konami sotto forma di società addetta alla riparazione di jukebox a Toyonaka. Solo all’inizio degli anni 80 la ditta si concentrò sugli arcade, e ottenne un gran successo con titoli come Frogger e Super Cobra.
Ma partiamo da un paio delle prime serie meno note tra il grande pubblico, che risultano comunque incredibilmente significative per tutto il panorama:
Gradius
Shoot ’em up storico a scorrimento orizzontale, Gradius ha cambiato per sempre il genere, rendendo popolare un sistema di potenziamento delle armi che si basava su una barra a selezione, diversamente da molti giochi dell’epoca. Il sistema venne poi evoluto ulteriormente nei tanti capitoli successivi, permettendo addirittura di selezionare delle configurazioni diversificate delle armi (una caratteristica poi rimasta). Già Gradius 2 venne influenzato da uno spin off della serie di nome Salamander, conosciuto anche come Life Force, e il successo in terra nipponica del marchio diede vita persino a una saga di titoli parodia di nome Parodius, con un gameplay molto simile ma personaggi e boss assurdi. Si tratta di sparatutto molto difficili da padroneggiare, quasi brutali, che però hanno dato una bella sferzata alla concorrenza. Il Vic Viper, nave spaziale utilizzata nella serie lo abbiamo poi risentito altrove, ma per ora se ne è persa traccia. 
Ganbare Goemon
Ecco, quelli dedicati al ladro Goemon sono titoli che da queste parti si conoscono poco. Troppo poco. E la cosa non è del tutto giusta, visto che sono in larga parte dei piccoli classici. Noto anche come Legend of the Mystical Ninja negli states, non è facile catalogare i titoli di questa serie, anche perché variano molto tra loro e passano dall’essere degli adventure complessi a prodotti fortemente platform. Il primo gioco era un action – platform piuttosto classico, e gli elementi dei seguiti ricordano per certi versi addirittura gli Zelda. Sono titoli ben più profondi di quanto appaiono, spesso con personaggi multipli dotati di svariate abilità. Poi il passaggio al 3D su Nintendo 64, con Mystical Ninja Starring Goemon, un titolo che, tolta la telecamera con seri problemi, fece molte delle cose che resero Ocarina of Time leggendario… prima di Ocarina of Time.  Mica roba da poco.
Castlevania
Ecco, mò iniziamo con i pezzi forti. Qua si parla di una serie che ha dettato le regole degli action platform per gli anni a venire, per poi cambiarle del tutto, e in meglio. Nei panni dei Belmont, si dà la caccia a Dracula tra innumerevoli mostruosità, armati di una fidata frusta ammazzavampiri. Tutti i Castlevania sono titoli impegnativi che richiedono skill e preparazione, con sistemi di controllo precisi e soddisfacenti, e che in rari casi nell’era 2D hanno fatto passi falsi, tolto forse il solo Simon’s Quest. Poi è arrivato Symphony of the Night, e Konami ha riscritto tutto, dando vita ai cosiddetti metroidvania e a numerosi altri titoli della serie ispirati dall’avventura di Alucard. In seguito il successo sulle console portatili, e da lì il silenzio, fino a Lords of Shadow, che come ritorno della serie non era neanche male. Lords sembrava avere le carte in regola per riportare in auge la saga, grazie a un primo capitolo non privo di ottime qualità. Peccato che poi è arrivato il 2 e tutto è andato a quel paese uccidendo il marchio un’altra volta, così come quasi avevano fatto anche i non proprio bellissimi capitoli su N64. Rivedremo un Castlevania classico? Probabilmente no, ma Koji Igarashi (storico producer della serie e co-director di Simphony of the Night) ha recentemente ottenuto i finanziamenti per un successore spirituale della serie, oltre a un bel po’ di soldoni su Kickstarter alla faccia dei publisher. Chissà che non abbia ancora il tocco per regalarci un altro classico in 2D.
Suikoden
Amate i jrpg? Allora è il caso di giocare i Suikoden, anche se molti questa serie non la conoscono. Non scherzo, se non li avete giocati, ed è molto probabile visto che hanno una cult following di nicchia, vi siete persi alcuni dei migliori jrpg del pianeta. La sfortuna di Suikoden sta nell’esser spuntato dalle nostre parti nel periodo di Final Fantasy VII, che commercialmente lo uccise, sputò sul suo cadavere, e decise di passarci pure sopra in moto un paio di volte per stare sicuro dell’omicidio. Dopo però la gente iniziò a giocare alla serie anche fuori dal Giappone, e fu amore. Moltissimo amore. I primi due Suikoden sono titoli stratosferici, dove si possono reclutare un numero smodato di personaggi, gestibili poi in gruppi, e c’è pure una bella gestione del proprio quartier generale. Come dimenticare poi la forza di cattivi come Luca Blight, le epiche battaglie, o la finezza del sistema in toto? La serie ha avuto alti e bassi, certo, ma rimane una delle più amate tra gli appassionati del genere, e non va dimenticata. Anche se Konami pare averlo fatto.
Contra
Altra serie che ha cambiato per sempre gli shooter, Contra ha avuto un’influenza positiva sugli arcade per anni, e ispirato generazioni. È uno shooter duro e puro, invecchiato peraltro meglio di quanto ci si possa aspettare, e al cui lascito dobbiamo roba come Gunstar Heroes e Metal Slug. Ha pure influenzato giochi di Konami come Sunset Riders, altro coin op loro molto gettonato. 
Quasi ucciso dal passaggio alla Playstation, ora il nome Contra lo si pronuncia raramente e non più con riverenza. Chissà che non possa tornare in un futuro. Ah… già…
Metal Gear
La serie che fa ora più tristezza nominare, con il rumoreggiato scontro Kojima/Konami e la probabile scomparsa del nome di Hideo dal marchio. Stiamo aspettando tutti il quinto capitolo, ma la storia di Metal Gear è molto più antica, e comincia dal MSX, su cui Kojima, dopo Snatcher e Policenauts, si dedicò a un titolo diverso da tutto il resto. In America e dalle nostre parti arrivò principalmente con un port per NES indecente, cosa che lo fece dimenticare quasi subito, ma il titolo per MSX aveva dei punti forti molto evidenti, tra cui un’intricata storyline e un gameplay che ha posto le basi per gli stealth moderni. 
Il gioco che ha proiettato la serie nell’olimpo, tuttavia, sappiamo tutti che è Metal Gear Solid per Playstation, un action adventure magnifico, con un gameplay per quell’epoca piuttosto rivoluzionario. Tra sistema stealth semplice ma funzionale e azzeccato, boss fight folli, e kojimate indimenticabili (tra cui quella di Psycho Mantis che leggeva la memory card e costringeva al cambio di presa del pad), Snake è entrato nella storia. Il secondo capitolo fu una mezza delusione per via della storia confusa e del cambio di protagonista, ma il 3 ridette linfa vitale alla saga, e il 4 riuscì a concludere tutto in modo nettamente più sensato di quanto si potesse prevedere, pur con una marea di cutscene. Ora è il momento del 5, l’ultima opera di Kojima. Sarà all’altezza di ciò che l’ha preceduto? E quale sarà il futuro di Snake? Se appare su mobile, pistola in bocca come Old Snake.
Silent Hill
Altro nome che, visto lo status attuale dell’azienda nipponica, fa scendere una lacrimuccia. Silent Hill 1 e 2, tra i survival horror, sono considerati in generale capolavori senza tempo, il primo con la sua oscurità e il terrore ad ogni angolo, il secondo con una storia che triturava le budella e un’atmosfera inarrivabile. Dal terzo capitolo in poi il declino è stato costante, con la sparizione di Hiroyuki Owaku dai credits. Inoltre il progetto Silent Hills, in collaborazione con Reedus e Del Toro, sembrava poter ravvivare questo nome importantissimo, ma è stato anch’esso cancellato. È brutto da dire, ma se persino questa serie unica di horror psicologici si è ridotta all’osso, abbiamo la dimostrazione che Konami non riesce a tenere in vita i suoi marchi, anche quelli più significativi. L’impatto di questi giochi sulle menti degli amanti dell’horror al momento dell’uscita dei primi due capitoli fu impressionante, e l’idea di vedere la serie sparire non ci piace affatto. Si dice che Silent Hills si ripresenterà sotto altra forma, ma è difficile credere che sarà all’altezza del nome che porta.
Il resto
Konami si rese famosa nell’era degli Arcade anche per i giochi su licenza. Teenage Mutant Ninja Turtles è un cabinato che chiunque abbia bazzicato in una salagiochi negli anni 90 ricorda, e Turtles in Time su Super Nintendo fu un fulmine a ciel sereno. Persino The Goonies II fu un titolo eccezionale per l’anno di uscita, e come dimenticare il beat em up a scorrimento dedicato agli X-Men, o quello con i Simpsons.
I campioni senza serie al seguito però sono anche altri. Su Genesis, Rocket Knight Adventures è visto come un titolo di culto per un sacco di ottime ragioni. Era un gioco dalle qualità innegabili, con un gameplay frenetico e spettacolare, e persino un protagonista memorabile, contrariamente a molte mascotte dell’epoca. E Axelay? Ve lo siete scordato? Spettacolare su Super Nintendo.
Milioni di giocatori hanno inoltre mosso le chiappe sulle piattaforme di Dance Dance Revolution negli arcade, come scordare anche questo.
Ring of Red è un altro titolo Playstation 2 poco conosciuto. Aveva i suoi problemi ma anche molte qualità da tenere in considerazione, e poi i mech sono sempre una bella cosa.
Ah. A proposito di Mech:
Zone of the Enders
Oddio, il pianto a dirotto. Il primo Zone of the Enders non fu un titolo perfetto, tutt’altro. Era breve e ripetitivo, eppure funzionava, grazie alla velocità del combattimento e al mecha design eccezionale di Yoji Shinkawa. Poi arrivo il secondo capitolo e fu tutto ciò che il primo doveva essere, un action spettacolare, esaltante, velocissimo, e un orgasmo vero e proprio per gli amanti dei mech. Gioco apprezzato da moltissimi anche per le sue cutscene anime style e per il background ispirato (tanto da portare alla creazione di una serie anime e di svariata altra roba), il secondo Zone of the Enders ha stregato una generazione di fan dei robottoni. Quando annunciarono un seguito molti giocatori di vecchia data impazzirono. Ma poi il nulla e la cancellazione del progetto, che partiva dal Fox Engine e da interessanti artwork con mech semi organici. Probabilmente non vedremo mai più una continuazione.

Il futuro di Konami, ormai, è oscuro. Nulla di ufficiale è stato detto, ma la compagnia sembra sempre più disinteressata ai videogame, rumor preoccupanti si susseguono, e la partenza di Kojima è secondo molti il colpo di grazia per l’azienda in questo campo. Una tragedia, considerando i tanti capolavori che la casa ci ha regalato in passato, e il potenziale di alcuni dei suoi marchi. Abbiamo citato roba indimenticabile in questo speciale, eppure molto è stato tralasciato. Pensare che un azienda che ha dato tanto al media ora potrebbe abbandonarlo per sempre fa scendere più di una semplice lacrimuccia, ma ancor più terrorizza la possibilità che tutto il ben di dio sopra descritto si sposti su mobile. Non resta che attendere, e sperare.

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