In realtà, la notizia della chiusura di Paragon non è una cosa che ci coglie (purtroppo, o per fortuna che sia) di sorpresa. Ne parliamo spesso, qui sulle pagine di SpazioGames, di come il mercato delle esperienze multigiocatore online sia ormai saturo da anni, e di come nonostante tutto ogni anno escano nuovi prodotti forieri di grandi speranze che, chi prima o chi dopo, finiscono sempre nel dimenticatoio. È successo a Lawbreakers, il progetto con cui Cliff “Gears of War” Blezsinski sperava di tornare in pompa magna nel mondo degli shooter, che nei suoi momenti peggiori ha contato meno di venti persone collegate contemporaneamente, ed è successo con Paragon di Epic Games. Con una nota del 25 gennaio scorso dal suo blog, la casa di Tim Sweeney ha annunciato l’interruzione del supporto allo shooter, il quale vedrà la definitiva chiusura dei battenti il 26 aprile 2018.“Non esiste una strada sicura che porti Paragon a essere un MOBA con una quantità di giocatori sostenibile. Non siamo stati capaci di mantenere la promessa di Paragon. Vi abbiamo delusi, nonostante l’incredibile lavoro svolto dal team, e ce ne dispiace”, questo uno stralcio della pubblicazione. Come detto poc’anzi, un discorso già sentito molte volte, con sfumature diverse. Tra l’altro, se avete acquistato Paragon, Epic vi offrirà un rimborso completo seguendo le procedure comunicate nello stesso post. Ciò che rende ancora più grottesca la situazione, è che Paragon è stato un progetto che non è mai davvero partito. Fagocitato da tutto il resto del mondo, nato senza carisma né un reale studio alle spalle per diventare un progetto se non iconico, quantomeno riconoscibile. Un destino prevedibilissimo, che forse è arrivato fin troppo tardi. L’executive producer John Wasilczyk di Epic diede al team di sviluppo la possibilità di fare “qualsiasi cosa” con quello che poi sarebbe stato Paragon. Con questa libertà creativa, il team ha subito sperimentato la voglia di inserire nuovi elementi action nel genere degli shooter. Così i personaggi sono stati dotati di una maggiore mobilità, come doppi salti e scatti, che servono anche a facilitare l’assimilazione della maggiore verticalità delle mappe che si andavano via via sviluppando. Il direttore creativo, Steve Supervillle, paragonava la struttura delle mappe di Paragon ad una ciotola, perché i giocatori potevano dare uno sguardo a tutta la mappa per interno nel momento del respawn, così da pianificare l’azione di gioco e ritornare nella mischia con efficacia. Successivamente venne inserito il sistema delle carte, progettato per facilitare l’ingresso dei nuovi giocatori, che con un sistema così semplificato di oggetti si sarebbe trovato più a proprio agio.Epic ha creduto molto in Paragon, talmente tanto da spostare parte delle risorse destinate allo sviluppo di Fortnite sul progetto. Si arrivò anche a parlare di esports, un elemento che Wasilczyk teneva in considerazione, e che avrebbe sviluppato solo se la richiesta della community sarebbe stata sufficientemente accalorata. Riguardo Fornite, la politica di pubblicazione di Paragon fece da apripista in un certo senso. Paragon fu annunciato per la prima volta il 3 novembre 2015 durante la PlayStation Experience di quell’anno. Dopodiché, entro in early access il 18 marzo dell’anno successivo, per PlayStation 4 e PC. In quel momento, era possibile giocare a Paragon solamente acquistando una delle tre versioni del gioco: Founder’s Pack, Challenger Pack e Master Pack. Ognuno dei pacchetti offriva oggetti cosmetici, boost ed aggiornamenti vari alle armi ed ai personaggi, oltre all’accesso al gioco prima della fase di beta pubblica che sarebbe iniziata il 16 agosto, sempre del 2016, giorno in cui il gioco sarebbe diventato free to play a tutti gli effetti.In tutto il processo produttivo, Paragon non riuscì mai a distinguersi, così come altri suoi colleghi “shooter ibridi”, che in quel momento tentavano disperatamente di ricavarsi un loro spazio in quel preciso settore di mercato. Quello stesso settore che dal 24 maggio del 2016 sarebbe stato stravolto da Overwatch. Il problema di una tipologia di videogiochi sovraccarica di suoi esponenti è che nessuno ne esce vittorioso. Il mercato dei giochi multiplayer online è, attualmente, una guerra tra poveri combattuta tra titoli free to play che tentano in ogni modo di scucire soldi al giocatore. Chi vince, però, lo fa in modo eclatante, senza possibilità di rivalsa. L’arrivo di Overwatch, nel 2016, fece terra bruciata intorno a sé, decretando la fine (o il lento declino) di molti suoi concorrenti. Ne abbiamo parlato moltissimo negli ultimi anni, ma Blizzard ha lavorato perfettamente nel creare intorno al suo prodotto un’aura mistica di sacralità, quel carisma che Paragon ha cercato per tanto tempo senza mai trovarlo. Oltre a non averlo trovato, non ha fatto niente per togliersi di dosso quell’aria di copia carbone. Un esempio? Cercate qualche immagine dell’eroe TwinBlast. La prima promo art che troverete è una posa in cui esibisce le sue gigantesche pistole, con le braccia incrociate e lo sguardo rivolto verso il basso, proprio come Reaper dello shooter Blizzard. In generale, i personaggi di Paragon sono un misto di eroi dallo stile non ben definito: soldati in mezzo ad arcieri fantasy e riproposizioni di Sun Wukong varie. Aggiungiamoci anche che, volendo, Paragon non fosse tutto questo gran esempio di gameplay, ed ecco che l’epilogo del progetto è facilmente prevedibile.Parlando di cannibalizzazione, negli ultimi periodi Paragon ha visto calare drasticamente i suoi utenti con il lancio della modalità Battle Royale di Fortnite. Il che è paradossale, visto che stiamo parlando di due titoli dello stesso studio. Da un lato puramente manageriale è del tutto normale, perché ora chi lavorava a Paragon verrà trasferito sul supporto a Fornite ed è così che funziona un’azienda, deve gestire al meglio le sue risorse e mandare avanti i progetti. Però, ad un livello più basilare, l’idea di creare due prodotti potenzialmente adatti allo stesso tipo di pubblico rappresenta la volontà di assecondare la bulimia degli utenti a tutti i costi. Giochi come servizi dati in pasto in quantità generose ad un pubblico di giocatori che, un po’ per pigrizia un po’ per troppa offerta, finiranno per digerirli troppo in fretta.
Epic Games tira la serranda su Paragon, il suo progetto shooter con elementi MOBA. Nato con poco carisma e poche idee, senza una identità precisa e senza aver creato intorno a sé un’aura di interesse più o meno lecito. Di certo non ha aiutato la release di Overwatch a breve distanza, a Paragon ed a tanti altri titoli del genere, ma anche senza lo shooter di Blizzard il prodotto di Epic Games forse non sarebbe mai balzato agli onori della cronaca. Agli utenti che ci hanno creduto resta la possibilità di chiedere un rimborso, per tutti gli altri l’ennesima dimostrazione che l’industria deve tirare un freno su questo tipo di produzioni, perché è evidente che si sia raggiunta la massa critica.