Rage 2, le ragioni di un sequel

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a cura di Paolo Sirio

Se vi chiedessi, così su piedi, due aggettivi per descrivere Rage, quali useresti? Scavando nella memoria e tornando in quell’ormai lontano 2011, io userei “serio” e “scuro”: esattamente l’opposto della direzione assunta con il seguito formalizzato nelle scorse ore, al termine di una campagna marketing esaltante, iniziata con il commento dissacrante al leak di Walmart Canada. Rage è stato, ed è, un titolo realizzato in una maniera che più old school e vicina ai dettami dello sviluppo PC non si poteva. Badava molto al sodo, offrendo un’esperienza di puro gameplay solida per grandi parti della sua durata (ricordo ancora i dischi multipli per farlo girare su Xbox 360, anche in quel caso una trovata di ingegneria e pragmatismo unici) senza preoccuparsi troppo dello stile. Ed è così che una produzione premiata con un 81% nelle versioni console su Metacritic è finita per diventare, nell’immaginario collettivo e non solo – come vedremo tra poco -, un mezzo flop, un disastro su cui porre una pietra tombale e sparaflasharsi il raggio mnemonico di Men in Black per non pensarci neanche più. Non bastò neanche lo scambio di easter egg con quel fenomeno mediatico e culturale che è stato Breaking Bad, dove Jesse Pinkman giocava proprio il titolo della software house californiana in una puntata dello show e il gioco ricambiava introducendo una famosa dentiera in una delle sue location, pensate. 

Quello che abbiamo visto finora è il prodotto di uno studio tipicamente molto ragionato dei pregi e dei difetti del Rage originale, con gli uomini di id Software che si sono seduti probabilmente a tavolino e hanno provato ad individuare cosa funzionasse, e cosa no, nell’FPS del 2011. Tutt’altro che una pacchianata, insomma, come potrebbe sembrare dal trailer e dalle copertine trapelate finora. C’è uno stile sopra le righe volto ad aumentare il fattore memorabilità, un po’ com’è stato con il film Suicide Squad che, pensiatene quello che vi pare, è rimasto impresso nella mente di molti di quelli che l’hanno guardato al cinema. L’idea era realizzare, soprattutto in fase di promozione, qualcosa che fosse totalmente agli antipodi rispetto al capostipite; pensiamo un attimo in meno alla potenza di calcolo, alle trovate per ottimizzare e variegare le texture, togliamoci quell’aria da PC Master Race e focalizziamoci su quello che piace alla gente anche se la gente non lo sa. Il rischio, così facendo, è chiaramente entrare nella battle royale – si fa per dire, non spaventatevi – dei videogiochi che hanno fatto del sopra le righe un marchio di fabbrica, vedi Borderlands, con cui potrebbero esserci altri punti in comune come una cooperativa a quattro che francamente non gli auguro. 
A riprova della voglia di un cambio di direzione c’è il rifiuto, da parte di ZeniMax Media (quelli che aprono il libretto degli assegni per i nostri Skyrim e i nostri Quake), di un Rage 2 già nel lontano 2012. Al tempo, la compagnia desiderava fortemente un focus su quello che all’epoca si chiamava ancora DOOM 4 e l’idea di un sequel per un prodotto dalla discutibile ispirazione non ne esaltò i vertici. Così, ZeniMax chiese ai responsabili di id Software di interrompere lo sviluppo multi-progetto e concentrarsi esclusivamente sul reboot non soltanto del “nuovo” DOOM, ma anche della sua tecnologia e in sostanza di sé stessa. A vedere com’è andata a finire, bisogna essere abbastanza grati per quella scelta, che in un colpo solo ci consegnò il trionfale ritorno della serie sparatutto e sta dando oggi la possibilità a Rage di brillare di una luce diversa, e ipotizziamo di maggiore impatto. La buona notizia per i fan di DOOM è che Avalanche Studios sta partecipando alla realizzazione di Rage 2, e questo vuol dire che almeno una parte di id Software ha avuto il via libera per rimettere le mani in pasta sulla saga shooter infernale. 
Cosa significa la scelta di Avalanche Studios, però? Parliamo non soltanto dello studio di Mad Max, che può senza dubbio portare in dote il proprio know how postapocalittico (e che palesemente vive in alcuni spezzoni del teaser), ma anche e soprattutto di quello di Just Cause. Tirarlo in ballo significa investire sulla potenzialità open world della serie e decuplicarla, se possibile, con un’attenzione particolare all’utilizzo dei veicoli e all’alleggerimento di un tono che era parso fin troppo serio, come detto, nella precedente iterazione. E che adesso sarà molto coerente con il teaser di cui abbiamo appena goduto. Avalanche è sinonimo di single-player e questo dovrebbe “scongiurare” la pista co-op ma, vista la recente ondata di assunzioni in chiave multigiocatore e l’esperienza di id nel settore, non è il caso di sbilanciarsi troppo su questo tema.  

Il teaser e le aspettative

Guardando al teaser vero e proprio, alcune cose emergono più chiare di altre, come ad esempio il dual wielding che consentirà di impugnare più armi (alcune di esse elettrificate, sembrerebbe) alla volta in stile Wolfenstein. Non mancheranno quelle da lancio, a giudicare da quelle lame anche ben affilate e complici di un elemento splatter, e neppure i combattimenti all’arma bianca, che dovrebbero tornare particolarmente utili in presenza di una massiccia dose di munizioni. L’inclusione di diversi personaggi dalla cura e dallo stile più rimarcati suggerisce una forte componente di personalizzazione non più limitata alle armi e all’equipaggiamento ma anche all’estetica del protagonista, qualcosa che mancava nel primo Rage ed è ormai entrato nel paradigma delle produzioni non lineari. 

Apparentemente, potremo sceglierne il sesso e disporre di alcune opzioni alquanto over the top, come ad esempio la colorazione accesa dei capelli oppure il tipo di corporatura. Un editor così avanzato lascia in effetti la porta aperta al multiplayer o perlomeno ad una meccanica di categorie tra cui discernere. In termini di ambientazioni, parrebbe garantita una certa varietà, visto che sullo sfondo compaiono deserti, foreste e scenari rocciosi, con diverse tonalità e condizioni atmosferiche che pure ci aspettiamo mutevoli in uno spettro estremamente ampio. Il Mad Max di Avalanche era monotono, ma per quanto riguarda l’aspetto visivo parliamo di un prodotto all’altezza dei primi della classe e per certi versi persino superiore (penso all’illuminazione e agli effetti particellari, per menzionarne due). 
Dal trailer di oggi pomeriggio mi aspetto almeno un paio di cosucce. In primis, una spiegazione della storia, perché sarà impresa non da poco riprendere il discutibile finale dell’originale e soprattutto legarlo con questo stile totalmente differente. C’è aria di reboot ma, com’è diventato tradizione del mezzo videoludico, questo potrebbe essere semplicemente “soft”, ovvero riprendere la mitologia della serie, e scriverci su qualcosa di lontano nel tempo e nello spazio senza la pretesa di fare troppi collegamenti. Il coinvolgimento di un nuovo sviluppatore sembrerebbe puntare in questa direzione e lo suggerirebbe anche il fatto che le vendite del predecessore non sono state spropositate: perché “imporre” il recupero di un titolo della passata generazione ai tanti che si affacciano al gaming soltanto su Xbox One e PS4? Ed ecco la previsione spavalda per chiudere col botto: Rage 2 uscirà nel 2018. Sia perché, dopo un paio di passi falsi, è il modus operandi di Bethesda a raccomandarlo; sia perché in caso contrario un reveal pre-E3 così deciso avrebbe poco senso.

In questa fase precedente alla presentazione e alla campagna di pre-order, Rage 2 è riuscito nell’intento di far parlare di sé, puntando su uno stile totalmente diverso e su alcuni perfezionamenti dettati dall’esperienza con il primo capitolo. Nel giro di poche ore scopriremo tutto quello che ci sarà da scoprire per poterci sbilanciare un po’ di più, con diversi snodi – vedi il multiplayer – attraverso i quali passeranno le probabilità di avere successo sul mercato e pad alla mano.

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