Eccoci qui, a un anno di distanza dall’annuncio di Project Morpheus, con in testa il nuovo prototipo. In questi ultimi dodici mesi le cose sono cambiate: la realtà virtuale è sempre più vicina e sempre più al centro dell’agenda di sviluppatori e produttori di hardware. Basta farsi un giro per gli stand della GDC 2015 per scoprire che quest’anno la realtà virtuale è entrata nei programmi di molti sviluppatori piccoli e medi, e che nel 2016 molti di questi progetti prenderanno effettivamente vita.
Sony, nell’ultimo anno, ha lavorato duramente al proprio progetto migliorandolo quel tanto che basta da eclissare la performance dello scorso anno. Dopo una demo di circa mezz’ora con tutti i titoli disponibili qui a San Francisco, ecco le nostre impressioni a caldo sul nuovo Project Morpheus.
Tecnologia definitiva
Project Morpheus giunge qui alla GDC in una versione sostanzialmente definitiva da un punto di vista hardware. Abbiamo a che fare con un dispositivo che nei prossimi mesi verrà leggermente modificato, ma che manterrà sostanzialmente inalterate le caratteristiche hardware presentate. Parliamo di uno schermo OLED 1080p (pari a 960×1080 pixel per occhio) con una velocità di refresh di 120 Hz e un angolo di visione di 100 gradi.
Rispetto alla prova dell’anno scorso, come detto, il cambiamento è radicale: non si ha più l’effetto “casco da palombaro” dovuto al limitato angolo di visione, e la finestra circolare presente nel primo prototipo è stata sostituita da una visione a ovale molto più naturale e ampia, che – pur consentendo di vedere i confini del nostro campo visivo – permette un’immersività di ottimo livello. La velocità di refresh accoppiata alla presenza di uno schermo OLED ha annullato la scia presente nel primo prototipo quando si muoveva la testa: l’effetto-fantasma che si osservava dopo un movimento rapido se n’è andato, e la risposta dell’hardware è istantanea, senza una latenza percepibile (ma presente nell’ordine di 1-2 centesimi di secondo).
Per quanto riguarda la risoluzione, il passaggio a 1080p ha indubbiamente portato dei benefici all’immagine, che al momento riesce ad offrire un’esperienza migliore rispetto a quella offerta dal SDK 2 di Oculus Rift. Al contempo, però, la risoluzione è ancora troppo bassa per offrire un’esperienza visiva che impedisca di notare il reticolo dei pixel. Poiché si tratta di un hardware pressoché definitivo, ci sembra cosa certa che questo aspetto non verrà migliorato nella versione definitiva del prodotto, e che pertanto dovremo convivere con una risoluzione probabilmente non ottimale per la realtà virtuale.
Le demo della GDC
Come lo scorso anno, anche alla GDC 2015 abbiamo potuto assistere ad alcune demo volte a dimostrare le potenzialità di Project Morpheus. Le prime due demo a cui abbiamo avuto l’opportunità di giocare erano basate sui personaggi visti in PS4 Playroom. I simpatici robottini che escono dal controller si sono piazzati su di un tavolo di fronte a noi e, grazie alla luce collocata sul Dualshock 4 abbiamo potuto illuminarli e ordinare loro di riprodurre un po’ di musica. Abbiamo potuto subito apprezzare come il controller venisse riconosciuto nello spazio tridimensionale di fronte a noi: una versione virtuale del pad si è materializzata di fronte a noi, e ha iniziato a seguire i movimenti delle nostre mani in maniera molto naturale. La tecnologia messa in campo da Sony per tracciare il posizionamento nello spazio virtuale dei controller reali (PS Move o Dualshock 4) è davvero ben realizzata, e siamo convinti che verrà utilizzata in maniera intensiva dai primi progetti per Project Morpheus. In un altra demo, invece, abbiamo apprezzato il modo in cui Project Morpheus tiene traccia dei movimenti nello spazio della nostra testa: in una sorta di casa delle bambole piena di robottini abbiamo potuto osservare i simpatici esserini compiere ogni genere di attività, e cimentarsi in delle buffe gag se osservati a lungo. Avvicinarsi ai robottini per osservarne i dettagli è stato davvero divertente, e il movimento nello spazio tridimensionale è apparso naturale e senza ritardi percepibili. Anche in questo caso, siamo rimasti sorpresi dall’ottimo lavoro compiuto da Sony.
Siamo dunque passati a una seconda postazione, dove abbiamo provato l’unica demo che – con i dovuti limiti – si avvicinava a un videogioco effettivamente giocabile. La demo è The Heist, sviluppata dai London Studios, una breve esperienza in cui ci si trova coinvolti in uno scontro a fuoco nascosti sotto una scrivania. La sequenza, però, si apre con un flash forward nel quale siamo in procinto di essere torturati con una fiamma ossidrica da un brutto ceffo, e confessiamo che – nonostante il gioco non abbia avuto che pochi istanti per immergerci nell’atmosfera – la sensazione era davvero molto intensa e ci siamo sentiti davvero in pericolo. L’immersività della realtà virtuale è davvero incredibile, ed è capace di amplificare alcune emozioni che – a causa della sovraesposizione alla violenza nei videogiochi – ormai non teniamo più in considerazione. Nello scontro a fuoco, invece, ci siamo ritrovati ad aprire un cassetto per cercare una pistola e un caricatore: le nostre mani impugnavano i controller PS Move, anch’essi perfettamente tracciati da Project Morpheus, e l’azione di inserire un caricatore nella pistola automatica è apparso così naturale che d’istinto abbiamo cercato di fare scorrere il carrello per caricare l’arma (un’azione non necessaria, visto che la pistola era pronta per sparare dopo l’inserimento del caricatore). Abbiamo preso la mira istintivamente chiudendo un’occhio e guardando attraverso la tacca sulla canna della pistola, e solo in quel momento ci siamo resi conto di essere stati totalmente catturati dal gioco. Mentre i poliziotti sparavano al nostro nascondiglio precario, abbiamo atteso con timore il momento giusto per uscire allo scoperto, e un po’ di panico ha preso il sopravvento quando abbiamo cercato di comprendere dove si fossero nascosti gli sbirri. Nonostante la demo sia durata appena 7 minuti, il coinvolgimento è stato davvero intenso dimostrandoci ancora una volta la potenza della realtà virtuale.
L’ultima demo, infine, è stata a riproposizione di The Deep, demo vista lo scorso anno. Questa volta la demo era più lunga e migliorata dal punto di vista tecnico, con una migliore illuminazione e la rimozione dei piedi, vista la possibilità di muoversi nello spazio tridimensionale con più libertà. Purtroppo questa era l’unica demo a non girare a 120 FPS, e abbiamo provato dopo pochi minuti la tipica sensazione di nausea che si prova in alcune sessioni con un visore della realtà virtuale adagiato sulla nostra testa. Non sappiamo se ciò sia interamente dovuto alla minore frequenza dei fotogrammi, ma in generale possiamo affermare che l’esperienza di Project Morpheus non sia totalmente priva del motion sickness, e che una certa percentuale di giocatori avrà probabilmente qualche problema a utilizzare questa tecnologia.
Un compromesso grafico
Uno dei problemi dell’attuale generazione è che, allo stato attuale, i titoli faticano a raggiungere i 60 fps a 1080p. Come è possibile, dunque, creare prodotti all’impressionante frequenza di 120 fps mantenendo la risoluzione di 1080p? La risposta risiede nei compromessi grafici a cui dovremo scendere per ottenere un’esperienza di gioco fluida nella realtà virtuale. I prodotti fin’ora presentati non emulano neanche lontanamente la qualità grafica dei titoli tripla A presenti su next gen, e relativa semplicità grafica è resa ulteriormente più visibile dall’assenza di filtri complessi, con un conseguente aliasing marcato. La definizione non altissima del visore contiene i danni, mantenendo l’esperienza visiva gradevole, ma siamo molto lontani dal poter affermare che i giochi per Project Morpheus saranno graficamente uguali ai giochi per PS4. Come affermato a più riprese da Sony, la realtà virtuale è su di un altro piano rispetto al videogioco, e questo genere di compromessi grafici ne sono solo l’ennesima dimostrazione.
Con ogni probabilità, quello provato oggi alla GDC 2015 sarà il Project Morpheus che vedremo nei negozi nella prima metà del 2016. Il mondo della realtà virtuale è ormai dietro l’angolo, ma da un punto di vista grafico siamo ben lontani dalla qualità vista nell’attuale generazione di console. Come detto, la realtà virtuale non è necessariamente una nuova incarnazione del videogioco, bensì qualcosa di diverso. Di conseguenza, è assai probabile che riusciremo a compiere qualche sacrificio in cambio dell’enorme immersività che questa esperienza sa offrire. Ci siamo sinceramente emozionati durante il test, e non vediamo l’ora di scoprire cosa il futuro avrà da offrirci quando questa tecnologia arriverà nei negozi, e in particolare ci auguriamo che arrivi con il giusto prezzo, diventando accessibile al grande pubblico. Ma, questa volta, ci sentiamo di affermare che la realtà virtuale è ormai una delle certezze del mondo dei videogiochi. Il futuro è bellissimo.