Pokemon Go

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Di fronte a un successo così clamoroso, a un fenomeno di massa capace di raggiungere un traffico e un’utenza maggiori rispetto a quello di alcuni noti social network, a un’app che sta letteralmente mobilitando una quantità impressionante di persone che ormai sono completamente rapite dal fascino dei Pokémon su smartphone, un po’ mi duole dover ammettere di essere rimasto sostanzialmente immune alla malia di Pokémon Go
Ci ho provato, davvero, ma non sono rimasto affatto convinto da un prodotto che al momento è ancora molto acerbo, poco rifinito e con delle meccaniche sin troppo semplicistiche. Non mi sento pronto a dedicare altre giornate a Pokèmon Go, mi sono tirato indietro, mi sono arreso e ho deciso che questa corrente, almeno al momento, non riuscirà a trascinarmi. 
Ho dato all’app di Niantic diverse possibilità, sono andato oltre ogni forma di pregiudizio e sono sceso in strada, tra la gente, cercando di capire i motivi dietro a un entusiasmo che fino a oggi non sono riuscito a condividere. Il futuro promette grandi novità, migliorie, nuovi metodi d’interazione, il disvelamento di segreti ancora ben nascosti e delle iniziative che, alla luce dei ricavi che superano i 14 milioni di dollari, di certo non mancheranno. È sicuro che quando arriverà quel momento ci riproverò, ma nel frattempo ho affidato alla voce del popolo il compito di spiegarmi i motivi del successo di Pokèmon Go
Una storia tra tante
Il mio primo Pokèmon si trovava sullo stendino. Dopo averlo scoperto, l’app si è bloccata, non sono riuscito a rientrare perché c’erano dei problemi ai server e mi sono dovuto riconnettere qualche tempo dopo. Quando l’ho fatto, Squirtle stava sul forno al microonde; l’ho acchiappato, sono uscito in terrazzo e mi sono reso conto che quello successivo stava un po’ troppo lontano per essere raggiunto dal quarto piano di casa mia. Sono sceso, l’ho acchiappato e mi sono perso nel silenzio della notte per almeno un paio d’ore. I giorni successivi ho intensificato le mie ricerche; alcune sono state fruttuose, altre si sono rivelate solo una gran perdita di tempo. Dopo aver preso la giusta confidenza con le meccaniche e aver capito l’antifona, mi sono reso conto che la spinta iniziale stava pian piano perdendo la sua efficacia, le motivazioni venivano meno e il coinvolgimento era minore dell’effettivo interesse che sentivo di avere. Alle tre del mattino, accaldato e in cerca di refrigerio, mi affaccio e penso tra me e me se mi stavo facendo in qualche modo condizionare dal mio senso critico, se il calo d’interesse era giustificato da ciò che effettivamente è in grado di offrire Pokèmon Go allo stato attuale, o se c’erano altri fattori che sfuggivano alla mia comprensione. Il giorno successivo, la dimensione del successo mi è apparsa ancora più chiara, ma ho anche capito che tutti quelli che come me hanno desistito, non hanno motivo di sentirsi in difetto se non amano questa app, perché le motivazioni che ho avuto da chi ci gioca non mi sono sembrate poi così convincenti. O più probabilmente, non lo erano per me.
Roma è una città immensa, ma il “contagio” si è già esteso a macchia d’olio e non ho avuto alcuna difficoltà a trovare persone ormai perse nella loro instancabile ricerca. Davanti casa mia si trova un enorme parco verde che si estende a perdita d’occhio; sulla destra, ci sono diversi negozi e una piazza sempre in gran fermento. Ho deciso allora di approfittare della situazione e di raccogliere le idee per scrivere un articolo su Pokèmon Go che fosse il più personale possibile, che raccontasse anche le sensazioni di chi, a differenza mia, è rimasto rapito da questa app.
Lo scorso sabato mattina sono stato tra la gente e mi sono aperto a loro sperando di ascoltare motivazioni forti e credibili, ma ho trovato solo tanto entusiasmo sostenuto da quella che mi è sembrata essere in realtà la spinta propulsiva tipica di una moda (per alcuni) o di un’inguaribile nostalgia (per molti), le quali – per loro stessa natura – potrebbero scemare in poco tempo. Dipende tutto da Niantic, è chiaro: Pokèmon Go è un progetto tutto in divenire, le cui mancanze sono sin troppo evidenti.
I motivi del successo
Le domande che ho posto alle persone che ho incontrato durante il mio insistito peregrinare sono state più o meno le stesse per tutti: perché ti piace così tanto Pokémon Go? Cosa ha di speciale? Cosa ti spinge a continuare a giocare? 
Emma, 24 anni, mi spiega che per lei giocare a Pokémon Go è un po’ il sogno da bambina che diventa finalmente realtà. Da piccola guardava i cartoni animati e voleva acchiappare i Pokèmon come faceva Ash, voleva entrare in quel mondo fittizio e imitare la sue gesta. Adesso, con una semplicità disarmante, può farlo. Quando cerco di dirle che non è esattamente la stessa cosa e che ci sono ancora sin troppe limitazioni, lei mi anticipa e mi sorride: lo sa, lo sa, ma al momento sembra davvero molto presa per badarci, e in fondo non si aspettava niente di troppo elaborato. Vuole acchiapparne il più possibile e approfitta della pausa universitaria per prendere un gelato, fare lunghe passeggiate e giocare. Mi dice che durante il pomeriggio va al mare e che anche lì, ovviamente, non ha intenzione di perdere l’occasione per fare incetta di Pokémon e scoprire quali palestre si trovano nelle vicinanze. Sente di aver sviluppato una sorta di dipendenza e non crede di voler smettere fin quando non li avrà acchiappati tutti.
Davide, 34 anni, lo incontro al parco mentre cammina cautamente e gioca. Mi avvicino subito e capisco che anche lui è uno dei tanti che si è lasciato coinvolgere da questa mania e approfitta del sabato mattina per rilassarsi un po’. Mi dice di avere poco tempo a disposizione per via del lavoro e che non è uno di quei tipi “che si attaccano ai videogiochi”, anche se gli piacciono molto. Sta facendo conoscere i Pokèmon anche a suo figlio, svezzandolo coi giochi usciti su DS, e mi spiega che ha l’intenzione di tramandare la tradizione portandosi a casa anche Sole/Luna. Con Davide faccio una lunga chiacchierata e dopo un po’ di reticenza iniziale mi confessa che la comodità del telefonino è impagabile e che durante la pausa pranzo Pokémon Go lo usa eccome. Anche la sera, in realtà. E anche la mattina quando prende i mezzi pubblici per spostarsi.
Gianluca, 15 anni, risponde alle mie domande con altre domande. Vuole sapere perché secondo me non si può combattere come si deve e perché hanno fatto uscire il gioco così com’è. Gli spiego tutto quello che so, facciamo una chiacchierata molto rapida e in fin dei conti dice di essere d’accordo col mio punto di vista e capisce bene perché non riesco a farmi coinvolgere, però lui sta tutto il giorno fuori, “si becca” con gli altri suoi amici anche la sera e va in giro con la bici. Quando lo incontro non ha appresso il suo cane, ma mi dice che rispetto a prima lo fa uscire anche sei volte al giorno. Crede che il successo del gioco dipenda solo dal fatto che dentro ci siano i Pokèmon, altrimenti “da mo che lasciavo perde”. A Gianluca non piacciono i combattimenti; li vuole a turni come quelli per console. Eppure anche così, alla fine, gli sta bene, perché “magari lo sistemano. Nel frattempo mi porto avanti”.
Go and Grow
Ho incontrato gruppi di adolescenti, molte ragazze e anche persone che avevano chiaramente superato i 35 anni; ho parlato con loro, ho cercato di farmi spiegare il perché di questo successo e alla fine della giornata ho capito che i fattori trainanti sono fondamentalmente due: c’è un gioco sui Pokèmon gratis su smartphone che ti permette con estrema semplicità di approcciarti all’idea di acchiapparli tutti “dal vivo”; hai una scusa per uscire di casa molto più spesso, sentirti parte di una comunità che al momento non può interagire come vorrebbe ma esiste, è pulsante ed è incredibilmente nutrita. E poi ci sono altri fattori contingenti, taluni che sono molto più personali e altri ancora che sono legati alla speranza di vedere questo progetto evolversi in qualcosa di davvero enorme.
Ecco: la speranza di tutti questi giocatori è l’unico tipo di sentimento che riesco a condividere e capire, se devo analizzare con freddezza Pokèmon Go senza farmi coinvolgere dall’emotività. Non voglio che un’opportunità così grande venga sprecata o portata avanti con sufficienza; non voglio che la più grande possibilità di avere un mondo permanente e un’utenza enorme con cui interagire venga vanificata. Un intero popolo di giocatori attende di poter rivaleggiare con gli altri, di poter far combattere i propri Pokémon in modo più complesso e non nella maniera semplificata “che più si addice” ai prodotti mobile. L’utenza vuole misurarsi decentemente con gli altri allenatori, desidera una maggiore corrispondenza tra i tipi di Pokèmon, il posto e gli orari in cui si possono effettivamente trovare e tante, troppe altre caratteristiche che devono arrivare al più presto su Pokèmon Go. Perché l’errore più grande che si possa fare, in definitiva, è lasciare che diventi solo un fuoco di paglia.

Il mio amore con Pokémon Go non è ancora riuscito a sbocciare. Mi mancano gli stimoli, le motivazioni, gli elementi di gioco e le meccaniche che possano in qualche modo spingermi a farmi sopportare tutti i grandi limiti che al momento ha. Gli sviluppatori hanno in mano un’autentica miniera d’oro e lo sanno benissimo; adesso, è giunto il momento di fare sul serio e trasformare un’ottima intuizione in qualcosa di davvero epocale.

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