Overwatch

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a cura di Matteo Bussani

Abbiamo avuto il piacere, durante la Gamescom, di fermarci un attimo a parlare con Aaron Keller, assistant game director di Overwatch. Dopo un successo come quello ottenuto dall’FPS Blizzard è stato davvero interessante cercare di capire di più su quali sono gli ingredienti per raggiungere il successo, e di come, già a partire dai personaggi, il gioco sia riuscito a conquistare letteralmente milioni di utenti. 
SpazioGames: In un nostro precedente articolo abbiamo affermato che i personaggi di Overwatch possono già essere definiti Instant Classics, era qualcosa che programmavate?
Aaron Keller: Si, nel senso, adoro la maniera con cui li avete definiti: Instant Classics. Overwatch è un gioco basato sui propri eroi, che non solo caratterizzano gran parte del gioco, ma sono proprio il fulcro del gameplay. E’ davvero un complimento sentire questa definizione per i nostri personaggi. Abbiamo impiegato davvero tanto tempo e dedizione nella creazione di questi eroi, per dargli quel look particolare, che potesse colpire il giocatore e al contempo stuzzicargli la fantasia; renderlo curioso di scoprire la natura dei personaggi e che cosa sono in grado di fare. Blizzard durante la sua storia ha sempre fatto un lavoro eccellente nel creare eroi. Tra Warcraft, Starcraft con Raynor, Diablo con Deckard Cain, credo che siamo sempre riusciti a fare personaggi che la gente è arrivata ad apprezzare: questo è ciò che vogliamo fare anche con Overwatch.
SG: Forse anche il merito di tutto questo è aver deciso di raccontare le storie dei personaggi tramite strumenti esterni al gioco, come fumetti, corti cinematografici e artworks. E’ stato difficile passare dalla classica campagna a questa nuova forma di racconti?
AK: Non so…  nel senso, un po’ è venuta naturale, ma in larga parte è una cosa che è stata proprio voluta. All’inizio dello sviluppo del gioco, che doveva essere un FPS molto veloce e adrenalinico, non c’erano tante opzioni per raccontare una storia all’interno di esso, se non snaturandolo. Penso dunque che abbiamo fatto un ottimo lavoro a raccontare qualcosa dei personaggi in-game, attraverso animazioni e frasi iconiche per ciascuno di essi così che ognuno fosse riconoscibile fin da questi aspetti, ma  non è abbastanza per raccontare le varie storie nella loro interezza. Sapevamo di dover fare un ottimo lavoro, anche perché questo è il primo nuovo universo narrativo in quasi vent’anni di storia Blizzard: avevamo l’obbligo di renderlo ricco e profondo quanto i precedenti. Così ci siamo rifatti a fonti esterne come graphic novels, video, alcuni in arrivo a breve. È dunque un piacere vedere come i giocatori si appassionino contemporaneamente a gioco e storia, e sono sempre ansiosi di scoprire qualcosa di più relativo al mondo di Overwatch.
SG: Non c’è dubbio che Overwatch sia l’fps del momento, quali sono gli obiettivi che vi siete posti per il prossimo futuro?
AK: E’ stata un’esperienza molto eccitante affrontare il lancio di un gioco come Overwatch. Da lì in poi abbiamo continuato ad aggiornare il titolo con nuove feature e contenuti, a partire proprio da quella grande patch che ha inserito i match competitivi. Siamo passati poi all’inserimento del nuovo eroe Ana, per arrivare il mese scorso al lancio dei giochi estivi, il nostro primo evento stagionale, che è tuttora giocabile. Ora tra l’altro abbiamo appena annunciato una nuova mappa, la prima in assoluto per Overwatch. Questi sono i contenuti su cui stiamo lavorando internamente, e quelli che vogliamo portare nel breve periodo.
SG: Ci sono stati dei cambiamenti al metagame importanti, ma tanti giocatori come me si sono affezionati al personaggio in sé e non tanto all’importanza nel bilanciamento del gioco. Era una cosa che vi aspettavate durante la creazione del gioco?
AK: All’inizio della creazione, una delle mete che volevamo raggiungere, in termini di diversità dei personaggi è stato Street Fighter. Quel momento in cui apri la schermata di selezione del personaggio e ti rendi conto che ci sono così tanti combattenti tutti estremamente differenti fra loro, e provenienti da un sacco di paesi diversi. Inevitabilmente alcuni hanno il potere di catturarti più di altri in maniera diversa a seconda del tipo di giocatore che sei. Abbiamo sempre voluto che questa diversità ci fosse sia nella personalità, ma anche nella nazionalità, nel genere e poi infine nel gameplay. Giocare con McCree o Widowmaker vuol dire avere particolari skill di mira, mentre altri personaggi si basano su posizionamento e strategia, dove conoscere bene l’assetto nemico, può davvero creare un vantaggio sul campo. Si ha così una caratterizzazione per singolo personaggio davvero capillare, in ogni singolo aspetto.
SG: Si parla tanto di caratterizzazione di personaggi su molteplici fronti, ma da dove le prendete tutte queste informazioni?
AK: Alcune volte siamo partiti dalle caratteristiche che avrebbe dovuto avere un personaggio che mancava al roster. Ana, per esempio, è l’incarnazione di un cecchino di supporto che mancava tra i personaggi disponibili; attorno a lei è stata anche affidata una delle storie più belle dell’universo Overwatch. A volte invece siamo partiti dalla narrativa, per esempio con il soldato 76. Il nostro creative director aveva in mano quel personaggio da una decina d’anni e solo ora ci ha lavorato su. Poi abbiamo preso da tante di quelle fonti come possono essere i film, i fumetti e tanto altro appartenente alla cultura geek. 
SG: I giochi estivi, sono stati il primo di una serie di eventi stagionali, si può dire qualcosa sul futuro di questa modalità?
AK: Sì, sono stati il nostro primo evento, sono stati annunciati di recente e sono stati apprezzatissimi: davvero un’idea divertente. Ho passato un sacco di tempo a giocare al Lucioball, funziona come un antistress; ogni tanto il gioco diventa così competitivo che è necessario prendere una pausa con questa modalità alternativa. Abbiamo visto che è un sistema che funziona e vogliamo riproporlo anche in futuro, con sempre più novità.
SG: Dopo la modalità competitiva, quali sono gli elementi che i fan chiedono a gran voce che vengano inseriti in Overwatch?
AK: La fan base di Overwatch è davvero variegata, ci sono giocatori alle prime armi, ci sono invece altri giocatori che arrivano direttamente dalla scena competitiva di Counter-Strike. Bisogna poi considerare che sta andando a formarsi una nutrita schiera di giocatori competitivi che in fin dei conti sono anche i più esigenti. La richiesta più importante per il momento è quella che aggiunge un numero maggiore di spettatori alla partita, ovviamente questa arriva proprio dalla scena competitiva, che sta crescendo al punto da averci fatto allestire dei tornei di rilievo anche qua alla gamescom. Direi dunque che il potenziamento di questa modalità ha ora la priorità.
SG: Tramite le demo e le beta i giocatori sono arrivati a conoscere il gioco e i personaggi ancora prima che si arrivasse ad una release pubblica, ovviamente questo non può che aver aiutato il titolo. Pensate che senza questo supporto pre-lancio Overwatch avrebbe potuto essere lo stesso?
AK: Ovviamente non sarebbe stato lo stesso. Lanciando un gioco, con questo tipo di portata, soprattutto multiplayer con tutte le diverse situazioni da gestire, tra performance tecniche e latenza, c’è la necessità di testare tutto a più riprese con livelli di stress differenti: ed è quello che abbiamo fatto con i nostri server. Abbiamo dunque lavorato su più fronti per creare la miglior infrastruttura per questo gioco. Qui in Blizzard ci siamo dedicati a titoli multiplayer per più di vent’anni e siamo molto orgogliosi del sistema che siamo riusciti a creare. Anche dal punto di vista del gameplay, abbiamo imparato tantissimo dalle beta fatte. Ti dicevo prima come stia crescendo la scena competitiva del titolo, ma già da quando abbiamo iniziato a rilasciare beta abbiamo visto che venivano a crearsi tornei di importanza sempre maggiore, e nonostante l’ottimo lavoro del team di design, abbiamo imparato davvero tanto da quei giocatori di alto livello. Per cui sì le beta sono state davvero fondamentali per riuscire a rendere Overwatch ciò che è ora.
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