Nel primo episodio di questa mini rubrica, forse anche con toni un po’ nostalgici, si raccontava di un mondo dei videogiochi estremamente cambiato con l’avvento di internet. Un passaggio fin troppo comodo che ha generato numerosi casi di pigrizia compulsiva. Oggi, invece, com’è la situazione? Lo scenario, mutato ulteriormente, è arrivato al punto tale che è diventato possibile “fruire” un gioco per interposta persona, grazie a YouTube e Twitch. Vediamo un po’ insieme di cosa si tratta.
Non solo tutorial e videorecensioniCome dicevamo precedentemente, già internet di per sé ha ampliato enormemente le possibilità di informarsi su qualsiasi aspetto del gioco, anche qualora non fosse nostro interesse saperlo (gli spoiler tanto odiati da tutti, ndr). Piuttosto che arrabattarsi per procurarsi la guida completa cartacea di questo o quel titolo in edicola, bastano 40 secondi su YouTube per trovare esattamente ciò che vi serve, come ad esempio superare un punto specifico o un puzzle particolarmente difficile. È come se aveste qualcuno accanto pronto a correre in vostro soccorso con aiuti continui, con l’unico limite che non può effettivamente giocare al posto vostro ma può farvi vedere esattamente come si fa. Ma cosa succede quando il videogiocatore smette di avere una interazione attiva verso un videogioco e inizia a subirlo passivamente?Non è una provocazione esagerata ma uno scenario per alcuni versi già attuale. Non si parla più di video della durata di pochi minuti per risolvere un puzzle piuttosto ostico ma intere serie, per lo più commentate, che spolpano un gioco in tutto e per tutto, dall’inizio alla fine. I cosiddetti walkthrough, che è sia possibile guardare sulla piattaforma video di Google ma anche in presa diretta, che sia sempre lì o su Twitch. Per quanto riguarda quest’ultimo, ormai di proprietà di un’altra realtà enorme come Amazon, troviamo la quintessenza di ciò che stiamo provando a spiegare. Tanti videogiocatori riuniti davanti a uno schermo, di cui però soltanto uno ha il pieno controllo di ciò che sta succedendo, mentre tutti gli altri sono semplici spettatori. La differenza grossa tra serie pre-registrate e dirette è semplice e intuitiva: uno è un prodotto preconfezionato, mentre l’altro è in tempo reale. Un aspetto molto sottovalutato che merita, però, un leggero approfondimento. Se in entrambi i casi si può comunque commentare (salvo restrizioni a chat e commenti, in verità piuttosto rare), è il timing a fare la reale differenza. A prescindere da quali e quanti siano i commenti su un video caricato, non cambia nulla in quel momento. Al più potrebbe, forse, influenzare le prossime pubblicazioni. In una live stream, d’altro canto, il feedback è più veloce come se tutti fossero in un unico salotto virtuale. Lo streamer può leggere in tempo reale la chat e spiegare, sia a voce che con azioni a schermo, qualsiasi aspetto che la chat richieda.Il concetto di live stream, a onor di cronaca, raramente rappresenta soltanto un mezzo per il conduttore di far vedere un videogame come se fosse una serie tv. Spesso, come nel caso di una redazione come la nostra, l’intento di una stream è fare una integrazione alla recensione, in cui è possibile interagire con gli utenti più direttamente, sciogliendo loro dubbi e perplessità. Qui si cerca di fare solo informazione e critica, il più possibile spoiler-free: vengono infatti giocate in presa diretta solitamente le fasi iniziali di una campagna, evitando magari di far vedere cutscenes o documenti particolarmente interessanti, o semplicemente ci si dedica al multiplayer per analizzarne le meccaniche. Esistono poi tantissimi casi di streamer che cercano di fare intrattenimento, come in uno show televisivo, dove il videogioco passa in secondo piano rispetto al suddetto conduttore. Il terzo caso, forse quello più interessante, è quello dei cosiddetti pro player, che offrono trasmissioni di giochi online multiplayer fortemente incentrati sul competitivo. Questa è la tipologia potenzialmente più varia, che può racchiudere al suo interno le due precedenti e non solo. Lo streamer può concentrarsi soltanto sulla sua partita per evitare distrazioni, rendendolo molto simile a un contenuto preconfezionato o addirittura televisivo, oppure può intrattenere il proprio pubblico sia con le proprie capacità oratorie che influenzando alcune strategie in gioco. In gergo: for the lulz. Un’altra possibilità, molto apprezzata dal pubblico, è l’analisi tecnica di ciò che sta avvenendo, come una finestra aperta nella testa di un giocatore competitivo, magari professionista, che faccia capire a tutti quelli che lo stanno seguendo perché fa una cosa anziché un’altra, quando ha giocato bene e cosa ha invece sbagliato clamorosamente, riuscendo a fare anche un’onesta autocritica nei momenti immediatamente successivi.Da qui arriviamo ai live commentary, una formula spesso adottata durante i tornei. Consiste in pratica in conduttori che non giocano ma che commentano partite di altri giocatori. È pressocché ciò che accade con il commentatore di una partita di calcio. Non c’è bisogno che il commentatore sia stato un asso del pallone, né che i telespettatori lo siano o siano stati, eppure i primi sono in grado di commentare tecnicamente e tatticamente una partita con professionalità, mentre il pubblico segue attentamente loro e la partita in corso.
Tutto bello, ma l’utenza?Abbiamo fino ad ora trattato l’argomento, anche se un po’ didascalicamente, dal lato dei content creator, tralasciando appositamente tutto il grande lavoro che c’è dietro ogni buon video caricato e ogni diretta di qualità. Lo abbiamo fatto non per sminuire il lavoro, enorme e duro in molti casi, che c’è dietro ma perché questa rubrica si vuole focalizzare su un altro punto fondamentale: il videogiocatore che poi è diventato spettatore. Cosa cambia quindi per costoro? Cambia molto, cambia forse tutto.Per farci prendere ancora un’ultima volta dalla nostalgia, ai tempi della scuola tra gli anni ’90 e i primi 2000, in cui ci si riuniva a casa di qualche amichetto per giocare, magari perché lui aveva già l’ultima console uscita sul mercato e si litigava per chi dovesse impugnare l’unico controller a disposizione. Come siamo finiti da questo a migliaia, in certi casi addirittura milioni, di persone che spontaneamente si limitano ad essere semplici spettatori? Si parlava di pigrizia nello scorso articolo e su questo concetto vogliamo insistere anche in questa sede. Non tutti hanno appeso il joystick al chiodo per guardare passivamente altri giocare, eppure in tantissimi casi questo ha danneggiato molto la percezione che gli stessi videogiocatori hanno dei prodotti.Oltre i vari esempi già menzionati in questi due articoli, troviamo anche persone che magari giocano e finiscono un gioco tutto da soli, fino ai titoli di coda, salvo poi servirsi dei canali online per scoprire i segreti che non sono state capaci di scorprire da sé. Finali alternativi, come trovare gli ultimi collezionabili o come sbloccare questo o quel trofeo per completare tutto ciò che c’è da fare o da scoprire. Ma questo nuoce enormemente alla longevità di un titolo, così come nuoce alla difficoltà media. Servirsi di walkthrough e guide svilisce il lavoro dei game designer. Tutti i giochi risultano facili e brevi (o comunque sensibilmente più facili e più brevi di quanto non si intendesse) se vengono fornite delle scorciatoie, aiuti, consigli e facilitazioni di ogni tipo. Poi, però, ci troviamo di fronte a tantissime critiche verso i videogiochi. Questo è troppo breve, quello è troppo facile, quell’altro ha troppi filmati e non è abbastanza interattivo o non è coinvolgente. Esatto, siamo tornati allo stesso punto iniziale del primo episodio e, adesso, tutto assume un altro significato alla luce di quanto sta avvenendo su Twitch e YouTube. Questo processo rischia di essere pericoloso perché, se tutto viene criticato e con troppa superficialità, risulta poi difficile capire quali siano i reali difetti di un prodotto e come porvi rimedio. Si finisce per avere una percezione distorta del gaming nella sua totalità, perché manca un vero feedback diretto e completo, sostituito con troppa facilità – o forse dovremmo ribadire il concetto di pigrizia di nuovo – con delle prove parziali o addirittura indirette, che rendono molto difficile – per non dire impossibile – valutare correttamente un videogioco, che si basa molto sulle sensazioni percepite e trasmesse.
Abbiamo ormai superato la metà della nostra “storia”, dove abbiamo già visto come si giocava ieri e come si gioca oggi grazie a tutto ciò che la tecnologia, e in particolare internet, ci mette a disposizione. Manca ancora una puntata per completare il nostro breve – e magari interessante – percorso. Anche stavolta non anticipiamo nulla ma, forse, potrete già capire di cosa andremo a trattare. Intanto fateci sapere qual è il vostro rapporto con le varie piattaforme di intrattenimento e informazione online, o magari se queste righe vi hanno dato modo di riflettere su qualche punto in particolare. La conclusione, invece, arriverà molto presto qui su SpazioGames.