La Toscana è stata patria dei più grandi letterati ed artisti della storia italiana. Il motivo è molto semplice: in questa regione la cultura non si studia soltanto, ma si respira, si assapora, si vive, si difende con le unghie e con i denti. Ed è quindi logico che proprio in questa terra, precisamente all’interno delle antiche mura Lucchesi, abbia luogo la maggiore manifestazione italiana dedicata alle opere creative che rispondono al nome di fumetto, animazione, gioco e videogioco; declinazioni artistiche che stanno ridefinendo il termine arte, troppo spesso ancorato ad ataviche convenzioni e definizioni arginanti. Con questa ennesima edizione, Lucca Comics and Games spegne la sua 44esima candelina, e lo fa nel migliore dei modi.
A Lucca per difendere il videogiocoAll’interno di Lucca Games, la parte di fiera dedicata esclusivamente al gioco e al videogioco, è stato possibile provare con mano tutte le ultime novità che offre il mercato videoludico e anche titoli non ancora giunti sugli scaffali dei negozi, come Call of Duty: Black Ops, Crysis 2 o Assassin’s Creed: Brotherhood. Tra gli stand presenti figuravano Ankama, Namco Bandai, Nintendo, Ubisoft, Blizzard, Electronic Arts, Kochmedia, Activision e tanti altri. Ma Lucca Games si distingue come evento internazionale non tanto per la sua parte meramente espositiva, vista anche la mancanza di nuovi annunci o anteprime esclusive, ma nel saper orchestrare con cura mostre, conferenze e serate di gala atte a valorizzare il medium videoludico, ancora poco considerato culturalmente nel nostro Paese. L’interesse con il quale è stato curato il videogioco è testimoniato anche dalla presenza di ospiti d’eccezione, come, ad esempio, il Presidente Irene Pivetti, che durante una conferenza ha mostrato il suo grande interesse per il medium, esponendo le sue potenzialità in ambito didattico e storico. Menzion d’onore va fatta anche per OMI AWARDS, il primo oscar italiano dedicato al videogioco, concorso nato dalla collaborazione fra Lucca Comics and Games e AIOMI (Associazione Italiana Opere Multimediali Interattive), che ha premiato le tre migliori Opere Multimediali Interattive (OMI), per le categorie console, PC e Opera italiana. I vincitori sono stati Red Dead Redemption per console, StarCraft II: Wings of Liberty per PC e WRC – FIA World Championship come opera italiana. Ma cosa si intende per OMI? Il presidente di
Videogiochi e arte sotto un’unica egidaA sottolineare fortemente la volontà degli organizzatori nello sdoganare la valenza artistica del videogioco, è anche la mostra Behind The Brohterhood – L’arte di Assassin’s Creed. Un percorso iconografico curato da Emanuele Vietina e Antonio Parpinelli ed esposto al museo di arte contemporanea, Lucca Center of Contemporary Art, che attraverso quaranta artworks disegnati dagli illustratori Ubisoft, trasporta il visitatore nelle atmosfere che hanno reso celebre la serie e svela in anteprima assoluta le nuove ambientazioni e i personaggi che incontreremo, pad alla mano, il 18 Novembre giocando ad Assassin’s Creed: Brotherhood. Di fronte a una tale, e meritata, deferenza nei confronti del videogioco, viene da pensare per quale motivo non si possa organizzare una fiera che sia esclusivamente dedicata a questo medium, senza essere necessariamente un evento “crossmediale”, ovvero legato anche ad altri media, come, in questo caso, al fumetto e all’animazione. A rispondere ai nostri microfoni è il responsabile esecutivo di Lucca Games, Emanuele Vietina, che ha dichiarato come al giorno d’oggi, almeno in Italia, non sia importante creare una fiera del videogioco, ma un festival che sottenda vari media in modo che questi possano mescolarsi fra di loro e scambiarsi le risorse culturali, attingendo nel contempo dallo stesso bacino di utenza, che Vietina chiama “giovani e meno giovani sognatori”. L’intento di Lucca Games, quindi, non è quello di trattare il medium videoludico come un semplice “prodotto da fiera”, ma come un’opera culturale a trecentosessanta gradi. La fusione di elementi fra videogioco ed altri media, non è un avvenimento raro al giorno d’oggi. E la presenza dell’artista Christopher Shy a Lucca Comics and Games 2010, rappresenta ottimamente questo fenomeno. Shy è l’illustratore della graphic novel Dead Space Salvage, un romanzo a fumetti ispirato al videogioco Dead Space, che racconta le vicende di alcuni minatori dispersi nella fatiscente USG Ishimura, la claustrofobica ambientazione del primo capitolo. Durante la conferenza, il fumettista ha dichiarato di essere un videogiocatore molto appassionato, non lesinando però anche commenti negativi su certi aspetti dei videogiochi. Secondo l’illustratore, infatti, i videogiochi per venire considerati opere al pari della letteratura e del cinema, necessitano di trame maggiormente profonde ed interessanti, come fortunatamente alcuni, ma ancora pochi, titoli hanno già dimostrato.
Non solo videogiocoLucca Comics and Games, ovviamente, non è solo videogioco, ma è anche fumetto, animazione, gioco e, non di meno, cosplay. All’interno delle mura lucchesi, è stata adibita un’area di ben circa 15.000 metri quadrati che conteneva stand di autori, disegnatori, negozi specializzati, tornei, associazioni ludo-culturali, incontri e tanto altro ancora riguardasse il mondo dei fumetti, dei cartoni animati e della fantasia. Camminando all’interno delle piccole viuzze medievali di Lucca, si è potuta respirare quell’atmosfera che profuma di sogni. Sogni che riempiono i cuori degli appassionati, che attraverso un fumetto, un anime, ma anche un videogioco, riescono a far loro un mondo non reale, certo, ma comunque carico di speranza e fantasia. Ingredienti che nella vita quotidiana mancano, ma, che grazie a questi eroi colorati, si possono ancora assaporare liberamente e senza compromessi. Vedendo i migliaia di cosplayer presenti durante la manifestazione, ci è risultato molto chiaro come le persone abbiano ancora tanta voglia di sognare e vivere liberamente. Lunga vita dunque ai fumetti, al gioco e al videogioco, per continuare a sognare, divertendosi.
Intervista a PerrinDurante Lucca Comics and Games 2010 abbiamo colto l’occasione per intervistare Steve Perrin, game designer conosciuto soprattutto per essere il padre di RuneQuest, ma che durante la sua lunga carriera ha anche collaborato con alcune software house di videogiochi come Maxis e Interplay Productions. C’è sembrato doveroso dare spazio ad un game designer del suo calibro, vista anche la natura professionale “ibrida” che lo contraddistingue.
SpazioGames: Quale benefici crede possano portare manifestazioni come Lucca Comics and Games al gioco di ruolo e al videogioco?
Steve Perrin: Penso che queste manifestazioni siano utili per il gioco di ruolo, in quanto le persone si possono ritrovare e giocare faccia a faccia. Mentre al videogioco non sono sicuro di quale vantaggi porti, a parte il fatto che i giocatori non si sentono soli, che è il motivo principale per cui vengono fatte questo genere di fiere.
SpazioGames: Qual è stata la scintilla che ha fatto nascere RuneQuest e gli altri giochi di ruolo?
Steve Perrin: La scintilla che ha fatto nascere RuneQuest è un signore di nome Greg Stafford, proprietario di Chaosium, che era, ed è tuttora, una piccola azienda di giochi di ruolo. Stafford aveva sviluppato un paio di GDR, che inizialmente avrebbero dovuto essere romanzi, ma non essendo riuscito a pubblicarli, decise di farli diventare Wargames: Il mondo di Glorantha. Cercava qualcuno che potesse sviluppare un gioco, ma tutte le proposte che gli facevano erano praticamente cloni di D&D e quindi non valeva la pena pubblicarle come titoli indipendenti. Io lo conoscevo, e mi chiese di dare un’occhiate al materiale. Le idee erano interessanti, ma erano ancora limitate dall’eredità di D&D: utilizzavano classi di personaggi e punti esperienza. C’era un concetto interessante, ovvero guadagnare soldi eliminando i mostri e convertirli in punti esperienza per aumentare le proprie skill. Allora io pensai che era più semplice prendere l’oro e pagare l’addestramento, eliminando del tutto il concetto di punti esperienza. Quindi prendemmo quella strada: eliminammo le classi dei personaggi ed i punti esperienza, con i mostri dei racconti di Glorantha. Il nome RuneQuest venne perché Greg aveva sviluppato una serie di rune nella prima edizione di White Bear e Red Moon. Era necessario conoscere cosa fossero le rune per sapere quanto fosse buona l’unità e di che unità si trattasse. Questo aspetto venne rimosso velocemente nella successiva edizione. Alla fine giungemmo all’idea che le rune fossero l’idealizzazione di un concetto che il personaggio cercava di raggiungere.
SpazioGames: Sappiamo che ha collaborato con software house molto importanti, come Maxis. Cosa ci può dire riguardo la sua esperienza?
Steve Perrin: Mi sono divertito molto a lavorare con i videogiochi, ma ho trovato molta difficoltà perché nel gioco di ruolo c’è più interazione fra gli utenti mentre nel videogioco si cerca troppo il “kill the monster”. Penso che esistano dei buoni MMORPG, ma non siano ancora paragonabili all’esperienza che si prova giocando su di un tavolo con i propri amici o nemici. Me ne sono andato da questa industria perché dovevo sempre lavorare per idee altrui, non erano mai miei prodotti.
SpazioGames: Pensa che un giorno RuneQuest possa prestare regole ed ambientazioni ad alcuni videogiochi, come è accaduto con Dungeon & Dragons per Baldur’s Gate, Planescape: Torment e Neverwinter Nights?
Steve Perrin: Veramente, in questo momento, Runequest è un “game System” e ci sono videogiochi che usano simili concetti di gioco, perché si tratta di qualcosa che è facile da implementare in un computer. Per certi versi Runequest è ancora legato a Glorantha, per via delle edizioni Mongoose di RuneQuest. Ma di fatto quello che volete sapere è se ci sarà mai un gioco su Glorantha e secondariamente se quel gioco userà le meccaniche di RuneQuest. Potrebbe benissimo esserci un gioco di RuneQuest che non abbia niente a che vedere con le sue meccaniche, ma che tratterebbe qualcosa che accade nel mondo di Glorantha. Perché è il mondo di Glorantha l’unico elemento che potrebbe ispirare qualcuno a creare un videogioco dedicato.
SpazioGames: Il gioco di ruolo è cambiato molto in questi anni. Quale pensa sia l’elemento che meglio rappresenta questo cambiamento? Dove si vuole arrivare in futuro?
Steve Perrin: Ho avuto interazioni abbastanza intense solo con alcuni dei giochi di ruolo di nuova generazione. Per quanto riguarda gli altri, non so bene che cosa stia accadendo. Il valore di produzione dei giochi di ruolo certamente è un po’ aumentato, in particolare come ha dimostrato Asterion. La loro versione italiana di RuneQuest II è veramente un bel titolo. Tuttavia ho l’impressione che i GDR stiano andando verso un controllo maggiore da parte del giocatore di ciò che accade, attraverso varie meccaniche che permettono di cambiare le situazioni iniziali, così che siano più consone alla narrativa. I giochi di White Wolf e Green Ronin fanno questo. Non ho visto l’ultima edizione di D&D, quindi non sono sicuro se anche loro stiano andando in quella direzione o meno, ma ci sono molti aspetti orientati ai personaggi che fanno sì che questi possano influenzare gli avvenimenti, piuttosto che vedere qualcuno tirare un dado e dire “ah, hai sbagliato” o “ce l’hai fatta”. Ci sono modi di manipolare il gioco che permettono agli utenti di sopravvivere ed eccellere e penso questa sia una delle direzioni principali in cui i GDR stanno andando, per quel che ho visto. E questo mi piace.