Da molto tempo ormai, il calcio videoludico è una questione per pochi. Ogni anno vediamo sfidarsi sugli scaffali dei negozi le nuove iterazioni sportive targate Electronic Arts e Konami, pronte a far felici milioni di giocatori in tutto il mondo che non sembrano aver bisogno di altro per soddisfare le loro ambizioni calcistiche. Ad arricchire il panorama si aggiungono i manageriali, con sua maestà Football Manager, in grado di soddisfare quella fetta di utenza che preferisce incarnare il ruolo di allenatore piuttosto che quello di giocatore. In un mercato che sembra più che mai saturo, una software house italiana ha deciso di scendere in campo con un titolo che ambisce a offrire una nuova prospettiva sul mondo del pallone. Stiamo parlando di Lords of Football, titolo sviluppato dalla italianissima Geniaware, nata nel 2008 a Reggio Emilia e successivamente trasferitasi a Savona. Come vi avevamo già illustrato in una precedente anteprima e in un intervista con il lead designer della software house, il titolo si propone di ampliare la sfera di azione dell’allenatore, permettendogli di influenzare la vita dei giocatori anche al di fuori del campo. Il gioco si svolge in un mondo a tre dimensioni riconducibile a quello della serie The Sims e attraverso un’interfaccia semplice e intuitiva è possibile intervenire sulle vite dei calciatori pianificandone gli allenamenti, i momenti di svago e le sedute dallo psicologo in caso ci siano problemi legati all’abuso di alcool, droga, sesso o gioco d’azzardo. Il modo in cui ci prenderemo cura dei nostri atleti influenzerà le loro statistiche, il loro rendimento in campo e l’attitudine a seguire le indicazioni che potremo impartirgli durante la partita. Sarà quindi fondamentale creare il giusto rapporto tra il mister e i suoi ragazzi, motivandoli al meglio per raggiungere l’ambizioso traguardo della finale di coppa europea. E possibilmente portarsela a casa.In attesa della nostra recensione, abbiamo assistito a Milano alla presentazione di Lords of Football, alla quale erano presenti Claudio Giacopazzi (general manager di Geniaware) e Marco Mantoan (Lead Designer), oltre all’ex calciatore Gianluca Vialli, entrato a far parte del team di sviluppo nel ruolo di consulente. Il titolo è disponibile a partire dal 5 aprile, in digital delivery presso la piattaforma Steam, il sito ufficiale del gioco e altri retailer online. Noi abbiamo approfittato di questa occasione per fare una bella chiacchierata con Gianluca Vialli, che ci ha spiegato il suo ruolo all’interno della software house soffermandosi sulle cose che lo hanno maggiormente colpito nel processo di sviluppo di un videogioco. Non sono mancate un paio di domande sul Vialli videogiocatore e sul mondo del pallone.
SpazioGames: Che rapporto c’era tra te e i videogiochi durante la tua carriera di calciatore?Gianluca Vialli: Per me videogiocare rappresentava e rappresenta tutt’ora un momento di svago. Non ne sono mai stato dipendente però l’ho sempre utilizzato per divertirmi. Ho iniziato con i classici, uno su tutti Arkanoid, ma apprezzavo moltissimo anche i giochi di guida. Successivamente mi sono avvicinato ai titoli della serie The Sims e ai manageriali calcistici come Football Manager. Ricordo che spesso ci trovavamo con i compagni di squadra e passavamo le serate davanti alla console. Per esempio, durante i ritiri c’erano Del Piero e Tacchinardi che, essendo entrambi appassionati di basket, si sfidavano frequentemente a titoli di quel genere e noi seguivamo la partita facendo il tifo per uno o per l’altro. Ho sempre giocato, ma non sono mai stato un hardcore gamer. Tra gli allenamenti, gli impegni lavorativi e la vita privata sono stato più un casual gamer. Essendo un grande appassionato e giocatore di golf, gli unici titoli di cui sono stato dipendente sono quelli della serie Tiger Woods di Electronic Arts. Lì ci passavo le ore, giocando veramente tanto, forse troppo. Con la scusa di fare ancora una partita, tiravo fino al mattino. Poi mi sono sposato, ho avuto dei figli e le abitudini sono cambiate. Detto questo da quattro anni sono coinvolto in questo progetto nella videogame industry e ho imparato tante cose, soprattutto sulla parte realizzativa, e ne sono rimasto affascinato. Per me è stata un’esperienza fantastica!
SG: A questo proposito, qual è stato l’aspetto che maggiormente ti ha colpito o incuriosito nella realizzazione di un videogioco? GV: Sicuramente l’intelligenza artificiale. Nel momento in cui mi sono seduto con Claudio (Giacopazzi ndr) per parlare del mio ruolo di consulente all’interno di Geniaware, ho subito chiarito che nel momento in cui davo indicazioni sulle cose che possono incidere sulla presentazione di un giocatore e sul modo in cui deve essere gestito, lui mi doveva assicurare che ogni azione avrebbe causato la giusta conseguenza. Ed è difficile capire che l’intelligenza artificiale riesce a gestire questa mole impressionante di dati e di scelte che possono fare gli utenti. Io faccio ancora fatica a capire che dentro il gioco ci sia una sorta di “cervello” che modifica l’esperienza a seconda di quelle che sono le strade che si decide di intraprendere. Ogni situazione ti mette davanti a più scelte: se ne prendi una ti si apre un mondo, ne prendi un’altra ti si apre un mondo completamente diverso. Poi mi sono divertito moltissimo a lavorare sul gameplay, perché lavorare a un videogioco è un po’ come lavorare al copione di un film: si inizia con certe idee, poi si va avanti e si capisce che certe cose vanno modificate e in questo senso mi hanno sempre lasciato libero di dire la mia. Anche tutto il discorso legato alla creatività, alle squadre, agli edifici che cambiano stile a seconda che ci si stia allenando in Inghilterra piuttosto che in Italia. Tutte cose veramente affascinanti che io non conoscevo e che mi hanno divertito moltissimo.
SG: Una cosa che si capisce dal modo in cui parli del progetto e dal tuo entusiasmo in merito è che non sei qui solamente in veste di testimonial, ma che hai svolto un ruolo attivo all’interno del processo di sviluppo di Lords of Football. Avevi già avuto altre esperienza simili in passato?GV: Avevo già fatto da testimonial in alcune occasioni, prestando la mia immagine, ma niente a che vedere con questa esperienza. Ci tengo a dire che in questo caso non sono un testimonial, ma sono qua a parlarne del ruolo che ho avuto all’interno della realizzazione del titolo, e a raccontare la mia esperienza. Poi se il gioco piace sarà il mercato a dirlo. Io mi sono divertito molto a lavorarci.
SG: Tu sei un ex-giocatore appartenente a una generazione ormai passata di campioni del pallone. Che differenze vedi tra le situazioni che hai vissuto in prima persona durante la tua carriera sportiva e quelle odierne che hai aiutato a ricreare nel titolo?GV: Le due situazioni sono molto più simili di quello che si creda dal punto di vista degli svaghi e delle tentazioni. Partiamo sempre dal presupposto che i giocatori sono dei giovani uomini e si trovano in situazioni che molto spesso sono difficili da gestire, anche per chi è ricco e famoso. Quando ero giovane io le situazioni erano le stesse, ma fortunatamente non esisteva il mondo dei social network, quindi eravamo meno esposti a livello mediatico. Al contrario, oggi ti accorgi che la vita privata non esiste più: appena ti muovi cominciano a twittare, a postare, i giornali ne parlano e quindi devi avere un comportamento assolutamente esemplare se non vuoi finire nei guai. La cosa che è cambiata notevolmente è la gestione delle dinamiche psicologiche all’interno di un gruppo. Una volta eravamo tutti per uno, uno per tutti. Non c’erano prime donne. Oggi il singolo giocatore è una piccola azienda che deve lavorare sul suo brand e deve promuoversi attraverso il nome sulla maglia e mettersi in risalto quando è sul campo da gioco. Anche il modo di festeggiare rientra in questo discorso: una volta ci si abbracciava tutti insieme, oggi il giocatore scappa dall’abbraccio dei compagni per poter andare sotto la curva e fare un’esultanza personale. Poi c’è il procuratore, l’amico, la fidanzata, i giornali e gestire tutto questo non è semplice. Una volta era diverso e oggi un allenatore deve avere delle qualità a livello di gestione della risorse umane spiccatissime, ed è quello su cui abbiamo lavorato maggiormente in Lords of Football. Scegli gli allenamenti, la tattica, gli schemi, il lavoro fisico, ma scegli e gestisci soprattutto la vita del calciatore. Abbiamo creato un sistema che porta ogni scelta ad avere un impatto su quella che poi è la prestazione e la performance dei giocatori, e di conseguenza sui risultati della squadra.
SG: Il più bel ricordo che ti rimane di questa esperienza?GV: La cosa più stressante te la posso dire subito. Si era partiti per far durare lo sviluppo due anni e poi è durato quattro, quindi il fatto che qualcuno potesse uscire in anticipo con un prodotto simile è stato molto stressante. Anche il momento del lancio è in qualche modo stressante: ci apprestiamo ad affrontare il mercato dopo quattro anni di lavoro intenso e siamo curiosi di sapere come risponderanno i giocatori. La cosa più divertente è stata quella di conoscere un mondo nuovo, un’industria che conoscevo poco e che è stata capace di affascinarmi fin dal primo istante. Poi i rapporti personali che si sono sviluppati con gli sviluppatori, tutti ragazzi eccezionali e molto svegli, mi hanno lasciato ricordi positivi di questa esperienza.
SG: Vista questa esperienza virtuale, la voglia di ritornare su una panchina nella realtà c’è?GV: Attualmente per niente! Premetto che molto probabilmente sono più bravo a farlo nella realtà piuttosto che in Lords of Football, ma per adesso non ci penso neanche a tornare in campo. Potrebbero arrivare delle chiamate che sarebbero difficili da rifiutare con certe offerte, però oggi mi vedo più come dirigente: un ruolo diverso in cui posso scegliere il prossimo Lord of Football e licenziarlo, e fare altrettanto con i giocatori. Sicuramente quella è una figura più adatta a me. Non mi piaccio molto quando faccio l’allenatore, divento molto nervoso e parecchio stressato.
SG: Da quando hai appeso le scarpette al chiodo, hai frequentato i salotti televisivi come opinionista e tutt’ora sei commentatore per Sky. A questo proposito, nonostante il settore videoludico stia crescendo, spesso questo medium viene denigrato dalla stampa generalista. Tu come vedi questa situazione, anche alla luce della tua esperienza all’interno del settore?GV: Hai sicuramente ragione. Da molti viene considerato un po’un modo di divertirsi e di intrattenersi di serie b. Quindi se giochi coi videogiochi non studi, non leggi o non esci. Invece secondo me ci sono alcuni videogiochi che sono in grado di darti qualcosa e oltre a divertirti e a distrarti dalle fatiche quotidiane, fanno lavorare il cervello. Io lo metto sullo stesso piano di ascoltare musica, leggere libri o andare al cinema. È un modo per divertirsi e intrattenersi che ti può lasciare qualcosa, ma come tutte le cose va fatto con giudizio.
SG: Visto che hai accennato ai tuoi figli, come vedono il mondo videoludico e come hanno vissuto il tuo impegno all’interno di Geniaware in questi quattro anni?GV: Ho due bambine che hanno 9 e 6 anni e anche loro giocano, soprattutto con l’iPad. Sono entrambe orgogliose di quello che faccio in Geniaware e ho cercato di coinvolgerle il più possibile nel mio lavoro. Non vedono l’ora di poter mettere le mani sulla versione finale del gioco e di mostrarlo alle loro amiche a scuola. Ogni volta che torno dagli incontri con gli sviluppatori mi tempestano di domande per sapere come prosegue il progetto. Quando abbiamo lavorato su alcuni aspetti grafici come i trailer, i loghi, l’artwork eccetera, ho sempre voluto il loro parere e anche quello di mia moglie. Ho coinvolto un po’ tutti! Come ti dicevo giocano prevalentemente su computer o su iPad, ma voglio che lo facciano con giudizio.
SG: Ultima domanda a tema calcistico. Come vedi la Juventus quest’anno? Imprendibile in campionato? E in Champions può risollevarsi dal tonfo con il Bayern Monaco?GV: In campionato ormai è imprendibile, anche perché la inseguitrici sono le prime a non crederci, quindi non credo che il vincitore del campionato sia in discussione. Per quanto riguarda la Champions League, con il Bayern Monaco sarà durissima perché loro sono fortissimi. Poi ho visto anche un po’ di pessimismo e rassegnazione al termine della partita di martedì. Comunque credo che se la giocheranno: se i tedeschi sono sottotono e la Juve ne approfitta giocando una partita straordinaria, due gol si possono fare. Il problema è che il Bayern merita di essere dov’è, perché sono anni che gioca ad alti livelli ed è riuscita a costruire un’ottima squadra. La Juve deve prendere qualche facciata prima di poter ambire alla vetta dell’Europa, però merita grande rispetto e si è meritata di arrivare dov’è arrivata in questi due anni, sia in Italia che in Europa.
Lords of Football si conferma un titolo interessante e in grado di differenziarsi dai colossi che da anni si spartiscono l’utenza amante del mondo del pallone. La possibilità di controllare la vita dei giocatori anche al di fuori del campo e degli allenamenti aggiunge una nuova prospettiva ai titoli gestionali calcistici e l’interfaccia pratica e intuitiva rende il titolo molto immediato da giocare. Un progetto sicuramente originale che siamo curiosi di provare nelle sua versione finale. Inoltre, grazie al tempo concessoci da Gianluca Vialli abbiamo avuto la possibilità di fare due chiacchiere sullo sviluppo del titolo, sul suo ruolo di consulente per Geniaware e sul suo rapporto con l’universo videoludico.