Lo sciopero dei doppiatori videoludici

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Nei giorni scorsi, vi abbiamo aggiornato  sulla questione dello sciopero dei doppiatori videoludici, che appoggiandosi al sindacato SAG-AFTRA hanno deciso di incrociare le braccia, per così dire, contro alcuni dei maggiori publisher e sviluppatori mondiali, chiedendo condizioni lavorative migliori, salari adeguati al successo del titolo e maggior trasparenza sui ruoli che si ritroverebbero ad accettare. Lo sciopero procede ormai dallo scorso 21 ottobre e la situazione, seppur con qualche tentativo di venirsi incontro, per il momento non sembra pronta ad arrivare ad una svolta. Cosa chiedono i doppiatori e cosa i publisher? Quale potrebbe essere il punto d’incontro e quali i videogiochi penalizzati? Vediamo tutti i punti chiave della questione in questo speciale dedicato.
Il punto di scontro
Ci sono diversi artisti che, grazie alle loro interpretazioni di iconici personaggi dei videogiochi, sono diventati molto noti tra i fan del nostro medium preferito. Tre di quelli coinvolti, solo per fare alcuni nomi, sono ad esempio Jennifer Hale, voce di Shepard in Mass Effect, David Hayter, storica voce di Solid Snake e Big Boss in Metal Gear, ed Elias Toufexis, voce di Adam Jensen in Deus Ex. Sebbene non si possa dire che le loro performance siano state di fondamentale importanza per il successo dei titoli a cui hanno partecipato, riconosciamo indubbiamente che la loro voce abbia conferito una marcia in più ai rispettivi personaggi, più credibili, riconoscibili—semplicemente, più vivi. Forti della loro importanza nel mondo videoludico, quindi, i doppiatori hanno deciso di arrivare allo sciopero, aiutati dal SAG-AFTRA che difende i loro diritti. Il sindacato in questione conta circa 116.000 iscritti attivi, anche se c’è da sottolineare che rappresenta anche conduttori radiofonici, doppiatori televisivi e diverse altre tipologie di personalità artistiche della televisione e dei nuovi media. 
Come funziona, quindi, l’assunzione dei doppiatori da parte del publisher e come si è arrivati allo sciopero? Una volta superato il casting di fronte al direttore del doppiaggio, l’artista viene posto sotto contratto (firmando, ovviamente, un NDA in merito ai contenuti sui quali lavorerà). Attualmente, la normativa applicata è quella che è però scaduta a fine 2014. A partire da quel termine, si è dato il via alle trattative per il rinnovo dell’Interactive Media Agreement, ma la mancanza di un punto di incontro tra le due parti ha portato a continui rinvii, al punto da arrivare al 21 ottobre scorso e allo sciopero degli artisti.
Da allora, il SAG-AFTRA (appoggiato anche dall’Actor’s Equity) ha indetto delle vere e proprie manifestazioni per i suoi rappresentati, che si sono ritrovati a protestare sotto le sedi di alcuni dei publisher o delle software house con le quali si rifiutano di lavorare. I nomi sono diversi e tutti parecchio importanti: si va da Activision (Call of Duty, Destiny) e Electronic Arts (Star Wars, Mass Effect, Dragon Age, Battlefield), passando per Take-Two Interactive (Red Dead Redemption, GTA, Mafia), Warner Bros. (Il Signore degli Anelli, Batman Arkham) e Disney—ma anche lo studio Insomniac (Spyro, Ratchet & Clank, Sunset Overdrive, il prossimo Spider-Man), sede della più recente manifestazione di protesta. Fino a quando non si arriverà ad un nuovo accordo, quindi, i doppiatori scioperanti si rifiutano di collaborare con le suddette compagnie, con anche SAG-AFTRA e Actor’s Equity che hanno invitato i loro rappresentati a non accettare proposte di lavoro da queste aziende, ma ad informare prima il rispettivo sindacato. Ad affiancare la protesta sotto le sedi c’è anche quella sui social, lanciata con l’hashtag ufficiale #performancematters, condividendo il quale sono davvero tanti gli artisti che hanno dato il loro appoggio alla protesta: oltre ai nomi già fatti, si possono citare anche Tasia Valenza (che ha partecipato anche alla manifestazione, voce di Sniper Wolf in Metal Gear Solid), Lori Alan (The Boss nella serie Metal Gear), Phil LaMarr (anche attore, ad esempio in Pulp Fiction, oltre che doppiatore) e Ashly Burch, pluripremiata voce di Chloe in Life is Strange. I talenti che chiedono condizioni lavorative migliori, insomma, sono diversi, e i publisher dovranno decidere se trovare un punto d’incontro con le loro richieste o se, semplicemente, rivolgersi ad artisti estranei ai sindacati coinvolti nello sciopero per aggirarlo.
Proposte e controproposte
Le pretese degli artisti sono molto chiare e le passiamo in rassegna una ad una: prima di tutto, viene richiesta maggior trasparenza—un elemento che, in effetti, potrebbe far felici anche i giocatori, che potrebbero trovarsi di fronte a performance migliori. I doppiatori riferiscono infatti che, nonostante la firma dell’NDA, generalmente vengono tenuti all’oscuro sia del nome del gioco, sia delle fattezze del proprio personaggio, sia delle vicende. Il risultato è trovarsi di fronte ad un copione mai visto prima, senza conoscere bene atmosfere e motivazioni, con il rischio di sessioni non al massimo delle proprie capacità e di sequenze in cui si accettano ruoli imbarazzanti, per contenuti sessuali o violenti, di cui non si era a conoscenza. I doppiatori chiedono quindi di conoscere prima, vista la firma dell’accordo di non diffusione dei dettagli, queste informazioni, che consentirebbero loro anche di prepararsi al meglio per il ruolo.
La seconda richiesta è relativa alla durata delle sessioni di doppiaggio: generalmente, gli artisti affrontano sessioni da quattro ore che, tuttavia, risultano essere spesso dannose per la loro stessa voce. Il risultato, insomma, è quello di rischiare di rovinare lo strumento di lavoro di un doppiatore, le corde vocali. La richiesta è quindi quella di dividere le sessioni di doppiaggio in due blocchi da due ore, consentendo una pausa per riposare la voce ed evitare quindi danni permanenti o che richiederebbero comunque assistenza medica e sospensione dell’attività lavorativa.
La terza richiesta è legata ai doppiatori che si occupano anche di motion capture, che vorrebbero la presenza di un addetto agli stunt per garantire la sicurezza lavorativa nel corso di queste sessioni. In caso di infortunio, sia nel corso degli stunt che nel corso del doppiaggio, si chiede poi la certezza delle ferie retribuite. Infine, altro argomento spinoso è quello relativo ai compensi: i doppiatori chiedono infatti che, in caso di grande successo commerciale del gioco (oltre due milioni di copie vendute), si possa accedere ad un compenso extra, che consentirebbe loro di incassare qualche dollaro aggiuntivo rispetto al compenso precedentemente pattuito. Vedremo i numeri di questa richiesta, nel dettaglio, nel prossimo paragrafo.
Per rappresentare le loro intenzioni, i publisher e le software house coinvolti hanno ingaggiato l’avvocato Scott Witlin, che parlando con la stampa statunitense ha reso nota la controproposta della parte colpita dallo sciopero: le aziende hanno offerto ai doppiatori un aumento del 9% dei compensi nel breve termine (che, con vari bonus, potrebbe arrivare al 23%). Secondo l’avvocato, attualmente un artista del SAG-AFTRA porterebbe a casa $900 per giornata di lavoro, ma le aziende sarebbero disposte a sommare a questo compenso un bonus da $950, oltre alla paga totale, nei casi in cui l’artista sia impegnato per otto sessioni o più—ciascuna da quattro ore. Secondo l’avvocato, tuttavia, il sindacato avrebbe automaticamente rigettato questa offerta, senza interpellare gli artisti che rappresenta, chiedendo di rispettare le richieste fatte dai doppiatori. Una cosa che effettivamente SAG-AFTRA può fare lecitamente, ma che rischia di far perdere ai doppiatori anche questi possibili benefici, dal momento che l’offerta dei publisher è valida solo in caso venga accettata prima dell’1 dicembre. Dal canto suo, il sindacato ha fatto sapere che la controproposta dei publisher è ancorata a contratti e modi di vedere questo lavoro ormai vecchi e superati, mentre l’avvocato Witlin sostiene che i più recenti aggiornamenti all’Interactive Media Agreement siano datati 2011, e quindi non così vetusti. Le parti, insomma, sono ancora decisamente lontane.
Voce ai doppiatori
In mezzo a tutti questi colpi e contraccolpi sindacali, la parte più interessante della questione è probabilmente rappresentata dalle dichiarazioni dei doppiatori, che hanno parlato a cuore aperto del loro lavoro e del modo in cui, quindi, i nostri personaggi preferiti prendono voce. Oltre ad Hayter che ha dichiarato di aver vomitato sul microfono a causa di una sessione in cui doveva eseguire dei conati a ripetizione, ci sono infatti tante parole interessanti raccolte dal programmatore Rami Ismael e proposte sul suo blog ufficiale. Trovate il post completo in lingua originale cliccando qui, ma provvediamo a tradurvi noi stessi alcuni dei passaggi più interessanti messi in luce dagli artisti con cui ha avuto modo di parlare.
“Doppiare è una delle cose più difficili che io conosca” ha dichiarato Crispin Freeman, doppiatore che ha lavorato su tantissimi videogiochi, come Overwatch, Batman: Arkham Origins, God of War III, Diablo III e Bayonetta 2. “Come doppiatore, ti viene costantemente richiesto di entrare in una stanzetta isolata, dove ti viene dato un copione che non hai mai visto prima, ti viene fornita una descrizione completamente rudimentale del tuo personaggio e della storia su cui lavori, e poi si aspettano che tu offra performance ricche di sfumature, credibili, sebbene tu non abbia praticamente nessun contesto né riferimenti fisici, come ad esempio magari un set di costumi che possa darti l’idea della natura del progetto.”
È dello stesso avviso anche Sarah Elmaleh, nota per il suo lavoro in Gone Home, che conferma che il copione raramente viene fornito in anticipo: “raramente ti danno il copione in anticipo, oltretutto molte informazioni sui progetti possono essere oscurate, quindi praticamente vieni ingaggiato per leggere a freddo. Mi sono presentata senza nessuna idea di chi o cosa stessi leggendo, poi è venuto fuori che dovevo doppiare alcuni personaggi dalla voce completamente diversa e dagli accenti diversi, così, su due piedi. Ed è una cosa con cui devi vedertela al 100% tu, riuscendo a dare risultati entro poche ore, perché le scalette sono serrate e per via dei costi, quindi ci vogliono tanta concentrazione e tanta resistenza.”
Intervenuta in merito, la già citata Jennifer Hale, ha dichiarato a nome del SAG-AFTRA che la trasparenza è una delle richieste a cui gli artisti tengono di più. A darle manforte, nella chiacchierata con Ismael, è stato nuovamente Freeman: “spesso ci viene chiesto di lavorare a progetti di cui non abbiamo idea, di cui non sappiamo nemmeno il nome. I producer dicono che per loro non è possibile farci sapere il nome del progetto su cui lavoriamo, anche se firmiamo gli NDA prima di accettarlo. Non conosco nessuno che si sentirebbe a suo agio a lavorare su qualcosa di cui non sa proprio niente.”
La Hale ha quindi sottolineato che il secondo punto molto importante sono le sessioni spezzate per la salute della voce dei doppiatori, con Freeman che ha raccontato la sua esperienza: “il doppiaggio di videogiochi è indubbiamente il tipo di performance più dannoso che ci viene richiesto. La lunghezza standard di una sessione per i giochi è di quattro ore. Dopo aver urlato ‘granata!’ con tutti i tuoi polmoni per quattro ore, alcuni hanno sputato sangue dalla gola. Altri hanno vomitato (vedasi il caso di Hayter, ndr), altri sono svenuti. Non tutti i doppiaggi di videogiochi richiedono queste vocalizzazioni estreme, ma abbiamo richiesto che, quando in un gioco sono necessarie queste sessioni particolarmente pesanti, siano al massimo di due ore. Loro ci hanno risposto che era una richiesta inaccettabile.
In merito ai compensi extra di cui abbiamo fatto cenno in precedenza, la Hale ha spiegato che non si tratta di veri e propri “residual payment”, che funzionano in modo diverso: in quel caso, infatti, l’artista viene pagato ad ogni utilizzo della sua performance. Se, ad esempio, compongo un brano, dovrò essere pagata ogni volta che qualcuno lo utilizza per un suo prodotto. Nel caso dei doppiatori, invece, la richiesta avanzata ai publisher è stata differente, “diventa attiva solo se quel gioco sarà un blockbuster”, spiega la Hale.
“Se un videogioco supera i due milioni di copie, allora i doppiatori otterranno un piccolo pagamento extra. Lo scorso anno, si sarebbe applicato solo per tre giochi: Grand Theft Auto, Star Wars: Battlefront e Call of Duty. Questi sono i blockbuster dell’industria che incassano centinaia di milioni di dollari” ha aggiunto Freeman. Facciamo notare che i giochi citati sono rispettivamente di Take-Two, EA e Activision, tutte e tre oggetto dello sciopero. La Hale, comunque, ha aggiunto ulteriori dettagli: “si applica solo alla prima sessione a cui i doppiatori lavorano” ha spiegato. “Si attiva se un gioco supera i 2 milioni, poi di nuovo per i 4, i 6 e gli 8 milioni, poi basta.”
Visto che si è cominciato a parlare di numeri, Freeman ha voluto diffonderli nel dettaglio: “la maggior parte degli attori, quindi, avrebbe un compenso extra dopo vendite superiori ai 2 milioni, a prescindere dal numero di sessioni per cui ha lavorato. Un attore che ha lavorato per solo una sessione otterrebbe un pagamento extra di soltanto $206 se il gioco superasse i due milioni di copie. Se anche avesse lavorato a quattro o più sessioni per quello stesso gioco, il bonus massimo a cui potrebbe arrivare sono $3.330 dopo otto milioni di copie vendute.” La Hale ha confermato, aggiungendo che attualmente un doppiatore guadagna $825,50 per quattro ore di lavoro, oppure la stessa cifra per otto ore di motion capture (da notare la lieve differenza con i numeri diffusi da Witlin, ndr).
La proposta dei doppiatori, nonostante le cifre, è stata però respinta dai publisher, che l’hanno definita troppo complicata. Piuttosto, le compagnie hanno controproposto un bonus da $50 o $100 per le sessioni di lavoro. “Il che mi ha fatto strano” aggiunge Freeman, “visto che in questo modo finiranno con il dover pagare di più che non con il sistema legato al successo del gioco.”
Gli artisti hanno quindi chiesto di integrare nell’Agreement la possibilità, per le compagnie, di poter scegliere tra questa opzione e tra quella proposta dai doppiatori, ma la cosa è stata respinta. “La loro indisponibilità a scendere a compromessi con noi su questo problema è il motivo principale del nostro sciopero” ha dichiarato la Hale. “Gli abbiamo offerto una possibilità di win-win, ma loro volevano solo il loro win. Quando ci hanno tolto la possibilità di dare ai produttori la chance di scegliere come pagare gli attori, ci hanno reso impossibile arrivare ad un accordo con loro.”
E gli sviluppatori?
Tra le interessanti testimonianze raccolte da Ismaill, si parla anche degli sviluppatori, i dipendenti più importanti per la nascita di un videogioco: “questa non è una guerra tra attori e sviluppatori” ha precisato subito la Hale, “la verità è dobbiamo lavorare insieme e non solo per creare condizioni di lavoro oneste, ma anche, ed è ancora più importante, per dar vita ai giochi migliori del pianeta.”
Dello stesso avviso anche Freeman: “gli sviluppatori si meritano un trattamento ben migliore di quello che hanno nell’attuale mondo dell’industria. So che sono in crunch perpetuo e che lavorano con limiti di tempo restrittivi, senza compensi extra per gli straordinari. Siamo tutti collaboratori, in questo medium fantastico. Ci meritiamo tutti condizioni di lavoro sicure, più rispetto per il nostro contributo e la possibilità di condividere la prosperità di questi giochi. Amiamo lavorare con i nostri colleghi sviluppatori e riteniamo che debbano condividere la ricchezza ottenuta dai loro giochi. È una pratica comune, per persone che lavorano nelle compagnie, ottenere dei bonus se l’azienda sta andando molto bene. Il problema è che gli sviluppatori non hanno ancora un sindacato che li aiuti a negoziare con i loro datori di lavori. Gli attori lo hanno.”
Freeman ha anche riferito perché, a suo dire, i publisher sono così contrari al possibile compromesso con i doppiatori: “se gli attori riuscissero ad ottenere un pagamento secondario sui giochi di successo, allora ci sarebbe un precedente per gli altri dipendenti che lavorano sui videogiochi. Credo sia questo, che spaventa di più i publisher: se cominciassero a trattare equamente gli attori, allora dovrebbero trattare equamente tutti.”

A fronte di grandi produzioni dagli incassi sempre più vertiginosi, insomma, dalle testimonianze emerge un certo malcontento che, nelle battute finali, coinvolge anche il mondo degli sviluppatori alle dipendenze dei publisher—con i periodi di crunch di cui abbiamo parlato diverse volte e a cui ha fatto cenno, qualche settimana fa, anche Amy Hennig. Vedremo quindi se, in seguito allo sciopero dei doppiatori, si arriverà a qualche cambiamento per i dipendenti dell’industria videoludica che, ciascuno con il suo contributo—che sia dietro un microfono, davanti ad una tavoletta grafica o davanti ad una tastiera—rendono possibile l’esistenza delle esperienze ludiche che tanto amiamo.

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