Questa potrebbe essere una lettera aperta anche a me stesso, che sono un sano fan di Hideo Kojima, un appassionato della prima ora della saga di Metal Gear, un videogiocatore per niente feticista delle action figures, ma che a casa sua non poteva non avere una statuetta di Grey Fox. Però quest’oggi la lettera aperta non è a me stesso, non è a questa tipologia di fan di Hideo Kojima, che ho in maniera un po’ saccente – vogliate perdonamene – definita “sana”. Questa lettera è per voi altri, che vi siete sentiti offesi dalla nostra recensione di Metal Gear Survive, che ci avete accusato – e sai qual è la novità – di essere dei venduti, di esser stati costretti da Konami a non dare un voto negativo al loro survival game, di aver voluto necessariamente fare pubblicità a un progetto che avete deciso, a priori e senza alcun beneficio d’inventario, di bollare come fallimentare.
Il mestiere del recensore, statene certi, non è un mestiere facile; non perché sia effettivamente complesso valutare un videogioco: quello ti viene automatico dopo un paio di anni. Non è facile perché purtroppo si è costretti, inevitabilmente, a rapportarsi sempre con un’utenza scontenta, una community che non riesce più a dire “non sono d’accordo”, a esprimere un’opinione diversa, una platea che oramai ha soltanto la capacità di bollare la recensione che non si allinea alle sue idee e alle sue convinzione come falsa, menzognera, venduta e il recensore come incapace. Pur non essendo un grande fan delle citazioni, perché non mi piace parlare con le frasi degli altri, sento che in questo caso la più calzante delle quote arrivi da Bertolt Brecht, un drammaturgo tedesco morto a metà del Novecento: “Ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano già stati occupati”. In parole povere: si è convinti di essere detentori della verità, sempre, e non ci si mette mai in gioco. Il recensore, per mestiere e per vocazione (probabilmente), è costretto invece a farlo e con la sua valutazione si concede ai suoi lettori: c’è chi si fida, perché si crea un rapporto di fiducia con quello specifico giornalista, c’è chi legge con disincantato interesse per capire l’opinione di una persona che – si presuppone – ha deciso di trasformare la propria passione in un lavoro e aveva le capacità adatte a farlo, c’è infine chi non accetta mai un’opinione che non si sposa con la sua e quindi lascia che i polpastrelli producano l’insulto più immediato e facile. Che il nostro follow-up, dopo trenta ore di giocato di un titolo, sviscerato ottimizzando le giornate a nostra disposizione e intervallandoci con tutti gli altri compiti redazionali che ci competono, sia l’insulto gratuito è davvero snervante, dissacrante, ingiusto. Non perché ci sentiamo offesi nel privato, ci mancherebbe, ma perché significa che il lavoro che abbiamo compiuto nel cercare di raccontarvi al meglio un prodotto non è servito a niente. Poi, sì, la nostra professione di giornalisti (perché questo siamo, dopo esserci iscritti a un albo apposito) viene offesa, ma c’abbiamo fatto un po’ il callo: siamo gli arbitri di calcio della nostra società.
Prendiamo, ora, l’esempio di Metal Gear Survive. Il percorso di avvicinamento alla recensione è stato lungo, intenso: ci sono state due prove, una all’E3 di Los Angeles dello scorso anno e una alla Gamescom del medesimo anno a Colonia; due prove molto embrionali, nelle quali abbiamo potuto sottolineare la nostra indecisione nei confronti del titolo, il nostro scetticismo. Plausibile: d’altronde ci siamo ritrovati dinanzi a un prodotto che sembrava non avesse né capo né coda. Poi è arrivata la possibilità di provare Metal Gear Survive a Parigi, negli studi di Konami, e ci siamo ritrovati per la prima volta a testare il single player, a un mese abbondante dalla release del titolo: l’esperienza è stata diametralmente opposta a quella che avevamo provato nel 2017. Ve l’abbiamo raccontata, sottolineando quanto ci fossero degli aspetti interessanti e che avremmo voluto realmente capire cosa lo spin-off di Konami aveva da offrirci. Pochi giorni dopo, quindi, ho provato a spezzare una lancia in favore del publisher giapponese: senza alcun favoritismo, senza alcuna richiesta da parte del publisher – che in ogni caso non hanno alcun peso nelle nostre decisioni editoriali e mai nessuno di loro si è permesso di provare ad averne – ho sfruttato la seconda puntata di Ho ucciso io Mufasa, la rubrica di confessioni che ho avviato su SpazioGames da qualche settimana, per spiegarvi quanto Konami fosse libera di utilizzare il brand Metal Gear a suo piacere personale. Allo stesso modo ho invitato tutti a dare un’opportunità al titolo, non perché fosse un capolavoro, ma perché è fondamentale che per criticare qualcosa si debba prima conoscerla: è una regola che mi hanno insegnato quand’ero davvero molto giovane e che esula completamente dal mio mestiere. Non puoi dire che la verdura ti fa schifo se prima non la mangi, insomma. Arrivare alla recensione, quindi, è stato un percorso ben dettato, non improvviso, che è stato preceduto anche da un altro articolo, quello delle prime impressioni sul single player, che hanno integrato l’esperienza parigina di gennaio. Con anche due dirette e un Q&A alle spalle, ci siamo accompagnati, insieme, alla valutazione finale: valutazione, non votazione. Perché il numero, alla fine dei conti, è soltanto un’espressione in cifre di quello che abbiamo detto in parole. E state certi che, di nuovo a conti fatti, il voto di SpazioGames è stato il più basso in Italia tra la stampa del Tier1.
Metal Gear Survive, come già detto ripetute volte, è un survival game che per il suo genere offre un divertimento appagante. È probabilmente uno dei survival game per console meglio riusciti, senza andare a infastidire State of Decay, ma superando, per esempio, anche un Impact Winter, che è stato pubblicato su PC lo scorso anno: insomma, è un titolo che nel suo genere riesce a dire la sua, perché il sistema di sopravvivenza è interessante e ben sviluppato. La cucina, la sete, la raccolta degli oggetti, il loot, la caccia agli animali, l’allevamento di questi ultimi sono tutti elementi che rientrano adeguatamente in un ecosistema ben costruito, che non affanna e che non disturba. Sopravvivere è piacevole, perché d’altronde è fondamentale per andare avanti nel gioco. Detto questo, non ci sono dubbi nel dire che Metal Gear Survive è un gioco molto scolastico, che non si impegna per avere un gradevole colpo di genio: gli manca Hideo Kojima, per essere diretti. Questo però non significa che il gioco meriti un voto negativo, meriti il 4 che tutti avrebbero voluto che SpazioGames desse: il recensore non fa quello che la community pretende, bensì quello che il prodotto chiede venga fatto. In questo caso Metal Gear Survive è stato valutato per quello che è: un buon survival game, che però nel combat system risulta essere molto monotono, così come nella proposta delle missioni, mantenendo però un impianto tecnico gradevole, bello da vedere, fluido. Per questo abbiamo pensato che il voto più giusto fosse 7, soprattutto in un mercato che non ha mai toccato voti che andassero sotto il 4 e che negli ultimi due anni ci ha visto assegnare soltanto una volta un 10 (The Legend of Zelda: Breath of the Wild). Un 7 che sta esattamente a metà tra i due estremi utilizzati oramai per le valutazioni dell’editoria italiana. Tra l’altro, la media di Metacritic è attualmente (al 28 febbraio) di 6,4, ossia di mezzo voto in meno rispetto alla nostra valutazione. Mezzo voto, ve l’assicuriamo, è il nulla più totale in una forbice di questa portata, che d’altronde fa parte di una valutazione ancora più sottile: a scrivere le recensioni ci sono delle persone, non dei robot che effettuano calcoli al millimetro per realizzare una media perfetta degli elementi messi in campo. La nostra valutazione – ci arroghiamo questo diritto di confessione – sembra essere la più pertinente prodotta in Italia a quello che è il pensiero internazionale: non cerchiamo giustificazioni, non cerchiamo scuse, semplicemente ci piacerebbe rispondere a chi, in queste ore, ci ha detto che non abbiamo avuto il coraggio di dare 4 a Metal Gear Survive. Dare 4 a un titolo che ha un comparto tecnico dignitoso, delle meccaniche survival che si sposano bene col proprio genere e che pecca nella gestione del combat system e nella monotonia delle missioni, pur riuscendo a offrire 30 ore di compassato divertimento, sarebbe stato molto più menzognero di quanto stiate pensando abbiamo fatto valutando con un 7 Metal Gear Survive.
La chiusura di questa lunga lettera a voi che fate parte della nostra community è che noi abbiamo un obbligo morale che precede tutte le polemiche riguardanti Metal Gear Survive: il nostro obbligo morale è quello di valutare un prodotto per quello che è, per quello che offre. E ancor di più, dobbiamo sviscerare quelle che sono le problematiche che troppo spesso si ricollegano alla presenza della microtransazioni: abbiamo avuto modo di sottolineare come informarsi in maniera superficiale comporti un intorpidimento e una obnubilazione mentale sull’argomento specifico. Non ci sono microtransazioni che inficiano l’esperienza finale di Metal Gear Survive: non ci sono slot di salvataggio a pagamento, bensì la possibilità di creare un nuovo personaggio (volete davvero creare un nuovo personaggio in un videogioco che avete già bollato con un 4, senza nemmeno toccarlo?). E in ogni caso la valuta in game è ottenibile in tanti modi. Le microtransazioni rappresentano una delle critiche per partito preso che più ha bisogno di contestualizzazione nel mercato odierno, nei confronti delle quali con la maggior attenzione possibile vi chiediamo di intervenire, di ragionare e di elaborare un pensiero preciso. Non c’entra niente Hideo Kojima, in questo caso: non è lui che deve riguardarci nella valutazione di Metal Gear Survive, perché Kojima ha preso un’altra strada. La seguiremo sicuramente, perché d’altronde siamo stati gli unici, della stampa di settore, che si sono preoccupati di chiedere a Sandrone Dazieri come sia andata la cena con il padre di Metal Gear a Milano: il nostro affetto per Kojima è noto, ma prima di tutto ciò bisogna tenere alta la bandiera dell’onestà e dell’oggettività. La pretendete sempre da noi, allora è giusto che la accettiate: Metal Gear Survive è stato valutato per quello che è, perché questo è il nostro mestiere. Nel 2018, nell’anno in cui è possibile dialogare con un recensore nel modo più pacato possibile e con la più grande facilità di sempre, lasciate che sia il dialogo a colpirvi e l’onestà intellettuale: non potete pretendere che l’oggettività sia figlia della vostra soggettività.