La pubblicita' dei videogiochi

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a cura di Francesco Ursino

Intorno al business videoludico girano molti soldi: questo assunto, ormai, non fa più sensazione, ma nonostante ciò possiede ancora una certa importanza perché sottintende ai vari fenomeni che consentono ai suddetti soldi di “girare”. In un settore dove ci sono molti competitor, infatti, l’importante non è tanto avere il gioco migliore, quanto diffondere il messaggio commerciale relativo a esso: per vendere di più è essenziale, in altre parole, farsi sentire più degli altri. Il discorso non si applica tanto al target di appassionati, competenti e in ogni caso consci delle dinamiche del mercato indipendentemente dalle pubblicità, ma alla grande (e redditizia) fetta di pubblico poco avvezza al mondo videoludico. E’ in questo segmento di mercato, quindi, che la pubblicità dei videogiochi si rivela fondamentale, perché capace di attirare l’attenzione di un pubblico che, volendo usare un termine “forte”, è sicuramente più impressionabile. In questo speciale, dunque, andremo ad approfondire alcuni aspetti della comunicazione pubblicitaria relativa ai videogiochi, evidenziandone cifre e dinamiche, concentrandoci anche sul cambiamento stilistico avvenuto nel corso degli anni.

Consigli per gli acquistiPartiamo con alcune precisazioni: volendo essere didascalici, è possibile dire che la pubblicità è quel procedimento, oneroso e attuato da un promotore, attraverso il quale un prodotto/servizio viene presentato e promosso al pubblico. Questa definizione ci consente quindi di identificare meglio l’oggetto di questo articolo: non stiamo dunque parlando del videogioco come mezzo pubblicitario (tema peraltro trattato in un nostro precedente speciale, disponibile a questo link), ma come fine della comunicazione.Volendo inquadrare il fenomeno dal punto di vista quantitativo, c’è da dire che le cifre del mercato pubblicitario videoludico, in questo particolare momento storico, sono in calo: secondo Jonathan Chambers, di Generation Media, i messaggi commerciali diffusi via TV in Inghilterra alla data del 15 aprile scorso segnavano un calo del 32% rispetto al 2011. Il dato assume una certa importanza se si considera che, alla data della misurazione, le campagne pubblicitarie andate in onda complessivamente erano 67 (stesso numero del 2011), ma con un’esposizione al pubblico nettamente inferiore. Nel solo mese di marzo, inoltre, si è assistito a un calo di campagne pubblicitarie approntate rispetto al 2011 del 21% (39 vs 31), con un calo di TVR del 58% (un singolo TVR rappresenta l’1% dell’audience da raggiungere: se si raggiungono dati superiori al 100%, vuol dire che l’esposizione al messaggio per alcuni soggetti è doppia). Il mercato, dunque, sembrerebbe in uno stato di declino: nel 2012, infatti, le varie campagne pubblicitarie hanno raggiunto circa sette TVR in meno per settimana rispetto al 2011, con un calo del 25%.La situazione presentata è in stretta correlazione con le dinamiche del mercato, in special modo quello console; grazie ai dati forniti da Generation Media, relativi al mercato britannico, è possibile infatti notare un collegamento tra il declino di vendite console nel periodo 2011-2012, delle cifre relative alla pubblicità televisiva e delle vendite dei giochi scatolati.E’ interessante notare però come questi dati non considerino il gioco online, gli abbonamenti, i DLC: è possibile infatti aspettarsi nei prossimi anni un incremento della pubblicità in questa direzione, che potrebbe rappresentare una nuova via di guadagno.

Chi spende? Chi viene ascoltato di più?Aiutandoci con le già citate rilevazioni britanniche di Generation Media (che, sebbene non perfettamente sovrapponibili alla situazione italiana, aiutano meglio a comprendere i valori di forza presenti in ogni caso in tutti i mercati mondiali), chiediamoci ora chi sono i soggetti maggiormente interessati alla pubblicità dei videogiochi; cerchiamo di capire, in altre parole, chi siano i vari competitor di cui parlavamo in precedenza che fanno a gara per farsi sentire dai consumatori.Si scopre che, nei primi mesi del 2012, il brand più attivo nella comunicazione è stato Nintendo, con 16 campagne pubblicitarie, pari a 1067 TVR, equivalenti a 8.4 giorni di esposizione televisiva. Seguono EA (11 campagne, 815 TVR, 4.3 giorni), Microsoft (7 campagne, 797 TVR, 4.9 giorni), SEGA (1 campagna, 314 TVR, 2.1 giorni) e Sony (3 campagne, 310 TVR, 3.7 giorni).Approfondendo il discorso relativo alle singole campagne, è possibile dire quella più efficace sia stata, al momento, quella relativa a Just Dance 3, capace di raccogliere 172 TVR e il 14.2% di share of voice (ovvero il totale dei minuti dello spot pubblicitario in rapporto al totale del tempo trasmesso dai canali tv coinvolti); è interessante vedere come le altre campagne più conosciute siano state, in ordine di risultato, quelle relative a Mario & Sonic ai giochi Olimpici di Londra 2012, Mass Effect 3, Kinect Star Wars e Kinect.La natura dei titoli coinvolti, unita ai dati raccolti, confermano dunque quanto affermato in apertura di articolo: la pubblicità dei videogiochi ha successo nel momento in cui vengono tirati in ballo prodotti capaci di indirizzarsi a un pubblico molto vasto (ad esempio Kinect) e molto conosciuti (Mass Effect 3).

Famiglie, ragazzini, testimonialAnalizziamo ora l’aspetto qualitativo della comunicazione relativa ai videogiochi; è possibile dire che la pubblicità cartacea non presenta particolari differenze, se si confrontano i messaggi pubblicitari di qualche decina di anni fa con quelli attuali: questo, volendo azzardare un’ipotesi, è dato dal fatto che, ieri come oggi, molte pubblicità appaiono soprattutto su riviste specializzate del settore, che attraggono da sempre un ristretto segmento di utenti. Si deve anche notare come oggi il supporto fisico trovi in internet un contendente assai minaccioso, e che il numero di pubblicità è presumibilmente minore rispetto a un tempo.Dilunghiamoci di più allora sulla pubblicità televisiva, che poi trova riscontri e si amplifica anche su internet; se si guarda agli spot italiani dei primi anni ’80, come per esempio quelli del Sega Mega Drive e di Super Mario Bros. per NES (reperibili facilmente su Youtube), è possibile notare almeno due cose: la presenza di testimonial (Jerry Calà, Roberto Mancini e Walter Zenga da una parte, Jovanotti dall’altra), e il chiaro target di riferimento.L’utilizzo di personaggi famosi è da sempre uno degli espedienti utilizzati per spostare l’attenzione dal prodotto vero e proprio alla figura dello stesso testimonial: come dire, quindi, che il Sega Mega Drive andrebbe comprato non tanto per il valore della console, ma perché alcuni personaggi famosi lo utilizzano o comunque ne tessono le lodi. Lo spot di Jovanotti, inoltre, è chiaramente indirizzato a un pubblico giovane, adolescente, fuori dagli schemi (o almeno aspirante tale): si tratta, in altre parole, del pubblico che secondo Nintendo è più attratto dai videogiochi. Andando avanti negli anni, arrivando alla fine del secolo scorso, la stessa situazione può essere rintracciata nella pubblicità del GameBoy Color, dove gli epiteti utilizzati (“vabbè”, “none”), nonché il protagonista dello spot, vogliono riferirsi proprio al pubblico più giovane.Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, però, il messaggio sembra cominciare a prevalere sulla sostanza: ne sono un esempio gli spot della console Dreamcast, ma soprattutto di PlayStation 1 e Xbox, con le famose (e inquietanti) campagne “Ricchezza Mentale” e ”Life is short. Play More” (peraltro censurata in Italia). In queste ultime due pubblicità, infatti, la console non viene presentata in nessun modo, né tramite la descrizione di caratteristiche tecniche, né tramite inquadrature della macchina da gioco stessa. L’importanza è data tutta allo slogan: cominciano a diffondersi, dunque, diverse filosofie e messaggi che travalicano la semplice esperienza di gioco; è questa la base per i nuovi spot degli ultimi anni, dove però è possibile trovare un nuovo elemento essenziale: la famiglia in tutte le sue componenti.Non è più quindi il tempo dei ragazzetti in stile Jovanotti anni ’80, o almeno non solo: uno dei casi più interessanti è quello della console portatile Nintendo 3DS, che si rivolge alla solida scelta di testimonial più o meno famosi quali Luca Toni e Valentina Correani, ma anche introducendo l’elemento familiare.Il caso didascalico è rappresentato dagli spot di The Legend Of Zelda Ocarina of Time 3D, dove un Robin Williams invecchiato da una folta barba si confronta con la giovane figlia, chiamata Zelda in onore proprio della saga videoludica. Come dire, dunque, che il videogioco entra nella vita delle persone, la cambia, la dirige verso una direzione precisa. Le pubblicità di prodotti Nintendo, però, dicono molto altro: introducono la famiglia seduta sul divano intenta a giocare a Wii Party (strada seguita poi dalle pubblicità dei giochi per Kinect e Move), ci propongono bambine intente a disegnare con nonni e mamme con New Art Academy. E’ la pubblicità, dunque, che annuncia lo sdoganamento del videogioco a mezzo di interazione familiare.Ecco quindi che i dati snocciolati in precedenza assumono un qualche interesse: si comprende come il grande ruolo comunicativo di Nintendo, ora, non sia frutto del caso, ma si sia reso necessario proprio perché la casa giapponese ha dovuto più di ogni altra “spiegare” le proprie console e i propri videogiochi, andando ad avvicinare un pubblico nuovo ed estraneo al tradizionale mercato videoludico.Per ultimo, è da notare l’avvicinamento di alcune pubblicità a veri e propri trailer cinematografici: il recente caso del principale spot televisivo di Mass Effect 3 (dove peraltro non vengono mostrate vere e proprie immagini del gioco), cosi come quello di Call of Duty Modern Warfare 3 (senza immagini di gioco, e con testimonial Dwight Howard), senza contare il più recente Assassin’s Creed 3, (lanciato mesi prima dell’uscita di gioco), fotografano in pieno anche questo nuovo cambiamento della pubblicità relativa ai videogiochi.

E il futuro?Il declino della pubblicità tradizionale dei videogiochi segue due trend, uno relativo alle dinamiche pubblicitarie in generale, uno tipico del settore. E’ indubbio infatti come la pubblicità tradizionale, (basata sui classici spot da 30 secondi, tanto per intenderci), stia vivendo un periodo di lungo declino a favore di nuovi mezzi comunicativi, quali a esempio internet. Se, poi, si considera la correlazione tra le vendite di console e la redditività delle pubblicità, si può comprendere come la fine del ciclo delle macchine da gioco attuali sia una delle cause principali dei numeri in calo riscontrati nei paragrafi precedenti.Il futuro della pubblicità, e quindi della pubblicità dei videogiochi, vedrà sempre più campagne basate sul passaparola, amplificate con video virali e teaser trailer capaci di far parlare per settimane, facendo nascere speculazioni, dibattiti e quant’altro. La comunicazione commerciale, quindi, vede già da ora un cambiamento di prospettiva, con il ricevitore del messaggio che diventa parte attiva della diffusione della comunicazione stessa, in un insieme di azioni di marketing dove l’aspetto commerciale e quello socio-comunicativo andranno a sfumare sempre di più.

Se ancora oggi, a più di trent’anni di distanza, i più attenti di noi sanno che per dipingere una parete grande c’è bisogno di un grande pennello (e non di un pennello grande), vuol dire che il messaggio pubblicitario può travalicare il proprio obiettivo iniziale andando a diventare fenomeno culturale, influenzando le nostre vite. E’ per questo che il tema della pubblicità dei videogiochi assume un’importanza tutta nuova, soprattutto ora che il media videoludico sembra essere entrato nelle grazie di più categorie di consumatori. Come abbiamo visto nello speciale, attualmente le cifre del mercato sembrano essere negative, ma più che una situazione di irrimediabile declino la sensazione è che si stia assistendo a un momento di transizione, dovuto a molti fattori che abbiamo cercato di sintetizzare nei paragrafi precedenti.

La pubblicità, dunque, fa parte integrante del mondo dei videogiochi, e chissà che, nel medio-lungo termine, la campagna di nuovo capolavoro videoludico non diffonda uno slogan talmente potente da entrare quotidianamente nelle nostre vite. Questo risultato, forse, rappresenterebbe un ulteriore passo in avanti nella crescita del nostro amato media.

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