La nuova era degli indie

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a cura di Francesco Ursino

Su queste pagine proponiamo spesso articoli di approfondimento atti a far riflettere, e in grado magari di far nascere discussioni costruttive grazie alle quali è possibile formare al meglio le proprie opinioni e conoscere meglio quelle degli altri. Quella di oggi, allora, è una provocazione in piena regola: e se il concetto di gioco indie fosse già antiquato?

Dinamiche commercialiCerchiamo di argomentare meglio quanto detto nell’introduzione, e immaginiamo il videogioco come un qualsiasi prodotto messo a disposizione dei consumatori. Supponiamo di trovarci in una situazione iniziale in cui i vari titoli sul mercato, in quanto referenze disponibili all’acquisto, rappresentino articoli creati secondo modelli produttivi abbastanza simili tra di loro. Semplificando all’estremo abbiamo dunque un settore in cui l’arrivo di un gioco sul mercato segue una filiera in cui trovano posto i publisher, gli sviluppatori, i distributori e i rivenditori. La conseguenza di ciò è la presenza di videogiochi facenti parte sì di diversi generi e tipologie, ma comunque nati da un modello di business ben affermato, con delle regole precise. Come in ogni settore produttivo, però, le rinnovate circostanze esterne (nuove tecnologie, maggiore sensibilità al tema, ecc. ecc.) portano prima o poi alla nascita, o meglio al successo commerciale, di una nuova tipologia di prodotto. La teoria ci dice che questi nuovi ritrovati di norma presentano una qualità molto alta, ed inizialmente sono indirizzati ad un pubblico di nicchia. Il parallelo sembra fin troppo semplice: nella metà del decennio scorso, ad esempio, il mercato videoludico viene sferzato dall’uscita di prodotti sviluppati non da grandi software house particolarmente appoggiate da publisher importanti, ma spesso da team di uno o pochi sviluppatori. Parliamo, tra gli altri, di prodotti quali Braid e Super Meat Boy, ma anche Minecraft, Fez e Dear Esther. L’impatto sui giocatori di questi titoli è fragoroso: vengono registrati successi di vendita evidenti, ed in generale nasce in questo momento il concetto di titolo indipendente che conosciamo oggi.

Il notevole conseguimento nel campo dell’eccellenzaDopo l’inserimento di prodotti di questo tipo, di norma, possono mettersi in moto diversi meccanismi. La maggior parte delle volte, la qualità delle nuove proposte è così evidente che sempre più consumatori se ne interessano; tutto ciò, allora, ingolosisce gli altri produttori (in questo caso gli sviluppatori), che sfruttando le condizioni produttive sempre più efficienti e convenienti riescono similmente ad arrivare sul mercato. Condizioni produttive più efficienti, nel nostro caso, evidentemente è sinonimo di facilità nell’ottenere finanziamenti (crowdfunding), facilità nello sviluppare (grazie a soluzioni come RPG Maker, Unity e via dicendo) e facilità nel comunicare (tramite social network e siti internet). Il risultato di tutto ciò è nei numeri: secondo dati diffusi da Valve la piattaforma Steam, nel 2014, ha visto l’arrivo di ben 2000 titoli di nuova produzione, mentre il dato dell’anno precedente era fermo “solamente” a 600 prodotti. La maggioranza di questi giochi proveniva proprio da piccoli produttori che, sfruttando anche l’azione di Steam Greenlight, hanno avuto l’occasione di arrivare sul mercato. Un’altra cosa che la teoria ci dice, e che la pratica conferma, è che con l’arrivo della quantità la qualità non diminuisce, ma è nettamente più difficile da trovare. Per ogni Gone Home che ottiene un gran successo di pubblico, infatti, esistono numerosi altri giochi che non entusiasmano per il loro pregio (pensiamo a tutta l’ondata dei vari “simulator”, tanto per farci un’idea). In questo momento, dunque, il mercato sembra andare verso la saturazione, con tutte le possibili conseguenze del caso.

Ambiguità e nuovi modelliCome continua la storia? Di norma il prodotto inizialmente di nicchia una volta arrivato al grande pubblico subisce un processo di massificazione, grazie a una offerta molto più ampia nella quantità e propria di una qualità generalmente nella media. A questo punto il ciclo è pronto per ricominciare, però con nuove regole. Qui arriviamo potenzialmente alla situazione attuale, ed ai modelli produttivi ibridi. In questi casi, infatti, all’azione di una realtà piccola e con pochi mezzi viene affiancata l’opera di un publisher dai grandi mezzi. Uno degli esempi di questa dinamica è probabilmente Journey, che ha beneficiato dell’appoggio di Sony, mentre l’ultimo e più fulgido caso è sicuramente No Man’s Sky. Possiamo dire che con l’uscita del titolo Hello Games, in effetti, una parte di trasformazione degli indie sia praticamente completata, con tutti i problemi comunicativi che si manifestano nel momento in cui bisogna specificare al pubblico – con mezzi da tripla A – le caratteristiche di quello che rimane comunque un gioco sviluppato da una piccola realtà. Questa, però, è solo parte della storia. È possibile dire, infatti, che la strada tracciata dalle produzioni di qualità totalmente indipendenti sia ancora battuta, sebbene questa particolare tipologia di prodotti debba fare i conti, oggi, con un nuovo alleato che può trasformarsi in acerrimo nemico, ovvero il pubblico.

’Sta pixel art ha un po’ stufatoAvendo avuto la grande opportunità di scrivere di videogiochi da quasi dieci anni, ho potuto vivere in prima persona la nascita e la crescita del movimento indie. Solo poco tempo fa, allora, non era così comune per un semplice e umile redattore ricevere mail e comunicati stampa provenienti da sviluppatori di giochi poco conosciuti. Da qualche anno a questa parte, invece, la mia casella di posta elettronica personale ospita giornalmente press kit, annunci e trailer di progetti indipendenti. Tutto questo è ovviamente il prodotto della grande quantità di giochi oggi disponibili, ma rappresenta anche una problematica di cui tener conto; la costante esposizione alle produzioni indie non più della prima ora (ovvero facenti parte dell’ondata di prodotti successiva all’uscita dei grandi successi indipendenti), ha reso il pubblico più sensibile a determinate caratteristiche. Non crediate si tratti di ragionamenti astratti, e pensate a due casi concreti. In molti casi, ad esempio, la grafica in pixel art di un titolo indipendente viene spesso fatta oggetto di critiche, proprio per la sua estetica così caratteristica. Ancora, nel momento in cui vengono analizzati titoli “concettuali”, ritenuti magari meritevoli di volti alti, la reazione è quella di una certa diffidenza verso tematiche e modi di narrare storie che a volte non sono ritenuti degni di essere considerati videogiochi. Lungi da noi dare giudizi su queste dinamiche in questa sede: quello che ci interessa, però, è il cambiamento nella percezione dei titoli indie. In un certo qual modo, infatti, le aspettative verso i prodotti indipendenti sono cambiate, e sono molto più esigenti rispetto ad un tempo: tutto ciò comporta critiche che, qualche anno fa, sarebbero state probabilmente diverse, e forse più benevole. Si tratta di un processo del tutto naturale e prevedibile che evolve, lo abbiamo già detto, in due modi sostanziali. Da un lato, dunque, troviamo la nascita di modelli produttivi ibridi, e l’affermarsi di problematiche del tutto nuove sul fronte comunicativo ma anche produttivo; dall’altro, si conferma la creazione di giochi realmente indipendenti, originali e che sappiano meravigliare.

La nuova era degli indie presume modelli produttivi ibridi, che prevedono la creazione di titoli capaci di attirare un pubblico forse più grande che in passato, ma probabilmente meno entusiasta. I prodotti di questo tipo che arriveranno sul mercato, dunque, dovranno presentare una qualità veramente elevata per poter sfuggire alla diffidenza di un target che, come è naturale che sia, presenta gusti sempre più sensibili alla possibile ripetizione di elementi e caratteristiche, siano esse tecniche o di gameplay. Tutto ciò porta a una stratificazione ancora maggiore, e ad un universo in cui coesistono giochi prodotti con budget risibili e titoli capaci di una portata comunicativa notevole. Questo, però, fa emergere nuovi problemi che gli sviluppatori (e i publisher, quando coinvolti) dovranno saper gestire con sapienza ed accortezza. Essere indipendenti ha e probabilmente avrà ancora valore nel medio termine, ma sarà così anche nel futuro più lontano? Fateci sapere le vostre opinioni in proposito.

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