La Questione Scalebound

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a cura di Mapaan

In questi giorni tiene banco il caso Scalebound, con Microsoft che ne ha confermato ufficialmente la cancellazione dopo tre anni di sviluppo: inutile girarci attorno, è da un punto di vista prettamente ludico un duro colpo da assorbire. Non soltanto per i possessori di Xbox One, che perdono uno dei titoli esclusivi più promettenti del 2017, ma anche per tutti i videogiocatori in generale: ben al di là della console in proprio possesso infatti, è giusto augurarsi sempre che lo sviluppo di progetti AAA possa sempre andare a buon fine per il bene dell’industria (sperando poi in un risultato finale soddisfacente) e per della genuina concorrenza. La situazione non è di facile lettura come potrebbe sembrare e i risvolti, le considerazioni e le analisi non toccano semplicemente quello che sarebbe dovuto essere il più “grande gioco della carriera” del maestro Kamiya; le dinamiche con cui accade il tutto e il risultato finale ci mostrano piuttosto, ancora una volta, le debolezze del colosso di Redmond. 
Qualcosa Che Va Oltre Drew & Thuban
Scalebound appariva come un interessante mix tra action e RPG, con protagonisti un ragazzo e il suo drago (con la funzione di assistere il giocatore in svariati modi); Platinum Games aveva promesso un sistema di combattimento stratificato, che avrebbe previsto non solo l’utilizzo di armi bianche ma anche di armi da tiro e esplosive, un loot system in grado di dare al gioco una marcia in più, una fase esplorativa non lineare, la presenza di NPC e molto altro. Nonostante il materiale leggermente acerbo, con qualche animazione non esattamente convincente, per gran parte dei videogiocatori e della stampa specializzata, risultava impossibile non rimanere in trepidante attesa per il rilascio del gioco completo, considerando soprattutto che a capo del progetto c’era un certo Kamiya. Inoltre, tutto ciò che riguardava Scalebound si mostrava come qualcosa di talmente “reale e tangibile” che mai nessuno avrebbe potuto pensare a un epilogo simile: basti pensare che qualche mese fa Titan Books aveva addirittura annunciato fumetti e libri sul gioco. In seguito alla conferma ufficiale dell’interruzione dei lavori siamo entrati nel solito incessante giro di rumors e speculazioni circa le motivazioni che hanno portato alla cancellazione del gioco. Se ne sono lette di tutti i tipi: da una Microsoft non particolarmente felice per lo stato dei lavori, fermi all’ultima build mostrata, secondo alcuni, passando per un Kamiya in uno stato di salute precario e finendo con il team di sviluppo che avrebbe manifestato la volontà di apportare pesanti modifiche (che presumibilmente avrebbero generato ulteriori ritardi) al gameplay. C’è anche chi avanza qualche dubbio circa l’eccessiva pretenziosità del progetto, indicando un open world di questo tipo come qualcosa di troppo grande perfino per un team talentuoso come Platinum Games, oppure che Microsoft avesse messo troppa fretta al team, generando così una condizione generale di lavoro non ideale. Se queste difficoltà legate alle tempistiche e alla struttura del gioco fossero reali ci chiediamo se Microsoft non avesse potuto fare qualche passo decisivo in più per supportare il progetto fino alla fine, anziché gettare la spugna mandando all’aria diversi anni di sviluppo. Per arrivare a un risultato finale differente sarebbe bastata una maggiore lungimiranza da parte di entrambe le parti in causa, che avrebbero dovuto comprendere quanto potesse essere difficile lavorare a un open-world e quanto tempo ci sarebbe voluto per arrivare al pieno compimento dello sviluppo, andando a modificare la gestione degli annunci e le scadenze. Sappiamo bene però che con i se e con i ma non si fa la storia e non ci sembra il caso di trasformare un caso come questo soltanto in speculazioni e teorie: dopo le parole circostanziali e poco soddisfacenti spese da Phil Spencer in merito alla vicenda, è meglio accettare che di conferme su come siano andate realmente le vicende probabilmente non ne avremo mai. Sia che vogliate dare dunque la colpa a Microsoft, sia che la vogliate dare a Platinum Games oppure che siate talmente sconvolti da non voler proprio parlare della situazione, quello che è successo porta comunque a una duplice certezza: intanto, che l’avventura di Drew & Thuban così come l’aveva prevista Kamiya non prenderà inevitabilmente mai più forma e in secondo luogo, la conferma delle pesanti difficoltà che Microsoft incontra per riuscire a sconfiggere i “vizi” di cui è schiava ormai da anni.
“Il Lupo Perde Il Pelo Ma Non Il Vizio”
Xbox One non è sicuramente nata sotto una buona stella, complice un annuncio iniziale semplicemente disastroso e il terreno perduto rispetto alla concorrenza è maturato per larga parte proprio in quel momento. Il successivo impegno di Phil Spencer nel cercare di rendere nuovamente il “videogioco” in quanto tale il vero protagonista della console è indiscutibile, quantomeno nei primi momenti d’assestamento, ma la sua nuova gestione è purtroppo costellata da diverse indecisioni: sono tantissimi infatti i progetti 1st Party presentati con entusiasmo e convinzione andati incontro a un triste destino, a cui è seguito un adottamento di metodi comunicativi con la community disfunzionali e per nulla convincenti. Sono troppe le promesse fatte a parole e mai mantenute su ritorni e possibili annunci e in tal senso vi è ancora un’incapacità di base nel sapere comunicare in modo funzionale con la propria utenza: una problematica che neanche “Xbox Wire” è riuscita a risolvere. Viene ad esempio confermato un nuovo team chiamato Decisive Games e al secondo anno di vita ancora non ne abbiamo neanche osservato il logo oppure parlando di qualcosa non strettamente legato a titoli AAA si potrebbe far riferimento a Lift London: uno studio mai visto all’opera, teoricamente al lavoro su quattro F2P e dopo quasi tre anni non è più stato detto nulla: è solo il sito del team a farci intendere che siano passati a qualcosa di diverso dallo sviluppo di giochi console. Oppure la conferma, risalente al 2013, che Microsoft avesse in cantiere la creazione di uno studio importante per futuri AAA 1st Party chiamato inizialmente Victoria Studio, per poi cambiare idea e dirottare buona parte dei membri in Black Tusk Studios (poi The Coalition) o la chiusura di Entertainment Studios appena un mese dopo aver affermato potesse essere importante per la divisione Xbox. Questo alone di mistero e poca convinzione che circonda molti degli annunci 1st Party di Microsoft non è funzionale, funzionante ed in generale non è positivo: la sensazione perenne è che si tratti spesso di progetti in cui non creda per prima la stessa Microsoft. Per trovare esempi concreti di interruzioni di lavori e cancellazioni non serve andare lontano e prendere esempi come Milo & Kate o le assurde decisioni che per anni hanno attanagliato Rare, ma basta andare ad appena un anno fa in cui a più riprese tutto questo è stato ampiamente dimostrato. Nel giro di qualche mese infatti Microsoft chiude il progetto Project Spark, (ricordando che all’E3 2015 era stato annunciato il ritorno di Conker in una serie all’interno della produzione di cui viene rilasciato solo il primo capitolo dopo una pessima pubblicizzazione), dopo un’instancabile fase di beta – dalla qualità fortemente altalenante – Fable Legends viene cancellato e addirittura viene chiuso un intero team storico come quello di Lionhead, legato indissolubilmente a IP quali lo stesso Fable e Black & White. Ancor più incredibile la storia di Press Play, piccolo team danese parecchio interessante acquistato nel 2013, a cui viene affidato lo sviluppo di due titoli “minori” che erano riusciti a conquistare piccole fette di pubblico; in seguito ad alcune interessanti fasi comunicative tra il team stesso e la community viene scelto il terzo gioco e il mese successivo, in concomitanza con la chiusura di Lionhead, anche loro vanno incontro alla chiusura. Ci sembra corretto concludere invece con un riferimento a Phantom Dust, annunciato e poi cancellato senza neanche comunicare chi fosse lo sviluppatore. In tutti e tre i casi proposti il modo con cui è stato gestito il tutto, in relazione all’utenza che chiedeva insistentemente delle spiegazioni esaustive, non risulta per nulla soddisfacente. Possono essere l’acquisto di Mojang ed il far focalizzare The Coalition sul franchise di Gears Of War alcune delle poche mosse effettuate con cognizione di causa e lungimiranza da un’azienda del calibro di Microsoft? No, è troppo poco. È indiscutibile poi che siano stati fatti anche degli investimenti importanti per esperienze che non sono riuscite ad avere il riscontro sperato con il pubblico e la problematica legata al non comprendere in pieno l’utenza potrebbe essere una delle tante risposte possibili ma non bisogna fare l’errore di sottovalutare tanti altri aspetti, come già accaduto in passato facendo andare in secondo piano i videogiochi ed i videogiocatori. 
Dubbi & Incertezze
Con la cancellazione di Scalebound la line-up per il 2017 di Xbox One perde un pezzo grosso di una certa rilevanza. Certo, si presenta con Halo Wars 2, che dalle prove effettuate e considerando lo studio di sviluppo a cui è affidato siamo sicuri si rivelerà un prodotto di qualità, ma il cui genere su console fatica da sempre a decollare; su State Of Decay 2 di Undead Labs riponiamo ottime speranze grazie anche al budget da AAA garantito questa volta, così come grandi speranze vengono riposte nel “piccolo” Cuphead in grado di stregarci a ogni materiale mostrato. Se poi Sea of Thieves dovesse davvero rivelarsi il grande ritorno di Rare che ogni fan del team britannico si augura ormai dal lontano 2008 potrebbe e dovrebbe esultare l’intera comunità videoludica. Assai più nebuloso appare il futuro di Crackdown 3 che secondo gli ultimi rumor non naviga esattamente in buone acque. Questo è stato rinviato in seguito alla decisione di Microsoft di volerlo lanciare in un’edizione completa e dovrebbe mostrare le potenzialità del cloud; al momento risulta in sviluppo presso Reagent Games, Cloudgine e Sumo Digital. In Autunno poi Microsoft dovrà per forza di cose puntare su un AAA importante, qualcosa di non annunciato, sperando fortemente non si tratti di una qualche esclusiva temporale, o di un titolo 3rd party in esclusiva Xbox. Una strategia utilizzata in svariate occasioni da Phil Spencer ma recentemente criticata e dunque accantonata, almeno così pare. Il futuro lo sappiamo bene, si chiama Scorpio ma alla conferenza a essa dedicata sarà importante indicare con chiarezza istantanea tutto ciò che riguarda la linea da intraprendere sul piano del parco titoli, che è davvero ciò di cui ci importa. Il tutto, continuando a sperare che quelle parole dette più e più volte in questi anni, ovvero che sarebbero arrivati importanti investimenti su nuovi progetti 1st Party ad alto budget, possano trasformarsi in fatti concreti. Dovrà essere necessariamente una grande presentazione con idee chiare e decise. 

La perdita di Scalebound, considerando quanto fosse carico di aspettative e quanto Kamiya si dicesse legato al progetto, è per i videogiocatori purtroppo dolorosa, specie nei modi e nelle tempistiche con cui è maturata. Speriamo vivamente che Microsoft possa dimostrare di aver imparato realmente qualcosa, anche da questa lezione, perché in ambito comunicativo e nella gestione complessiva del proprio parco titoli e dei team a essi legati sono stati commessi e poi ripetuti fin troppi errori e si sa: “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”. I tempi sono ampiamente maturi per cercare di fare meglio rispetto a quanto osservato e vissuto in questi anni: in tal senso, l’E3 2017 con la presentazione di Scorpio e dei titoli che riusciranno a sfruttare proprio la nuova console sarà un evento da non fallire assolutamente.

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