La notizia dell’uscita di scena di John Riccitiello da Electronic Arts è stata un fulmine a ciel sereno che ha aperto la strada a numerose discussioni e considerazioni sui motivi di questa scelta e sul futuro suo e del colosso californiano. In un momento apparentemente delicato come questo, con la prossima generazione di console sempre più vicina e con titoli che non hanno avuto il successo sperato, la pressione dei vertici e degli azionisti di maggioranza si è fatta insostenibile, costringendo Riccitiello ha rassegnare le dimissioni con una lettera indirizzata direttamente a Larry Probst, suo predecessore e uomo chiave nella storia dell’azienda. A partire dal prossimo primo aprile, in concomitanza con l’apertura dell’anno fiscale 2014, Electronic Arts si troverà senza il suo amministratore delegato che, sebbene abbia commesso diversi errori durante i suoi sette anni in carica, ha lasciato EA in una condizione sicuramente migliore di quando si è insediato nel 2007.
Il secondo avventoRiccitiello è stato una figura chiave negli ultimi 15 anni di EA e anche durante la sua assenza nel triennio 2004-2007 ha comunque continuato a rimanere attivo nell’industry, contribuendo considerevolmente alla formazione dei futuri successi del publisher californiano. Dall’ottobre 1997 all’aprile 2004, Riccitiello ha ricoperto la carica di direttore operativo dell’azienda, con il compito di coordinarne le attività e supervisionare i progetti in via di sviluppo. Quando lasciò la carica nel 2004 diede vita a Elevation Partners, un’azienda di private equity che, tra gli altri, annovera anche la presenza di Bono Vox tra i fondatori. Rock star a parte, la società si mise subito in attività nel settore videoludico, inizialmente fallendo l’acquisizione di Eidos, ma rifacendosi successivamente con quella di BioWare e Pandemic Studios, entrambe entrate poi a far parte di Electronic Arts con il secondo avvento di Riccitiello. La sua fu sicuramente una mossa lungimirante: entrambe le software house gli costarono 300 milioni di dollari, ma le rivendette a ben 860 milioni. Al suo ritorno come CEO, Riccitiello si ritrovò al comando di un gigante del settore videoludico con una struttura aziendale estremamente rigida e tradizionale. In un mercato che stava attraversando un’importante periodo di crescita e cambiamento, trovare il modo di modernizzare un colosso come EA non è stata un’impresa semplice. Come prima cosa, decise di riorganizzare l’azienda dividendola in quattro sezioni ben distinte e definite: EA Sports (responsabile di tutti i titoli sportivi rilasciati annualmente e della gestione delle licenze), EA Games (che si sarebbe focalizzata sul lavoro delle software house acquisite da EA e sulla produzione di nuove IP e titoli tripla A), EA Casual (che avrebbe affrontato la sfida del nuovo mercato) e la sezione Sims (in cui EA e Maxis si occupano della gestione delle serie The Sims e SimCity). Tutte le divisioni avevano la stessa importanza nella visione aziendale di Riccitiello e questo pone l’accento su quanto pensasse fosse fondamentale per un publisher come EA sviluppare giochi internamente, oltre ad acquisire gli studi più piccoli. Lo stesso Riccitiello aveva dichiarato nel 2007: “C’è una grande crescita del mercato “non tradizionale”. Si stanno diffondendo le microtransazioni, i guadagni da sottoscrizioni e pubblicità, nuovi modi di giocare e un nuovo mercato casual”. Secondo lui le home console sarebbero rimaste un business solido e redditizio per l’azienda, ma per rimanere davanti a tutti sarebbe stato necessario cogliere le occasioni che il nuovo mercato portava con sé. La svolta avvenne nel 2008, quando Activision Blizzard era nel pieno della sua espansione e le politiche di acquisizione di Electronic Arts subirono un poderoso stop con il fallimento delle trattative per Take Two. Proprio questo fallimento mise l’azienda nella condizione di cambiare approccio al mercato. Oramai quello che importava non era acquisire altre aziende, ma essere in grado di produrre internamente titoli tripla A di eccellenza con cui incontrare i gusti dei videogiocatori. Queste le parole del CEO: “Io non credo che attualmente a EA interessi sfruttare delle licenze per produrre giochi di scarsa qualità. L’abbiamo fatto in passato. Molti dei nostri concorrenti sono in questa fase o ci sono passati, ma questo non è quello che facciamo. Penso che negli ultimi anni non abbiamo avuto proprietà intellettuali particolarmente originali, ma ce ne saranno molte per EA in questi anni a venire”.
Nuove IP e passi falsiDetto, fatto. All’E3 del 2008, Electronic Arts si presenta con una folta line up di nuove proprietà intellettuali con cui impressionare pubblico e critica. È l’anno di Mirror’s Edge, Dead Space, Rage, Spore e Dragon Age: Origins. L’azienda che era stata considerata come un gigante senz’anima in grado solo di riproporre annualmente le sue serie più famose, si mostra vogliosa di investire e di rischiare nella creazione di nuovi titoli, proponendo idee e contenuti originali. Anche gli sviluppatori notarono il cambiamento: “Devo ammetterlo, se me l’avessero chiesto anni addietro, avrei paragonato EA a un impero del Male, l’azienda che distrugge i piccoli studi di sviluppo. Mi sarei stupito se un anno fa mi avessero detto che EA sarebbe diventata il nostro publisher. Quando siamo andati a parlare con altre realtà che già collaborano con EA, come ad esempio Valve, per la maggior parte abbiamo avuto pareri positivi” ha dichiarato John Carmack dopo aver firmato l’accordo per la pubblicazione di Rage. Questa fu sicuramente una mossa audace, che fece felici i giocatori, ma che sul lato economico, purtroppo, non diede i risultati sperati. Alla fine dello stesso anno, Electronic Arts annunciò esuberi pari al 10% della sua forza lavoro e circa 1000 dipendenti furono licenziati. Ecco riemergere il lato “oscuro” dell’azienda, che nonostante l’impegno e la voglia di rilanciarsi con nuove proprietà intellettuali si trova comunque a fare i conti con un mercato ampio e complesso, dove per mantenere una posizione dominante rispetto ai concorrenti non puoi permetterti di tralasciare gli aspetti strettamente finanziari e l’umore degli investitori. EA rimane pur sempre una grande società quotata in borsa e oggigiorno è il valore delle azioni a definire un’azienda ancor più della qualità dei suoi prodotti. Proprio per questo motivo, altre IP come Dante’s Inferno e The Saboteur, dallo scarso successo commerciale, furono prontamente abbandonate da EA.Un altro passo importante è stato compiuto in chiave mobile gaming. Con la crescita del mercato dei device portatili e delle app, investire in aziende come Playfish e Popcap Games (Plants vs. Zombies) si è rivelata una mossa di assoluto valore, che ha portato Electronic Arts ad essere il publisher “tradizionale” con maggior successo sull’App Store. In tal senso, anche il lancio di Origin sta dando i suoi frutti. Riuscire a creare una struttura efficiente per il digital delivery è essenziale per il futuro di un publisher del calibro di EA, e il tutto è stato realizzato sotto la guida di Riccitiello. Non solo rose e fiori ad ogni modo. Negli ultimi anni di errori ne sono stati commessi parecchi, alcuni anche piuttosto grossolani. La grande sconfitta porta un nome di peso, quello di Star Wars: The Old Republic, titolo con cui EA pensava di arginare lo strapotere di Activision Blizzard nel campo degli MMO, contando da una parte sull’indiscusso valore di BioWare e dall’altra su una licenza di richiamo come poche altre. Con le scarse vendite e il successivo passaggio al modello free to play, il progetto si rivelò tremendamente costoso e non riuscì nell’intento di insidiare World of Warcraft. Anche recenti uscite di titoli tripla A come Crysis 3, Dead Space 3, Need for Speed Most Wanted, Medal of Honor: Warfighter si sono rivelati al di sotto delle aspettative. Poi c’è stata la questione NBA Live, storico franchise Electronic Arts che ha abbandonato il mercato nel 2010 lasciando campo libero al basket di 2K Sport. Inoltre l’annuncio dell’uscita di NBA Live 13 e il suo misterioso rinvio al prossimo anno non hanno contribuito a far salire le aspettative dei fan della palla spicchi sul ritorno della serie. Aggiungiamoci anche la debacle di SimCity con tutti i problemi avuti al lancio e le polemiche su DRM e always online, e avremo una panoramica di tutti gli eventi che hanno portato Riccitiello a prendere l’importante decisione di lasciare l’azienda a fine mese. Secondo molti a prendere il suo posto sarà l’attuale COO Peter Moore, che avrà il delicato compito di portare Electronic Arts nella next-gen raccogliendo quanto di buono lasciatogli dal predecessore e affrontando al meglio le nuove sfide del settore. Altri auspicano che sia uno esterno all’azienda a prenderne le redini. Noi che sia prima di tutto una persona profondamente amante dei videogiochi.
La decisione di John Riccitiello di rassegnare le sue dimissioni ha colpito il settore come un fulmine a ciel sereno. Lasciare un colosso come Electronic Arts alle soglie della prossima generazione di console è indicativo di quanto l’azienda voglia approfittarne per iniziare un nuovo ciclo, partendo dalle cose positive lasciate dall’ex CEO e correggendo il tiro per evitare nuovamente gli errori fatti in passato. Con questo articolo abbiamo voluto analizzare com’è cambiata EA nel secondo avvento di Riccitiello, sottolineandone vittorie e sconfitte: il lancio di nuove IP, l’apertura al mercato dei device portatili, il lancio di Origin, le vendite sotto le aspettative di alcuni titoli blasonati. Adesso parte il toto nomine per il successore, ma noi ci auguriamo che chiunque arrivi sia prima di tutto una persona profondamente innamorata dei videogiochi.