Il 6 giugno del 1944, alle 6.30 del mattino, le forze alleate sbarcavano in Normandia. Proprio lì, dal Nord-Ovest della Francia, iniziava il Piano Overlord, operazione militare per la liberazione dell’Europa continentale dalla morsa nazista. Un importante tassello nel quadro della Seconda Guerra Mondiale, a cui parteciparono Gran Bretagna, Stati Uniti e Canada, attraverso l’impiego di venti milioni di tonnellate di materiale d’assalto e di oltre tre milioni di uomini.
Ancora oggi, camminando per le spiagge settentrionali francesi, è possibile vedere i segni di quel momento, rappresentati dagli scheletri dei bunker. Capirete dunque perché lo sbarco in Normandia, noto anche come D-Day, sia diventato uno degli episodi più popolari della Seconda Guerra Mondiale, nonché uno tra i più vividi nell’immaginario collettivo.
Il racconto di questo evento ha assunto diverse forme negli anni. Le prime testimonianze sono quelle del celebre fotografo Robert Capa, presente in prima persona durante lo sbarco e pronto a immortalare lo spettacolo desolante che si parava davanti agli occhi dei soldati alleati, non appena i portelloni delle navi si abbassavano. Le immagini dei cadaveri galleggianti, del fumo che rende sfocato lo sfondo della spiaggia, e dei sopravvissuti che corrono determinati e terrorizzati verso la terraferma, diventano quasi reali, tangibili.
Ma è con il cinema che il coraggio dei soldati prende vigore: Il D-Day è protagonista di molti film, tra i quali risalta Salvate il soldato Ryan di Steven Spielberg. Le pellicola riesce a narrare la crudezza della guerra, con i suoi tempi irrealistici, repentini, violenti, e con dei suoni fatti di urla, rimbombi di proiettili ed esplosioni. Nella realtà, una volta avviato lo sbarco, i soldati si trovavano catapultati in un caos devastante: a causa delle cattive condizioni meteorologiche, i mezzi di trasporto anfibi si incagliavano nella sabbia, rischiando di essere inghiottiti dall’alta marea. I militari allora dovevano saltare giù il prima possibile, pregando di non rimanere vittima dei proiettili nemici. Gli Alleati, infatti, non si aspettavano una risposta così agguerrita da parte dei tedeschi, i quali avevano organizzato schiere di fucili d’artiglieria e di mortai per difendere la spiaggia da incursioni nemiche. Chi riusciva a raggiungere la terraferma indenne, poteva calpestare una delle mine antiuomo nascoste in prossimità dell’artiglieria tedesca. In poche parole, non si era mai al sicuro dalla morte.
Se c’è però un medium in grado di gettare l’utente nell’orrore della guerra, quello è il videogioco. In particolare, lo sbarco in Normandia, è uno dei momenti più presenti nei titoli dedicati alla Seconda guerra mondiale- accanto al conflitto nell’Oceano Pacifico tra Stati Uniti e Giappone -, proprio per la sua valenza simbolica di rivalsa che ben si inserisce nella visione dualistica di Libertà contro Dittatura nazi-fascista. Tra i primi esempi figura
Medal of Honor: Allied Assault, capitolo del 2002 appartenente all’iconica serie pubblicata da Electronic Arts. Nonostante i limiti grafici dovuti al tempo passato,
Allied Assault riesce egregiamente al narrare il D-Day: la lenta sequenza della navigazione sembra quasi torturare il giocatore, soprattutto vedendo i visi dei compagni angustiati, e i loro corpi piegati per ripararsi dalle bombe nemiche e dalle onde d’acqua sollevate da esse. Poi c’è quel dannato fischio che segna l’inizio dell’operazione, e i compagni crivellati dai colpi nemici. Le croci in metallo disseminate per la spiaggia (note come Cavalli di Frisia o ancor più specificatamente Porcospini/Ricci Cechi), da armi tedesche per intralciare il passaggio dei mezzi, diventano punto di riparo per il giocatore/soldato che tramite la visuale in prima persona può solo assaporare ciò che migliaia di combattenti alleati vissero quel giorno. L’adrenalina e la tensione accompagnano il protagonista durante la scalata verso le alture francesi, il tutto accentuato dalla cura messa nella realizzazione delle armi e del contesto storico.
Dal taglio ancor più cinematografico e impattante troviamo
Call of Duty 2, titolo del 2005 che racconta la Seconda guerra mondiale attraverso il punto di vista russo, inglese e americano. Quest’ultimo è incentrato sul D-Day in Normandia, ed emula le sequenze dello sbarco già viste nel film
Salvate il soldato Ryan: i compagni che vomitato per il mare mosso, l’esplosione appena dopo l’approdo con i compagni arsi vivi dalle fiamme, il protagonista rintontito dagli scoppi a pochi metri. Ognuno di questi elementi ricalca la direzione di Spielberg, ma questo non sorprende, perché il legame con la narrazione cinematografica è un aspetto caratterizzante della serie
Call of Duty. Vi è però una differenza sostanziale: l’immagine iconica dello sbarco in Normandia è quello dell’arrivo ad Omaha Beach, nome in codice di una delle zone di approdo – assieme a Utah, Gold, Juno e Sword.
Call of Duty 2 evita l’immensa spiaggia di Omaha, e porta il giocatore nella battaglia di Pointe du Hoc, durante la quale i Ranger americani conquistarono le scogliere sotto il controllo della Germania. In questo modo i ritmi di gioco frenetici si alternano in spazi chiusi e spazi aperti, sotto il costante fuoco nemico e la presenza massiccia di nazisti. Ciò che avvalora quanto delineato sono le premesse storiche – anch’esse tipiche della serie – , realizzate attraverso immagini di repertorio e le voci reali dei maggiori protagonisti dell’epoca. Nel caso di
Call of Duty 2, possiamo sentire il generale Dwight Eisenhower (futuro presidente degli Stati Uniti), che con toni patriottici e solenni sottolinea il coraggio dei giovani soldati americani, pronti a sacrificare se stessi per il bene della libertà e della democrazia.
La Seconda guerra mondiale non è un tema esclusivo degli sparatutto in prima persona (FPS), per cui non è difficile trovare rappresentazioni dello sbarco in Normandia in titoli strategici. Il caso di
Company of Heroes calza a pennello: realizzato da Relic Enterteinment e pubblicato da THQ nel 2006, questo titolo strategico in tempo reale si apre proprio con il 6 giugno 1944 a Omaha Beach. Nonostante la visuale in terza persona sia meno immersiva della prima, la drammaticità della guerra è comunque papabile sin dall’inizio. Anche qui i rimandi al film di Spielberg sono piuttosto palesi, ma ciò che incuriosisce è la narrazione spezzettata. Il gioco si apre infatti non con il protagonista gettato nell’inferno della guerra, ma utilizza una sequenza descrittiva volta a enfatizzare le difficoltà incontrate dai soldati. È solo dopo un susseguirsi di morti ed esplosioni, sotto la visuale tedesca sulla spiaggia, che giunge la nostra unità e il giocatore prende le redini della missione. L’aspetto apprezzabile di
Company of Heroes, al di là della sua giocabilità, è il saper alternare gioco e narrazione, proprio perché la missione non è un flusso continuo di gameplay, ma è intramezzata da filmati, in modo da conferire epicità e coinvolgimento. Un aspetto che porta il titolo di Relic a distanziarsi dagli strategici classici come
Empire Earth II, in cui fa nuovamente capolino il D-Day.
Prima di proseguire con altri esempi legati alla rappresentazione dello sbarco in Normandia, occorre fare una precisazione storica. Quando si nomina un evento del genere, la mente va direttamente all’immagine del mare, delle navi e della spiaggia, perché l’incursione da Omaha Beach è stata tra le più diffuse dai media. In realtà, il 6 giugno, un quarto d’ora dopo lo scoccare della mezzanotte, la Normandia venne raggiunta dai primi alianti alleati, dai quali si lanciarono le unità dei paracadutisti: gli inglesi atterrarono sulle sponde del canale di Caen, mentre gli americani (più disorganizzati) nei pressi di Montebourg. Il loro compito era quello di tracciare la rotta con dei radiofari per rendere possibile il bombardamento aereo che sarebbe iniziato alle 3 di notte, e quello navale che avrebbe avuto avvio alle 6 del mattino, prima dello sbarco della fanteria.
Il primo capitolo delle serie
Call of Duty (2003) permette di rivivere la parabola dei paracadutisti, sia nei panni inglesi che in quelli americani. Il caos regnante a Omaha lascia spazio a un’ambientazione notturna e apparentemente più tranquilla, tra le campagne francesi e le case in pietra diroccate. Ciò che era presente in
Call of Duty 2 e che è diventato un po’ il marchio di fabbrica della serie (attinenza storica e narrazione cinematografica) trova i suoi albori sin nel primo Call of Duty.
La storia dei paracadutisti trova spazio anche in
Brothers in Arms: Road to Hill 30, altro FPS realizzato da Gearbox Software e pubblicato da Ubisoft nel 2005. Nella sequenza prima dell’atterraggio, viene fuori il lato umano del soldato. A differenza dei titoli citati in precedenza, il malessere non è affidato solamente alle reazioni dei compagni, ma traspare dalle parole del protagonista americano, il sergente Baker. Egli sente la pressione di dover guidare i suoi tredici compagni attraverso l’inferno. Anche qui l’atmosfera notturna, quasi sepolcrale, fa da padrona per l’immedesimazione del giocatore. Inoltre è possibile individuare un elemento simbolo sia in quest’ultimo titolo che nel primo
Call of Duty: i cadaveri dei paracadutisti impigliati tra i rami degli alberi. Un’immagine che mette i brividi, soprattutto se si pensa che oggi, nel piccolo comune di Sainte-Mère-Église, è possibile vedere un manichino con addosso la divisa da paracadutista che penzola tra le guglie della chiesa, per tramandare il ricordo di coloro che persero la vita contro la guerra.
Concludiamo questo ricordo sul D-Day attraverso il videogioco, con un esempio che si discosta totalmente da tutti gli esempi precedenti, giusto per sdrammatizzare. Il gioco in questione è
Conker: Live e Reloaded, esclusiva Xbox del 2005. Il titolo è una parodia esilarante dei maggiori film americani, re-interpretati da animaletti, tra i quali lo stesso protagonista: lo scoiattolo Conker. Fatte tali premesse, non stupisce (ancora una volta) trovare Salvate il soldato Ryan tra i film presi di mira. Tuttavia il pathos, così intenso dei titoli precedenti, in
Conker: Live and Reloaded viene trasformato in un effetto grottesco.
Nonostante siano passati più di settant’anni, lo sbarco in Normandia rimane ben impresso nella mente e nel cuore di tanti. L’operato di tre milioni di soldati, di cui in migliaia morirono ancor prima di atterrare o di scendere dalle navi, trova linfa nel mondo multimediale. Il videogioco, rappresentato in questo articolo dai titoli videoludici più accurati e noti, ha sicuramente il merito di rendere la storia dell’uomo più vicina al presente. Ciò appare evidente in seguito all’annuncio dell’imminente Call of Duty: WWII, in arrivo il 3 novembre, ben accolto dai fan della serie, poiché nostalgici del passato. Basta solo il trailer per rivivere, almeno in parte, la miriade di sensazioni provata da quegli uomini, la mattina del 6 giugno 1944.