Bloodborne è stato un grande successo. Le vendite dell’importantissima esclusiva per Playstation 4, a detta di Sony, hanno superato le aspettative con oltre un milione di copie. Un risultato che, per un gioco in esclusiva per una sola console con una base installata di appena 22 milioni di pezzi, si può considerare eccezionale.
Sony ha cercato di spiegare le ragioni del successo di Bloodborne parlando di un argomento spesso sottovalutato: il breve tempo intercorso tra l’annuncio e il lancio del gioco. Sono infatti passati appena nove mesi dall’E3 2014 all’arrivo del gioco nei negozi, un tempo che si è rivelato perfetto per consentire alle aspettative dei giocatori di maturare senza innescare un meccanismo controproducente, e che ha permesso a Sony di concentrare la comunicazione relativa al proprio titolo in maniera costante nel tempo. In molti casi, però, le aziende scelgono di annunciare i propri titoli con largo anticipo rispetto alla data di lancio, con risultati che – talvolta – non riescono a soddisfare la domanda del pubblico.
Tutti sappiamo che ciò che rende un videogioco un buon videogioco non è certo il marketing, la finestra di lancio o le aspettative dei giocatori, ma spesso questi ed altri elementi esterni al videogioco stesso si rivelano cruciali per la riuscita di un prodotto. Quali sono, dunque, gli elementi extravideoludici che determinano lo spostamento dell’ago della bilancia che oscilla tra successo e indifferenza?
La finestra di lancio
Chiacchierando con un PR di una nota multinazionale qualche settimana prima del lancio di GTA V, egli ci disse: “Di solito la finestra di lancio viene decisa in funzione delle altre uscite. GTA è l’unico gioco che si piazza dove vuole, senza guardare gli altri”. In breve, eccezion fatta per GTA e per pochissimi altri titoli, la finestra di lancio di un gioco viene accuratamente scelta tenendo in considerazione una lunga serie di fattori.
In primo luogo, nel mondo dei videogiochi esistono due periodi “di garanzia”, in cui i profitti vengono considerati massimi. Tali periodi si collocano nei mesi primaverili e autunnali, e in particolare nei mesi di marzo e novembre. Novembre, per ovvie ragioni, è il mese più ambito: mancano poco più di 30 giorni a Natale, e la gente inizia a pensare ai regali. Marzo, invece, è un mese sufficientemente lontano dalle festività ma non abbastanza vicino all’estate per permettere ai potenziali acquirenti di pensare ai soldi da spendere per le proprie vacanze. È in questi due periodi che si collocano i prodotti rivolti al pubblico mainstream, quello forse meno esperto ma che si rivela determinante per permettere di ottenere grandi numeri in fatto di vendite.
In secondo luogo, la finestra di lancio si determina sulla base delle altre uscite. Due giochi simili difficilmente usciranno a poche settimane di distanza l’uno dall’altro, e le nuove IP prediligono periodi meno densi di uscite per non perdere l’attenzione di cui hanno bisogno. Non mancano le eccezioni (Bloodborne uscì a fine marzo), ma è sufficiente dare uno sguardo a tutte le nuove IP più attese per notare come l’uscita di esse si collochi in periodi anomali rispetto ai titoli con cadenza annuale o ai grandi franchise.
In terzo luogo, il gioco deve essere pronto. Anche se la finestra di lancio viene decisa quando il gioco è ancora in produzione (e dunque vengono date delle scadenze agli sviluppatori), se un gioco non è pronto può essere necessario rimandarlo. Talvolta un ritardo di una sola settimana nella tabella di marcia può fare slittare l’uscita del gioco di molti mesi, in quanto la successiva finestra di lancio ritenuta profittevole potrebbe cadere in un altro periodo dell’anno.
Infine, è necessario tenere in considerazione i fattori esterni: un gioco di calcio, ad esempio, ha la sua finestra di lancio ideale in concomitanza con l’inizio del campionato, mentre un gioco dedicato ad un particolare argomento o evento deve andare di pari passo con esso.
Il marketing
La pubblicità è l’anima del commercio, dice un celebre aforisma. E, in effetti, un gioco pubblicizzato è quasi sempre un gioco che parte in vantaggio rispetto alla concorrenza. Solitamente i produttori affidano ai propri product manager un budget da dedicare alle attività di promozione del gioco. Queste includono la produzione di banner e spot pubblicitari, l’acquisto di spazi sui siti web e sulle emittenti televisive, l’organizzazione di eventi rivolti al pubblico, gli eventuali testimonial e ultimamente, il cachet degli Youtuber per la creazione di video e l’eventuale realizzazione di pubblicità “in store” (ad esempio, i grossi cartonati di un gioco presenti nei vari punti vendita).
L’investimento del reparto marketing spesso si rivela cruciale, ed è molto importante che i canali, il target e i messaggi scelti siano in grado di intercettare il pubblico di riferimento. Sponsorizzare un gioco particolarmente complesso e rivolto a un pubblico hardcore su di un canale generalista potrebbe non rivelarsi una buona scelta, così come affidare la sponsorizzazione di un gioco rivolto ai trentenni a uno Youtuber con un pubblico di ragazzini delle scuole medie potrebbe portare a risultati pressoché nulli. Una pubblicità mirata è dunque fondamentale.
Le pubbliche relazioni
Trattare con la stampa (specializzata e non) è necessario al fine di diffondere le informazioni del gioco. Una parte del budget affidata al gioco viene infatti utilizzata per attività di promozione del gioco per mezzo stampa, organizzando eventi rivolti ai giornalisti, inviando loro copie promozionali da testare e seguendo con cura la comunicazione. A differenza del marketing, che concentra le proprie risorse in concomitanza con la disponibilità del gioco nei negozi, il budget delle relazioni pubbliche si spalma nel corso di un periodo più lungo che parte dal momento dell’annuncio del gioco.
In generale, i PR lavorano con il mondo dei cosiddetti influencer, coloro i quali sono in grado di spostare un certo numero di acquirenti sulla base delle proprie opinioni. In termine tecnico, ogni copia venduta grazie alle informazioni fornite da un influencer è detta conversione: maggiore è il tasso di conversione di un influencer, più importante è il suo ruolo in questo paradigma. Molto spesso, dunque, i PR preferiscono dedicare le proprie risorse ai siti specializzati, se il tasso di conversione risulta essere più alto rispetto ai media generalisti, mentre in altri casi può avvenire esattamente il contrario o una combinazione delle due cose. Con Bloodborne, ad esempio, è stato scelto di dedicare una percentuale del budget delle PR per spedire a un evento nel Regno Unito uno Youtuber italiano esperto del gioco: una mossa lungimirante da parte di Sony che si è rivelata molto più profittevole di un eventuale investimento marketing in uno Youtuber con molti più iscritti ma con un tasso di conversione infinitamente più basso (e un cachet da capogiro).
Questione di hype
Di pari passo con le pubbliche relazioni, vi è da considerare la questione dell’hype, ovvero della creazione delle aspettative nel pubblico. Come detto in apertura, Bloodborne deve una parte del proprio successo al lancio giunto ad appena nove mesi dal momento dell’annuncio, un periodo sufficiente per destare l’attenzione del pubblico, permettere loro di maturare delle aspettative e impedire che esse superino la realtà dei fatti. Perché uno dei rischi più grossi nella coltivazione dell’hype è quello di creare un’attesa che vada al di là della reale qualità del prodotto. Vi sono numerosi casi celebri indotti da un eccesso di zelo in fase di annuncio, che hanno portato il pubblico a ritenere mediocre un prodotto presentato come il miglior videogioco di tutti i tempi. L’utilizzo di screenshot modificati in post produzione o di filmati renderizzati a una qualità superiore a quella effettivamente offerta dal gioco potrebbero rivelarsi deleteri al momento dell’uscita, e in molti casi è meglio “volare basso” e permettere all’hype di svilupparsi in maniera naturale, piuttosto che gonfiarlo con anabolizzanti virtuali.
Per nostra sfortuna, uno dei termometri dell’hype preso in considerazione dalle aziende è dato dai preorder. Più un gioco è preordinato, più questo avrà una certa prospettiva di successo al momento del lancio. Così, in alcuni casi i produttori cercano di ottenere il maggior numero di preordini “gonfiando” la comunicazione del proprio gioco, per poi prendere mazzate in fase di recensione e lasciare un sacco di acquirenti con l’amaro in bocca. Questa tattica può funzionare nel breve periodo, ma non vi è dubbio che nel lungo periodo possa uccidere l’IP e portare un sacco di persone ad allontanarsi dal prodotto.
Insomma: il successo di un videogioco non è dato solo dalla qualità del prodotto stesso, ma da una serie di fattori spesso non considerati dal pubblico. I nostri più attenti lettori spesso si chiedono perché molti giochi continuino a vendere grandi quantità di copie senza presentare nulla di realmente innovativo. La risposta risiede nei fattori esterni che, in alcuni casi, possono davvero spostare enormi masse di denaro. Il video game, che ci piaccia o meno, è un’industria che segue le regole del commercio, e noi facciamo parte del gioco.