Il nuovo corso di PlayStation VR

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a cura di Gottlieb

A Milano in questi giorni ci si muove soltanto per il Fuori Salone o per la Design Week, un appuntamento atteso da tutte le aziende per mostrare i loro ultimi prodotti in fatto di design e nuove proposte. Perché, allora, non tuffarsi in una nuova vita del PlayStation VR? Sony ha deciso di sfruttare questo momento propizio per farci ritrovare a pochi passi dal cuore nevralgico del Salone e mostrarci la nuova line-up del suo visore, arrivato da quasi sei mesi sul mercato e ancora alla ricerca di una precisa identità, ma soprattutto di una line-up che possa aiutarlo ad avere la spinta giusta verso il futuro. I titoli che abbiamo provato sono diversi, ma non potremo entrare nello specifico recensendoli e analizzando precisamente cosa abbiamo visto e toccato fino a quando non sarà il momento di avere i codici review con noi: nel mentre, però, possiamo raccontarvi come Sony è riuscita a intrattenerci per un’intera giornata lavorativa con i suoi nuovi prodotti.

FarpointPartiamo dal pezzo forte di questa line-up, l’attesissimo Farpoint. A scrivervi, come oramai avrete potuto capire, è chi non mastica FPS tutti i giorni, anzi: eppure Farpoint è un’esperienza che riesce a coinvolgere anche un giocatore come me, che si ritrova, con un fucile d’assalto in mano, il Controller Aim, a sparare a tutti gli alieni che stanno assaltando il pianeta. Partiamo dalle prime sensazioni: ho giocato per circa venti minuti, senza mai dover riscontrare problemi di motion sickness, ma solo un accenno di stanchezza e di effettiva fatica verso il finire della sessione. Il tutto collegato alla necessità di stare effettivamente in piedi per tutta la durata dell’esperienza e muoversi sul proprio asse per mirare i nostri avversari: se con una delle due levette analogiche apposte sul Controller Aim possiamo, infatti, spostarci in avanti e indietro, sarà muovendoci che potremo ruotare la camera attorno a noi e prendere, quindi, la mira. Quello che abbiamo tra le mani, ossia il fucile d’assalto che funge da controller, ci permette effettivamente di mirare come se avessimo un’arma ben impugnata, guardando dritto nel mirino per poi sparare. Oltre a tutti i movimenti di rotazione che dovremo fare per poterci ben guardare attorno, la necessità di muoversi nasce anche nel momento in cui dovremo cambiare arma, azione che si produce nell’alzare il Controller Aim rapidamente portandolo a compiere un angolo di novanta gradi sopra la nostra spalla: le due armi che avevamo a disposizione si sono sposate perfettamente con le nostre necessità del momento, ma anche con quello che è lo stile di gioco di ogni giocatore. Il nostro compagno di squadra, per esempio, era molto orientato verso lo sparare all’impazzata con delle veloci raffiche di proiettili proprio da fucile d’assalto: una sorta di ariete che avanza sparando a tutto ciò che gli capita a tiro. Io, invece, mi sono concentrato sull’arma secondaria, una specie di fucile al plasma capace di sparare soltanto tre colpi in sequenza, ma di grande potenza, per poi dover essere ricaricata tramite la pressione di uno tasti presenti sull’impugnatura del Controller Aim. Il feeling con i comandi è stato più che piacevole, così come d’altronde è alto il senso di immersione donato non solo dall’ambiente circostante, ma soprattutto dal fucile che avremo in mano, che vi permetterà anche di indicare se siete mancini o destrorsi, così da adattarvi nella riproduzione dell’immagine. Resta la necessità di doversi adattare alla fatica da compiere, perché venti minuti sembrano effettivamente pochi, ma con il VR indosso e con la necessità di restare concentrati sui vostri movimenti e muovervi in un ambiente che effettivamente è diverso da quello reale può portare alcune difficoltà. Però Farpoint è una bellissima sorpresa che siamo sicuri potrà essere un prodotto davvero interessante da giocare a metà maggio.

StarBlood Arena e The PersistanceSubito dopo ci siamo fiondati su StarBlood Arena, un titolo che, tra quelli presenti, è stato forse il più deludente, non solo per l’esperienza offerta, ma anche per l’implementazione stessa della VR. Spieghiamo subito che il titolo non è altro che uno sparatutto ad arene nel quale impersoneremo una navicella spaziale che si muove in un ambiente tridimensionale: il nostro obiettivo, essendo un FPS, è quello di uccidere tutti i nemici presenti nell’arena e vincere, di conseguenza, la partita totalizzando il maggior numero di uccisioni. I pochi minuti a nostra disposizione durante l’evento di presentazione ci hanno permesso di denotare quanti effettivi problemi abbia StarBlood Arena dal punto di vista del respawn, fin troppo casuale. Dopo che si viene uccisi, infatti, il respawn avviene in un punto casuale della mappa, che può essere anche accanto a un altro avversario, pronto a uccidervi nuovamente dopo i primi secondi di scudo automatico. Un esito abbastanza frustrante. Poi, come dicevamo in apertura, l’esperienza VR non ci è sembrata necessaria, perché oltre al poter cambiare la visuale per cercare i nostri nemici non c’era molto altro da fare, con l’immersione che non era tanto alta da giustificare un’aggiunta di questo tipo. In ogni caso StarBlood Arena arriverà sul mercato nel corso della prossima settimana e avremo modo di recensirlo in maniera più dettagliata già nei prossimi giorni. Subito accanto a StarBlood Arena collochiamo un’altra esperienza, vissuta insieme con un altro collega: parliamo di The Persistance, l’ennesimo FPS vissuto, però, in maniera più strategica e più ragionata. Accanto a noi, infatti, avevamo una persona dedicata al supporto con un tablet che ci indicava la strada e ci supportava da remoto per alcune azioni: tra queste l’apertura delle porte chiuse, la possibilità di freezare i nemici, così da venirci incontro nei primi momenti in cui ci trovavamo disarmati, e anche segnalarvi eventuali pericoli. Chi è in possesso del tablet ha una visione completa della mappa, sapendo anche dove effettivamente si trova la stanza dove dobbiamo necessariamente arrivare: chi invece si ritrova con il pad in mano, oltre ad avere una visione di tutto ciò che ha intorno non conosce ciò che è nascosto al di là della porta. Insomma il vostro compagno di viaggio dovrà prestarvi i suoi occhi e la comunicazione sarà fondamentale, perché mettere i piedi su una trappola elettrica vi porterà a morire e quindi al game over: tenete ben aperte le orecchie e ascoltate ciò che ha da dirvi chi vi supporta. Per quanto il titolo fosse ancora in uno stato molto embrionale e alcuni comandi non fossero ancora perfettamente immediati, con un po’ di imput lag a rovinare l’esperienza da tablet, ci siamo divertiti grazie all’interazione che The Persistance riesce a creare, dando quindi spazio anche a chi non ha il visore indosso, ma riesce allo stesso modo a seguire la vostra versione olografica che si muove sul tablet. Il gioco è ambientato nel 2521 a bordo di un vascello spaziale, che dà il nome al gioco: una nave che si è spinta malaguratamente a 17.000 anni luce di distanza dalla Terra per compiere una missione scientifica. Purtroppo durante il viaggio un incidente ha provocato la trasformazione di molti membri dell’equipaggio in esseri mutanti che stanno infestando la zona e sarà nostro dovere stenderli e bloccarli tutti, armati di una pistola che estrae dal loro corpo una sostanza che li atterrisce. Tra le meccaniche interessanti del titolo abbiamo scovato anche la possibilità di far scattare un virus nel tablet di chi ci supporta spegnendo completamente la comunicazione: un gesto che chiaramente equivale a un suicidio perché non avremo più i nostri occhi a guidarci, ma che provocherà sicuramente un attimo di sbigottimento nei nostri compagni di squadra. Ispirato fortemente a System Shock 2 del 1999, The Persistance può conquistare per la sua ambientazione sci-fi e proprio per l’interazione che permette, ma dobbiamo ancora capire quanto questa esperienza possa durare e cosa possa effettivamente donarci con più ore di gioco.

Ace Combat e StatikLa nostra esperienza si chiude con altri due titoli, con il primo che è meritevole di una menzione d’onore. Parliamo di Ace Combat, che in una versione ancora molto iniziale si è presentato in maniera molto convincente ai nostri occhi. Privo di una ottimizzazione per la PlayStation 4 Pro sulla quale girava, il titolo distribuito da Bandai Namco Entertainment ha saputo emozionarci in particolar modo per la cura dimostrata verso alcuni dettagli, tra cui l’effetto bagnato sul vetro del nostro aereo dopo aver attraversato una nuvola in cielo. Piacevole ed effettivamente realistico, è un effetto che ci ha sinceramente colpiti e soddisfatti, soprattutto vista l’enorme quantità di nuvole presenti nel cielo che ci siamo trovati a vivere. Inoltre, nonostante il titolo fosse quello che mette più a dura prova la resistenza del nostro stomaco, nessuna piroetta e nessuno spostamento sull’asse ci ha mai donato problemi di motion sickness, lasciandosi giocare senza alcun problema. Un pregio tanto per il PlayStation VR, che ha saputo attutire tale problematica, ma anche per il titolo propostoci. L’esperienza è durata chiaramente molto poco, perché la demo, come dicevamo in apertura, era in una versione molto iniziale, ma anche il dettaglio del decollo iniziale ci ha emozionato, perché nei primi secondi in cui dobbiamo prendere lentamente quota in cielo e non abbiamo la possibilità di fare molto, guardarci attorno e, soprattutto verso il basso, ci darà quella sensazione di volo che nel cuore di ogni uomo deve esistere necessariamente: fissare il blu dell’oceano sul quale stiamo volando mentre dinanzi a noi si avvicinano le nuvole è una sensazione davvero piacevole, che precede quello che è l’inferno che stiamo per vivere, tra razzi, proiettili e caccia avversari da atterrare. L’unico aspetto che effettivamente speriamo possa essere implementato nella versione finale è un feedback aptico, dal punto di vista della vibrazione, nel momento in cui il nostro aereo viene colpito da un missile o altro, cosa che già avviene al passaggio in una nuvola. Infine arriviamo a Statik, una escape room in VR nei panni di Edith, l’assistente del dottor Ingen. Abbiamo provato uno degli otto enigma che saranno proposti nel gioco finale, che ci permetteranno di vivere un’esperienza di circa due ore, che possono crescere nel caso in cui non fossimo dei veri campioni nel risolvere i vari puzzle. Lo sviluppo è già completo, quindi la versione che abbiamo testato sarà quella definitiva, che arriverà verso la fine di questo mese. Statik, dal punto di vista narrativo, ci è sembrato il prodotto più arrembante, più spinto verso un modo di raccontare le cose elaborato e profondo, diversamente da quelle che sono le esperienze pad alla mano. L’intenzione è quella di trovarsi immersi in un mondo fatto sì di tanti puzzle, ma anche di tante domande, che vi spingeranno a chiedere perché il nostro interlocutore ha una sorta di effetto blur sul volto e perché noi ci troviamo in quella stanza. Inoltre come ci è stato spiegato da Dave Mervik, narrative designer del titolo (al lavoro anche su Little Nightmares), ogni volta che finiremo un puzzle ci ritroveremo a vivere una sorta di situazione onirica, durante la quale, da sedati, sentiremo delle voci che ci porteranno a porci tante altre domande. Inoltre oltre ai puzzle ci saranno anche dei questionari sulle nostre sensazioni, sul nostro umore, ma Mervik non ha voluto spiegarci se effettivamente le nostre risposte potrebbero avere una sorta di effetto farfalla sul titolo, cambiando quello che sarà l’esito della vicenda o del successivo puzzle. Raccontare poi una storia in VR, come spiegatoci, dona effettivamente un’esperienza completamente diversa da quella che è una narrazione “semplice”: un concetto che sicuramente per un narrative designer cambia molto il modo di approcciarsi a un universo da creare.

Il PlayStation VR, dopo un primo momento in cui non è riuscito a essere supportato da una grande line-up, sembra pronto a cambiare decisamente rotta. Farpoint è effettivamente un titolo che può rappresentare un altro ottimo punto di partenza per un’esperienza in VR, tanto quanto lo è stato Resident Evil 7 a gennaio. Tutti i titoli provati, in ogni caso, dovranno essere meglio spolpati in sede di recensione, così da capire se effettivamente le nostre aspettative possono essere confermate.

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