Hotline Miami è stato come un fulmine a ciel sereno: breve ma intenso, nessuno se lo aspettava, e facendo attenzione è possibile notare ancor oggi il segno che ha lasciato.
Chiunque l’abbia completato ne conserva probabilmente un ricordo pienamente positivo, o se non altro, quantomai bizzarro: dopotutto, il titolo è riuscito sostanzialmente a fare da apripista all’uso massiccio di un’estetica riproposta ormai a più riprese. Il gameplay solido nonché spiccatamente punitivo offerto dal gioco non ne rappresenta infatti l’unica attrattiva: l’immaginario fresco ma irrimediabilmente nostalgico (unito alle atmosfere evocative che l’impatto visivo e sonoro riescono a ricreare) regala al giocatore un’esperienza quantomai unica.
Il primo HLM ha avuto modo di rivelarsi estremamente popolare, conquistando una fetta di pubblico davvero sterminata (per essere un indie piuttosto breve nonché sbucato praticamente dal nulla, s’intende). Come diretta conseguenza, con la release del secondo capitolo è venuto a mancare per molti aspetti quell’effetto di straniamento/sorpresa che caratterizzava ampiamente la produzione originale. Gli sviluppatori hanno rilasciato un titolo che però non ricalca semplicemente le orme del proprio prequel, tentando invece di espanderlo e colmarne alcune lacune – offrendo dunque nuovi spunti narrativi e di gameplay.
Evitando di rivoluzionare la formula ma tenendosi distanti da un banale more of the same, i ragazzi di Dennaton Games hanno quindi deciso di delineare con maggior chiarezza l’universo in cui si ambienta il gioco, rispondendo (almeno in parte) agli innumerevoli dubbi che la criptica trama del primo Hotline Miami non può che aver posto ai giocatori più attenti.
Insomma, se dal punto di vista del gameplay il titolo sembra voler lasciare la propria eredità per mezzo del recente Level Editor, la fanbase non può che restare a bocca asciutta per quanto riguarda la trama. Per ovviare a questa mancanza, ci viene fortunatamente incontro Hotline Miami: Wildlife.
Il titolo originale
«Decidemmo che era ora di eseguire il numero “visita a sorpresa”: un po’ di vita, qualche risata e una scorpacciata di ultraviolenza»
Il primo HM è qualcosa di unico: un’adrenalinica glorificazione della violenza più cruda, un indimenticabile viaggio in acido dalle atmosfere retrò e nostalgiche, nonché il trionfo di un gameplay frenetico e al cardiopalma, basato sul trial and error ma mai davvero frustrante. Il titolo catapulta il giocatore in una degradata Miami di fine anni 80: il protagonista senza nome (simile sotto numerosi aspetti al Ryan Gosling visto in Drive) si ritrova suo malgrado nel bel mezzo di una spirale di morte dalle motivazioni inizialmente incerte, nella quale il giocatore risulta costantemente vittima quanto carnefice. Jacket -come viene chiamato amichevolmente dai fan -, giovane che vive in solitudine in un lurido appartamento ricolmo solo di cartoni della pizza e videogames, riceve costanti e ambigui messaggi in segreteria con dettagli riguardanti particolari location e imminenti “appuntamenti” in giro per la città.
Munito di maschera e privo di pietà, il protagonista si presenta tassativamente in orario a bordo della propria pseudo-DeLorean, con l’obiettivo di lasciarsi alle spalle una letterale scia di sangue e morte.
La trama è a tratti onirica, confusa quanto svegliarsi nel tardo pomeriggio dopo una notte brava non proprio sobria, ma resta comunque piuttosto facile comprendere di non star massacrando decine di individui randomici per il semplice gusto di farlo. Poco dopo l’inizio del gioco Jacket si accascia infatti a terra, vomitando alla realizzazione di aver appena ucciso qualcuno – pur trattandosi (per la quasi totalità del gioco) di meri criminali. La montagna di cadaveri accumulati nel susseguirsi dei livelli ha comunque modo di crescere gradualmente a dismisura, il che (con l’avanzare della storia) non potrà che ripercuotersi sempre più sulla mente del nostro silente alter ego.
Assistiamo quindi alla lenta degenerazione della psiche di un protagonista ricolmo di rancore e assetato di sangue, vendetta e giustizia: persino i brevi intermezzi tra un massacro e l’altro (sostanzialmente, le uniche parti davvero rilassate dell’intera produzione) prendono una piega sempre più morbosa e psichedelica. Il malessere psicologico ed emotivo di Jacket si manifesta dunque in forma di vere e proprie allucinazioni, che da semplici eventi isolati “nella testa” del protagonista finiscono con l’invaderne il quotidiano, alterandone pesantemente la percezione della realtà.
Wrong Number
«…Diciamo latte rinforzato con qualche droguccia mescalina, che è quel che stavamo bevendo. È roba che ti fa robusto, e disposto all’esercizio dell’amata ultraviolenza»
Il secondo HLM è invece qualcosa di ancora differente.
Ai rapidi e strettissimi livelli (simili a quelli visti nel primo titolo) si alternano ampie mappe pensate per il combattimento sulla lunga distanza, mentre l’atmosfera allucinogena fa spazio a una trama spiccatamente più chiara ed esplicita, per quanto ancora caratterizzata da sequenze affatto lucide. Hotline Miami 2 manca di un protagonista supremo tale da imporsi su tutti gli altri: sebbene il primo capitolo si focalizzi palesemente sulle vicende legate a Jacket (riservando un piccolo spazio a Biker), in questo caso ci si ritrova di fronte a un cast notevolmente più variegato. Il giocatore ha dunque modo di controllare un folto assortimento di personaggi (ciascuno caratterizzato dal proprio personalissimo gameplay), le cui storie si avvicendano ed intrecciano sempre più in vista dell’inevitabile, imprevedibile conclusione. La plotline proposta amplia in maniera decisa l’intera mitologia dell’universo di gioco, facendo contemporaneamente da prequel, “midquel” e sequel del primo capitolo; alcuni personaggi precedentemente intravisti di sfuggita vengono quindi sviscerati, sebbene la narrativa offerta raggiunga il proprio apice anche grazie alle new entry.
Le premesse della trama paiono piuttosto semplici: Jacket viene arrestato conseguentemente agli eventi del primo capitolo, ispirando involontariamente un gruppo di ragazzi (i cosiddetti Fans) a prender parte alla carneficina che, calata la notte, pare consumarsi incessantemente negli angoli più malfamati di Miami. Le sanguinarie azioni del protagonista originale sembrano aver segnato in maniera più o meno evidente l’intera città: il titolo permette di interpretare una star del cinema (impegnata a recitare in un film sul massacro di Jacket), così come i cinque emuli seguaci dell’omicida mascherato, fino al giornalista dedito a far luce sulla misteriosa strage di russi. Il giocatore interpreta inoltre alcuni tra gli “agenti” operativi (muniti di maschera animale) incrociati durante gli eventi del primo gioco, viene messo nei panni di un detective hard-boiled dai metodi tutto fuorché convenzionali, ed è persino portato ad esplorare la psiche del “nemico” attraverso capitoli dedicati a vecchi villain/boss e sfortunati mobster qualunque.
Viene inoltre posto un particolare focus sui risvolti politici e sociali dell’ucronìa in cui si ambienta Hotline Miami, rivelando un background estremamente più profondo e denso di quanto fatto trapelare dalle semplici gesta di Jacket. Il gioco non intende certo allontanarsi troppo dagli stilemi dettati dal primo capitolo, offrendo però una varietà assai maggiore.
In sostanza sì, riducendo il gioco ai minimi termini si tratta ancora dell’insolito e riuscitissimo mix di gameplay adrenalinico ed atmosfere ipnotiche.
Wildlife
6 giugno 1989. L’ennesima strage si consuma nella notte di Miami; questa volta, una villa sul lungomare fa da palcoscenico alla tragedia. Uomini dell’est soccombono inermi, crivellati dai colpi infallibili di un carnefice fin troppo a proprio agio con la situazione. Impassibile ed agghiacciante, insiste a farsi largo tra i cadaveri sparsi per l’abitazione; non è la prima volta che uccide, la sua mano è ferma, la sua reazione alla morte troppo fredda, distaccata. La lucidità dell’esecutore si contrappone al panico smodato dei mobster – che, in quella maschera da coniglio, rivedono solo l’inevitabilità della morte.
Il killer infila la canna della propria semiautomatica giù per la gola dell’ultimo russo, sussurra di fare silenzio, preme il grilletto.
La tempesta lascia improvvisamente posto alla quiete profonda; la casa è vuota, il pericolo è passato. L’uomo si sfila metà della maschera e poggia la pistola sul tavolo. Si accomoda sul divano insanguinato, decidendo di potersi infine concedere un’unica, meritatissima sigaretta.
“Non muoverti.
…Pezzo di m*rda!”, esclama il biondo infante alle sue spalle, puntandogli alla nuca la propria pistola.
Le prime pagine mettono in chiaro fin dal principio un semplice concetto: Wildlife non scherza. Qualunque speranza in una versione edulcorata o “family-friendly” dei contenuti di Hotline Miami muore insieme ai mafiosi del prologo; il fumetto decide di iniziare proprio come il gioco, mettendo il lettore al centro di una situazione tutto sommato piuttosto familiare. L’unica differenza è l’impatto: assistere ad una strage “dall’alto” è un conto, mentre esserne del tutto immersi (potendo osservare, ad esempio, l’espressione di pura angoscia delle vittime piuttosto che un qualunque miscuglio di pixel) è tutt’altra cosa.
Il climax viene comunque interrotto bruscamente. La storia ci riporta indietro di qualche tempo; è il marzo dell’89, circa un mese prima che Jacket e Ritcher iniziassero la propria (parzialmente) involontaria crociata anti-sovietica.
Nonostante l’ampio cast, si può dire che ad Hotline Miami sia sempre mancato un protagonista con cui immedesimarsi effettivamente a fondo. In quanto “muto”, Jacket è il neutrale riflesso del giocatore; Biker è una testa calda, i Fans sono sconsiderati e folli, Jake è arrogante e repellente, Evan Wright è sostanzialmente Batman, mentre Martin Brown è semplicemente fuori di testa. Forse. Per quanto non sia affatto difficile empatizzare con alcuni personaggi (come il povero Henchman), può comunque risultare abbastanza complesso identificarsi davvero in un omicida. Wildlife sembra voler ovviare al problema: il protagonista di questa storia, Chris Jenkins, è sensibilmente più vicino al giocatore (in questo caso, al lettore), venendo presentato fin da subito come semplice ragazzo sulla ventina – con classici problemi, relazioni, amicizie e vizi tipici di quell’età.
Lo vedremo dunque in sala giochi con l’amico Blake, a letto con la ragazza di turno, a guardare un film mangiando pizza sul divano, e in discoteca a scambiare quattro chiacchiere di circostanza col barman. Mostrandoci frammenti di quotidianità, il fumetto ci permette insomma di familiarizzare con il personaggio; va però considerato come si tratti, tutto sommato, di una quotidianità di fine anni 80.
Per di più, si parla di Miami: se temevate si rinunciasse alla frizzante aria psichedelica tipica della serie, Wildlife avrà insomma modo di farvi ricredere. Oltre agli arcade, il cibo spazzatura e i film anni ’80, Chris non sembra disprezzare la giusta dose di coca mattutina, alcol notturno e “joints” in compagnia. Parliamo della città (e del decennio) di Scarface, dopotutto.
Nonostante ciò, non confondetevi: il protagonista del fumetto non annebbia la propria mente per noia o mero diletto. Chris è infatti costretto a far quotidianamente i conti con un malessere interiore che lo tormenta ormai da anni, un desiderio di giustizia e vendetta che nessun accordo politico al mondo può sperare di placare. Come molti ragazzi nelle medesime condizioni, anche il protagonista di Wildlife verrà presto contattato dall’organizzazione 50 Blessings, dando inizio agli eventi narrati; l’opera si focalizza quindi sulla psiche di Chris, svelandone pian piano la “backstory” ed esplorando al contempo il background politico/sociale plasmato col secondo Hotline Miami.
Il fumetto
Per chi non lo sapesse, Wildlife non è che l’ultima fatica di una realtà tutta italiana, lo studio Dayjob. ll piccolo team di fumettisti indipendenti vanta di un’indubbia familiarità con il brand: fu lo stesso Dennis Wedin (co-fondatore di Dennaton Games) a proporre loro la realizzazione di un corto basato sul primo gioco della saga. La breve storiella (di sei pagine appena) piacque al punto da spingere Devolver Digital a commissionare – ai ragazzi di Dayjob – un nuovo lavoro: un prequel a fumetti per Hotline Miami 2, allora d’imminente uscita. La miniserie (distribuita gratuitamente tramite un’app dedicata) riuscì ad ottenere un notevole successo, totalizzando più di 200.000 download su Steam; un risultato importante, tale da convincere Devolver Digital ad affidare nuovamente il brand al piccolo studio. Sotto la supervisione dei ragazzi di Dennaton games (ma per la prima volta, senza alcuna restrizione creativa), nasce dunque Hotline Miami Wildlife.
Il fumetto è pensato per poter essere fruito tanto dai fan della saga quanto dai non-giocatori: sebbene conoscere i retroscena di Hotline Miami aiuti indiscutibilmente a godersi maggiormente l’intera produzione, c’è anche da considerare come Wildlife sfrutti giusto l’ambientazione del gioco, proponendo una storia del tutto nuova (per quanto parallela alle vicende di Jacket e soci). In linea di massima, se non siete fan del gioco ma apprezzate ugualmente il setting della Miami anni ’80 (sulla falsariga di GTA: Vice City, Scarface e Miami Vice), allora vale la pena di dare una chance alla serie. Sempre che non vi scandalizziate facilmente per un po’ di cruda violenza, ovviamente.
I più nerd avranno di che rallegrarsi: non mancano infatti le prevedibili citazioni/strizzate d’occhio alla cultura pop di fine anni ’80. Dal palese cubo di Rubik sulla maglietta del protagonista al pupazzo di Darth Vader (Star Wars), fino alle citazioni cinematografiche (come il poster di Blade Runner e i film mostrati in TV) e videoludiche (dal NES ai cabinati di pseudo-pacman, Donkey Kong e Pong), ce n’è davvero per tutti i gusti.
Per quanto riguarda il lato più tecnico, salta all’occhio l’impronta “internazionale” donata al progetto: piani americani si alternano a campi lunghi e scelte registiche peculiari, presentate in un layout a gabbia libera che ricorda in tutto e per tutto il fumetto d’oltreoceano. Insomma, la sensazione non è certo quella di star leggendo un’opera di stampo italico. Le scelte cromatiche sono poi quantomai azzeccate: tinte vivaci ed ultra-sature colorano tavole dinamiche ed adrenaliniche, riprendendo appieno l’estetica tipica dell’ambientazione.
Wildlife rappresenta il primo fumetto venduto via widget sull’Humble Store (finora riservato unicamente agli sviluppatori videoludici); al momento è già possibile acquistare i primi due capitoli della storia, mentre il resto verrà rilasciato mensilmente – fino al febbraio dell’anno prossimo. Il prezzo è davvero irrisorio: 1.99 dollari a volume (circa 1,70€), con la possibilità di acquistare anticipatamente l’intero pacchetto (comprendente otto capitoli) a poco più di 10 euro.
Insomma, per tutti gli amanti di Hotline Miami l’acquisto è praticamente d’obbligo; se non siete grandi fan del brand, ma non disprezzate le atmosfere retrò di fine anni 80, il consiglio è comunque di dare una chance alla serie.
Hotline Miami è finalmente tornato; questa volta, in forma di fumetto. Dopo il successo del Digital Comic che anticipò Wrong Number, l’italianissimo studio indipendente DayJob torna a lavorare sul franchise ideato dai ragazzi di Dennaton Games; il risultato è Hotline Miami: Wildlife, opera che in otto volumi intende esplorare la storia (e la psiche deteriorata) di un nuovo protagonista. La Guerra Fredda è degenerata, e il giovane Chris se ne riscopre vittima in prima persona; solo il coinvolgimento con i loschi affari del gruppo nazionalista 50 Blessings potrà saziare la sua sete di sangue e vendetta. I primi due volumi sono già acquistabili dall’Humble Store, mentre il resto verrà rilasciato mensilmente; oltre ad essere praticamente d’obbligo per i fan del videogioco, Wildlife è anche consigliatissimo a tutti coloro che apprezzano lo psichedelico setting della Miami di fine anni ’80.