Hideo Kojima vs Konami

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Quando hanno cominciato a trapelare le prime indiscrezioni relative al possibile addio tra Konami e Hideo Kojima, alzi la mano chi di voi non ha pensato potesse trattarsi di uno scherzo. In un certo senso, diversi di noi lo pensano ancora, forse un po’ al lumicino delle speranze – considerando che queste righe vengono battute prima del fatidico 1 aprile, verosimilmente ricorrenza preferita dal padre di Metal Gear e Zone of the Enders.

La verità, però, è che quando alle indiscrezioni si aggiungevano altre indiscrezioni prima, e comunicati quasi ansiosi, poi, anche lo zoccolo duro della fanbase di Kojima Productions ha cominciato a sospettare che effettivamente potesse esserci qualcosa di concreto, che vada aldilà delle solite trovate. E qualcuno si domanda ancora, (molto) nerdisticamente parlando, se ai piani alti della compagnia giapponese non ci sia stato qualche problema a GW, e qualcuno se ne stia andando in giro, come un improvvisato colonnello Campbell virtuale, ripetendo convulsamente “I need scissors! 61!”, nella confusione più totale.
Ma cosa significherebbe davvero un addio tra Kojima e Konami? 
“Il 70% del mio corpo è fatto di film”
Nessuno dei giocatori di Penguin Adventure avrebbe mai potuto immaginare che l’assistente director di quel titolo, così basilare ma divertente, fosse destinato ad un’ascesa niente male. In pochi non sanno che Hideo Kojima, fin da giovanissimo, sognava una carriera dietro alla cinepresa, in un ruolo di regista. Ancora oggi, è innegabile che questo sia il suo grandissimo amore – la narrazione per immagini, la giusta commistione tra inquadratura ed empatia. 
Quando Internet era tutt’altro che a portata di mano, e a siti come il nostro venivano di gran lunga preferite le riviste periodiche cartacee, ricorderete anche voi quegli articoli, sicuramente interessanti, che – anche se con un pelo di riserve – annunciavano che “Metal Gear Solid potrebbe essere il gioco del 1998.” In realtà, Kojima si era fatto notare già prima, ma non come avrebbe voluto. Sicuramente, non come avrebbe potuto. Quella che, per allora, era la tecnologia all’avanguardia di PlayStation, gli avrebbe dato la possibilità di esprimersi, più di quanto MSX non gli avesse concesso in precedenza, anche nella sua vena da regista.
Non c’è bisogno che sia questa riflessione a ricordarvi come è andata. Tra i tanti capolavori usciti nel 1998 (il 1999 da noi), però, siamo sicuri che, effettivamente Metal Gear Solid meriti il suo posto di altissimo rilievo, a prescindere dai gusti, al punto da essere diventato iconico, quasi un capostipite nonostante fosse la terza release, e da essere entrato nell’immaginario di tutti gli appassionati di questo medium. Già con Snatcher e Policenauts, prima che con Solid Snake, Kojima era riuscito a mettere in mostra la sua vocazione, ma il viaggio a Shadow Moses segnò la vera svolta, elevandolo definitivamente ad autore di un capolavoro che sarebbe andato aldilà di qualsiasi immaginazione, e che mise d’accordo la critica di tutto il mondo.
Nacquero due icone. Solid Snake e Hideo Kojima. E Konami poté farsi forte di un brand preziosissimo, che sarebbe divenuto sempre più imponente, anche in Occidente, con il passare degli anni.
Ci ritrovammo sul tanker Discovery ed anche al largo di New York nei panni di quel biondissimo Jack conosciuto come Raiden, affrontammo la Guerra Fredda e piangemmo tirando quel maledetto grilletto. Invecchiammo fianco a fianco con Snake e, quando ci ritrovammo dove tutto era iniziato, più grandi e con delle texture della neve che nel 1999 non avremmo nemmeno potuto sognare, sentimmo che il cerchio era chiuso. E, sopratutto, che il tempo era passato davvero, diegeticamente e non. Pensavamo fosse finita, perché Kojima lo dice ogni volta – “questo sarà il mio ultimo Metal Gear” – ma fummo trasportati in Costa Rica, a combattere ancora una volta a fianco di Big Boss, in quel Peace Walker che Kojima definì come “un vero e proprio Metal Gear Solid 5.”
In mezzo a tutto questo, sempre sotto la firma di Konami e, da Snake Eater in poi, sotto a quella specifica di Kojima Productions, ci furono i natali di ZOE. Il suo essere fuori dagli schemi, il suo successo.
E, alla fine della fiera, quel citato Metal Gear Solid V arrivò davvero.
Videogiochi e kojimate
Alle celebrazioni per il venticinquesimo anniversario della saga, sentimmo parlare per la prima volta di Metal Gear Solid: Ground Zeroes, senza capire bene di cosa dovesse trattarsi. Fu solo in seguito che la fantomatica Moby Dick Studios tirò fuori dal cilindro The Phantom Pain, dell’ancora più fantomatico game designer svedese Joakim Mogren. E, felicemente presi per i fondelli, scoprimmo che la somma delle due parti dava Metal Gear Solid V. Si decise però di mettere in commercio il prodotto con due release separate, nel momento in cui Kojima era anche vice presidente di Konami, ottenendo tutt’altro che l’approvazione dei fan, sopratutto nostrani, in virtù dei prezzi non proprio allettanti ai quali il prologo, l’avventura a Camp Omega, venne messo in commercio. Il Metal Gear open world, però, funzionava. E il taglio cinematografico, col suo vanitoso piano sequenza interminabile, aveva trovato ulteriore freschezza. Rinnovato il linguaggio ludico della serie, Kojima sembrava essersi preoccupato anche del registro filmico, sia nei toni che nelle tecniche.
Così, il game designer indiscutibilmente più social di sempre, che ha sul suo profilo Twitter una descrizione delle sue attività più accurata di quella visibile per EVA nella schermata di cura di Metal Gear Solid 3, si è gettato a capofitto nei lavori per la nuova avventura di Big Boss, ora più vicino che mai alla sua Outer Haven. Impossibile, pensare potesse avere tempo per altro. Invece no.
Dopo i grandi rapporti di amicizia, sbandierati (manco a dirlo) su Twitter, il papà di Snake e compagni si servì della Gamescom del 2014 per il suo nuovo colpo di coda, questa volta messo in campo fianco a fianco con Guillermo del Toro: sbucò per pochi secondi sul palco di Sony, dopo di lui vedemmo il teaser del mai-sentito-prima P.T.. E scoprimmo solo qualche ora dopo Silent Hills.
Con in mano la produzione più ansiosamente attesa di Konami, Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, e con in progetto il rilancio di una serie horror che ha fatto la storia, Kojima sembrava sempre più un caposaldo all’interno della compagnia giapponese. E, ad aggiungere ulteriore cemento a queste fondamenta, c’è anche FOX Engine, sviluppato proprio da Kojima Productions, ed utilizzato dalla stessa Konami perfino per rilanciare le sue simulazioni calcistiche, con Pro Evolution Soccer 2015.
Il disegno, insomma, fa emergere un Hideo Kojima sempre più caposaldo irrinunciabile, per Konami. Siamo arrivati all’annuncio della data d’uscita di The Phantom Pain, delle sue edizioni da collezione. In una video intervista, l’estroso game designer ribadisce ancora una volta che questo è il suo progetto più ambizioso, che quell’1 settembre – no, non dobbiamo e non possiamo mancare. Con le parole giuste, in caso ce ne fosse bisogno, tiene ancora una volta alta l’attenzione dei giocatori – come lo ha fatto negli anni, con le sue esagerazioni, evoluzioni ed involuzioni, facenti parte di un personaggio che, comunque la si veda, con tutte le sue vanità e stramberie, ha qualcosa di unico e sempre riconoscibile. Un artista, insomma, al quale non si può rinunciare a cuor leggero. Sopratutto quando è un tuo dipendente, e soffia con i suoi prodotti sulle vele della tua azienda. 
No place to Hide(o)
Non stupisce, insomma, che la notizia della separazione, del gelo improvviso tra le due parti, sia giunta come un fulmine a ciel sereno. Kojima scompare dall’organigramma dei piani alti di Konami. Il suo marchio, A Hideo Kojima Game, quasi come un dispettuccio, viene rimosso dai materiali promozionali delle sue opere, vecchie e nuove. Le indiscrezioni parlano di comunicazioni limitate, impossibilità di presentarsi in pubblico a promuovere i prodotti. I comunicati della stessa Konami, quasi tachicardici, rimarcano che “Kojima è ancora coinvolto in Metal Gear Solid V”, ed invitano i fan a continuare a seguire la saga. Si dice che il contratto del game designer e dei suoi stretti collaboratori scadrà a dicembre e non sarà rinnovato, ma Konami già parla di un nuovo Metal Gear, sbandiera assunzioni per renderlo realtà. A prescindere da Kojima. Che, in caso ve lo foste perso, aveva detto che pure The Phantom Pain sarebbe stato il suo ultimo MGS. In seguito, alcuni “A Hideo Kojima Game” vengono reinseriti, altri no, ed il mistero si infittisce. Ad oggi, la situazione continua ad essere fumosa e surreale. Dopo qualche ora di silenzio, un insolitamente laconico Hideo Kojima aggiorna nuovamente il suo profilo Twitter. Big Boss, di spalle, che si prepara a lasciare la Mother Base a salire sull’elicottero, quel mezzo divenuto iconico del quale Kojima ha mostrato screen a centinaia. “Heading off”, e nient’altro da aggiungere.
E siamo fermi esattamente a questo punto, ad interrogarci su quale possa essere l’assurdo motivo che ha causato un tale gelo tra le parti. 
Mettiamo il caso che sia Hideo Kojima ad aver deciso di andarsene, magari perché non intenzionato a buttarsi in un Metal Gear Solid 6. Quali possono essere i suoi progetti per il futuro? Ora che anche Kojima Productions LA, di cui andava fiero, non porta più il suo nome, e che il suo stesso team non ha più la sua nomea, le intenzioni del game designer sono quelle di mettersi in proprio e fondare un team indipendente sostenuto dal pubblico? O si metterà invece in attesa di proposte esterne, collaborando con il miglior offerente? Nel primo caso, è indubbio che potrebbe dedicarsi ai progetti rimasti tanti anni nel cassetto per far spazio a Metal Gear – che, vedendola così, deve essere stato un po’ l’odi et amo della vita artistica di Kojima – mentre nel secondo forse poco cambierebbe, rispetto a quella Konami di cui, fino a qualche tempo fa, lui stesso era nel team dirigente. Oltretutto, che senso avrebbe aver lavorato per così tanto tempo a FOX Engine, per poi doverlo abbandonare? E, più di qualsiasi altra cosa, immaginiamo che una situazione così insostenibile da portarti a rinunciare alla tua posizione non si venga a formare nel giro di pochi mesi. Se Kojima si sentiva così oppresso, perché prendere ulteriori impegni con Konami per la realizzazione di Silent Hills?
Le domande, come noterete voi stessi, sono aperte a numerose risposte – in stile kojimano, bisogna ammetterlo – ma, senza ulteriori fonti o riferimenti ufficiali, è parecchio complicato poter dire quali possano essere le più probabili.
Di contro, bisogna anche prendere in analisi lo scenario in cui sia stata Konami a decidere di rinunciare a Kojima, per un motivo o per un altro, che sia esso economico o di rifiuto di quel nuovo fantomatico Metal Gear che tanto ansiosamente è stato annunciato. La compagnia giapponese può davvero, in questo suo momento storico, rischiare di mettere a repentaglio il franchise Metal Gear, con l’atteso The Phantom Pain ancora da partorire?
Diciamocelo chiaro, i giochi della serie sono pieni di assurdità ed elementi grotteschi. Ma è la miscela che conta. In mezzo a nemici che sputano api, a cecchini che si fanno saltare la dentiera prima di farsi esplodere e ad allegri vecchietti strafogati di nanomacchine che se le suonano a colpi di robot bipedi giganti, l’insieme è forte, efficace. Funziona. Ogni stranezza, ogni esagerazione, è espressione della personalità dell’autore. Così, Metal Gear ha come marchio di fabbrica tanto la sua sceneggiatura complessa e coinvolgente, quanto le riviste con le donne succinte e i soldati incapaci di sospettare di una scatola di cartone. Konami intende utilizzare questi elementi iconici anche senza Kojima? Senza di essi, potremmo parlare ancora di Metal Gear? In realtà, no. E proprio perché Metal Gear è quel tutto, e non solo un possente e determinato uomo dagli occhi chiari armato e letale che agisce nell’ombra.
E, domanda ancora più spaventosa, che ne sarebbe di Silent Hills, se davvero questo non fosse uno scherzo? Dopo l’annuncio riuscitissimo ed eccellente, con il playable teaser, Kojima collaborerà esternamente alla realizzazione del gioco, o Konami deciderà di rischiare tutto e portare avanti il progetto senza di lui? E, in tal caso, quale sarà la posizione di Del Toro? E, ancora, ci sarà ancora uno spiraglio per il futuro di ZOE? Senza Kojima, varrebbe la pena di sperare di sì?
Anche in questo caso, le domande non trovano risposta. Ma, se la decisione è stata presa da Konami, non è troppo difficile rendersi conto che la compagnia si sta prendendo un rischio davvero spropositato, ponendosi in una situazione della quale nessuno dei suoi abituali acquirenti sentiva la benché minima necessità. Con la release dello scorso anno, PES sembra pronto a farsi nuovamente forza, almeno per un po’ (e anche grazie a FOX Engine), ma non può bastare. Konami deve occuparsi con guanti di velluto di due franchise maggiori come Metal Gear e Silent Hill, per costruire il futuro su basi solide. Le stesse che, a prescindere da tutte le questioni che abbiamo posto, avrebbe avuto sicuramente con Kojima, fosse anche solo per il seguito sul quale il game designer-regista può contare. 
Ora, invece, il futuro sembra ignoto e fumoso. Per Konami. Per Kojima. E per tutti noi videogiocatori, nel nostro angolino, controller alla mano. Che non ci occupiamo di questioni di soldi, di trattative economiche, di dissidi tra developer e publisher. Preferiamo giocare ed emozionarci. E che speriamo, in cuor nostro, che Konami e Kojima uniscano i loro frutti per consentirci di farlo anche in futuro.

Come avrete notato, la questione del possibile addio tra Hideo Kojima e Konami genera punti interrogativi ben più grossi di quelli che le sentinelle della serie Metal Gear esibiscono immancabilmente sulle loro teste. Le informazioni sono troppo poche per riuscire a comprendere cosa possa aver scatenato la frattura, e quale possa essere il futuro di ambo le parti, e delle proprietà intellettuali coinvolte nella questione.

Ma, come abbiamo accennato, la certezza è che i cosiddetti “A Hideo Kojima Game” vedono ben motivato il loro titolo, essendo pregni della personalità del loro autore in tutte le piccole cose che li caratterizzano. Sarebbe difficile, immaginare per loro un futuro lontani dal leader dell’oramai ex Kojima Productions. Ma, allo stato attuale delle cose, sembra difficile anche credere che Konami possa perfino pensare di poter rinunciare alla solidità commerciale offerta da Kojima.

Mei Ling, con uno dei suoi proverbi, ci verrebbe a dire che la verità deve necessariamente stare nel mezzo, nel compromesso, nelle misure moderate. Se, davvero, questa diatriba non è l’ennesima messa in scena, la speranza è che le due parti trovino un modo per poter collaborare anche in futuro, per il bene delle serie coinvolte e per il futuro di Silent Hills, magari in un modo che, a prescindere da Metal Gear, conceda la possibilità di realizzare i suoi giochi nel cassetto a Kojima. Che sarà eccentrico, esagerato e fuori dagli schemi, ma che è sicuramente un artista dal piglio unico e di grande mente. Ciò di cui il nostro medium ha più bisogno che mai.

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