Indipendentemente dalla cronologia della sua genesi, ogni popolo ha ritenuto necessario affidarsi alla propria tradizione e alla propria natura per creare e poi custodire una storia che giustificasse la sua presenza sul mondo. Non solo, ma che giustificasse anche la presenza stessa di ogni singolo fenomeno che in qualche modo lo riguardasse, come spettatore, attore o vittima.
L’uomo, in poche parole, presa consapevolezza di sè, non ha potuto far altro che proiettarsi in tutte le cose che lo hanno circondato, tanto da diventare lui stesso misura del mondo. Da ciò, la genesi mitologica delle cose è sempre stata soggetta a una forma più o meno marcata di personificazione, tanto che una tempesta di fulmini nell’epoca classica sarebbe stata quasi sicuramente attribuita all’ira di Zeus, così come in quella norrena un guerriero fedele avrebbe in qualche modo ricevuto la benedizione di Heimdall.
Ciò per raccontarvi quanto dell’uomo ci sia nelle divinità raccontate dalla storia umana, ma soprattutto per capire come mai come tanti altri miti e racconti, quelli appartenenti all’estremo Nord dell’Europa sono sembrati ai Santa Monica Studio tanto interessanti da poter essere presi come ispirazione per questa nuova storia di God of War.
L’Edda di God of War
Andremo quindi ad analizzare il passato della mitologia di God of War, ma non cronologicamente rispetto agli eventi del gioco, visto che non possiamo assolutamente parlarvene fino al giorno prima dell’uscita, ma storicamente, riprendendo in mano quella tradizione norrena fatta di testi, di persone, di divinità che è andata poi a diventare il grande bacino da cui attingere per mettere in piedi il gioco.
Prima di tutto è importante definire il motivo per cui si parla di mitologia norrena e non di mitologia nordica. Nonostante tutta la tradizione orale di miti e leggende del nord trovasse origine nella mitologia germanica, è importante sottolineare che le opere letterarie a cui si fa riferimento, ovvero principalmente l’Edda Minore e L’Edda Maggiore, sono componimenti appartenenti al popolo norreno, autoctono della bassa Scandinavia e poi diffusosi nelle isole adiacenti nel corso del medioevo. Non a caso ricordiamo i norreni come un popolo di abili navigatori e, più conosciuti sotto il nome di vichinghi approdarono praticamente in tutta Europa. In Islanda, liberi da oppressori e contaminazioni, essi trovarono un posto adatto per consolidare la propria cultura e proprio sull’isola furono ritrovati i due manoscritti contenenti le opere di cui sopra.
La tradizione scritta medievale
Il primo manoscritto, il Codex Regius dell’Edda Poetica o Edda Maggiore, è datato intorno al XIII secolo e racchiude in 29 canti, che si presume siano stati scritti 3 secoli prima. La cultura mitologica dell’Edda, infatti, è certamente da attribuire al periodo pre-cristiano di queste terre, con alcuni miti che risalgono addirittura al IV secolo D.C., e ha trovato nella trascrizione dei testi monacale medievale la causa della sua permanenza nella tradizione scritta locale.
L’Edda Poetica è l’esempio più limpido della mitologia norrena, perchè recupera dal principio i racconti e la cosmogonia del mondo e di come pian piano l’Yggdrasil e i suoi nove regni si popolarono di giganti, Æsir, Vanir, uomini e nani. Nel primo canto, nonché il più famoso, dal nome Voluspa. Esso si configura come poema gnomico sapienzale, e riassume sottoforma di monologo gran parte dell’intera mitologia norrena: esattamente come l’overtour di un’opera. Troviamo quasi tutti i giganti e le divinità, descritti con un contributo più o meno importante a seconda delle loro opere in questo mondo.
Riassunto del riassunto e poi… Ragnarok
Il primo nome divino che troviamo nella Voluspa è quello di Heimdall, padre degli uomini, guerriero fedele e coraggioso, protettore del Bifrǫst e degli uomini.
A seguire, subito dopo, Odino, padre dei caduti dio fra gli dei e commissario di questo canto. Nonostante la collocazione prioritaria, non furono però loro i primi a dimorare il tempo, ma un gigante glaciale di nome Ymir. Solo dopo vennero i figli di Borr, tra cui ovviamente Odino, ma anche Vil e Vé. Essi crearono la terra come la conosciamo e fecero vivere un’età d’oro ai cosiddetti Æsir, ovvero la stirpe degli dei. Non l’unica dato che sappiamo che lottarono con i Vasir, anch’essi divini, dopo che da Jotunheim arrivarono i giganti che diedero vita a una stirpe di nani davvero molto lunga, che come siamo soliti vedere nei poemi epici ci viene elencata in maniera didascalica, nome dopo nome. Sono elencate le valchirie, divinità guerriere pronte a scortare i guerrieri meritevoli dalla morte al Valhalla. Si ripetono poi leggende e profezie sul Ragnarok, la fine del mondo, che si fanno fitte nel prosieguo del testo. Galli cantano alle porte di Helheim per anticipare la fine del mondo. Heimdall suona il suo corno, Gjallahorn, mentre Yggdrasil trema. Si dà il via così al Ragnarok, dove la venuta dell’inferno in terra segna la caduta di Asgard e l’apparente fine del mondo. La storia, però, è destinata a un lieto fine perchè è prevista la rinascita degli dei che possono definitivamente tornare a vivere nella loro prima terra, Idvallr.
Ognuno di questi avvenimenti sarà poi approfondito negli altri canti, o addirittura in altre opere come l’Edda Minore e altri componimenti della tradizione, ma la sintesi di questo “proemio” è sicuramente da lodare.
Un possibile collegamento?
Nonostante il manoscritto si sia mantenuto in condizioni tutto sommato buone, mancano all’appello 16 pagine, che vengono concettualmente integrate con i contenuti dell’Edda in prosa o minore, recuperata invece nella sua totalità. Quest’ultima è attribuita a Snorri un poeta e cantore islandese, vissuto a cavallo tra XII e XIII secolo. Egli fu il primo a recuperare la tradizione orale norrena e a trascriverla in un manoscritto. Sono due le particolarità della sua Edda. Una è il raccontare le vicende degli dei trasformando questi ultimi da esseri sovrannaturali in uomini di grande coraggio e valore, divinizzati dalle memorie del popolo e dalla cultura, secondo un processo di evemerismo. L’altra che è forse l’anello di congiunzione più diretto che possiamo supporre fra la mitologia greca di Kratos e quella norrena, presuppone che la patria dei grandi guerrieri, divenuti poi divinità, fosse l’antica Ilio, altrimenti nota come Troia, ribattezzata in lingua locale Asgard, aggiungendo tra l’altro con una certa naturalezza il fatto che in realtà Odino non fosse altro che il nome che Priamo si era dato nella sua fuga dall’Asia Minore. Per quanto potessimo ritenere fantasiosa la presenza di Kratos a Midgard, dobbiamo ammettere che ci aveva giàpensato anche Snorri tantissimi anni fa, e chissà che non sia proprio a quella leggenda a cui in qualche modo anche God of War stesse facendo riferimento?
Gli uomini hanno creato i miti per avvicinare se stessi al mondo che li circonda. Cosmogonie, racconti escatologici, divinità, fanno parte di una grande magia che cerca di portare l’uomo a intuire i misteri più insondabili dalla ragione. L’Edda, nelle sue forme, ci racconta l’originale mitologia del popolo norreno ancora intoccata da quelle fiamme dell’ira, che Kratos inevitabilmente è destinato a portare con sè dal 20 aprile su Playstation 4.
Non perdete la nostra recensione e video recensione di God of War.