Game of Thrones

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a cura di Redazione SpazioGames

Che ormai l’opera di Martin sia accessibile e conosciuta da un vastissimo pubblico e non più da un piccolo (riferito al mercato mainstream sia chiaro, perché i fan dello scrittore americano, se ci riferiamo al mercato editoriale, sono sempre stati tanti e agguerriti) gruppo di eletti è ormai cosa nota a tutti, e che questa diffusione di massa sia veicolata in gran parte dalla strepitosa serie televisiva HBO è anch’esso un fatto noto. Cogliendo l’occasione della fine della seconda stagione televisiva facciamo il punto anche qua su Spaziogames di tutti i diversi medium nel quale possiamo trovare le opere di Martin, partendo, come è ovvio, dalla sua produzione letteraria.

In principio fu la pennaTutto ha inizio nel lontano 1991 quando, dalla penna dell’eclettico George Raymond Richard Martin, nasce quello che diventerà uno dei più esportati best sellers della letteratura fantastica: Le Cronache del ghiaccio e del fuoco (A Song of Ice and Fire, 1996). La realizzazione della saga di romanzi impegnerà (e continua ad impegnare) Martin per anni, superando quella che, almeno inizialmente, sarebbe dovuta essere una trilogia, trasformandosi in un imponente corpus fatto di opere sempre più ricche e complesse. L’universo narrato nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco è quello di una terra fantastica chiamata Westeros posta ai confini dell’ immaginazione e abitata da popoli continuamente in balia delle più bizzarre condizioni climatiche, delle più sorprendenti creature e dei più enigmatici intrighi. Ambientato in un periodo che, per molti versi, ricorda il nostro Medioevo, i romanzi raccontano i grandi conflitti che ruotano intorno alla presa del potere, quel potere bramato che genera, muove e distrugge, nella realtà come nella fantasia, le vite degli uomini. I più grandi pregi della saga letteraria consistono certamente nella cura dei dettagli e nella resa delle dinamiche psicologiche e comportamentali, requisiti che ne fanno un’opera tanto fantastica quanto realistica. Se consideriamo la definizione più Tolkeniana del termine fantasy, sarebbe quasi uno sforzo riuscire a far rientrare la produzione dello scrittore americano: tutta la prima parte della sua opera infatti è caratterizzata non tanto dal classico dualismo tra bene e male, quanto più dalla descrizione delle più infime bassezze umane, dove i personaggi raramente sono buoni o cattivi, ma appartengono solitamente a quella zona di grigi tra la moralità e l’opportunismo che tanto bene caratterizza il genere umano. Al momento, Martin ha pubblicato cinque libri dei sette previsti della sua opera (A Game of Thrones – tradotti in Italia in Il Trono di Spade e Il grande inverno, A Clash of Kings – Il regno dei lupi e La regina dei draghi, A Storm of Swords – Tempesta di spade. I fiumi della guerra e Il Portale delle Tenebre, A Feast for Crows – Il dominio della regina e L’ombra della profezia e infine il recente A Dance with Dragons, diviso anch’esso in tre parti di cui però sono state al momento pubblicate in italia solo I guerrieri del ghiaccio e I fuochi di Valyria) e la speranza dei fan è quella che The Winds of Winter e A Dream of Spring, i tomi conclusivi della saga, non abbiano la stessa difficilissima gestazione degli ultimi due, matti all’inizio con un solo libro che è stato successivamente diviso a causa della mole eccessiva.

Poi, come sempre la TVParadossalmente è, infatti, proprio la realisticità, e quindi la credibilità, dei personaggi e delle storie narrate a rendere le Cronache un prodotto assolutamente coinvolgente. Qualità che hanno costituito per lungo tempo anche il maggiore impedimento alla trasposizione cinematografica della saga. Pare, infatti, che le maggiori case di produzione abbiano a lungo tampinato George Martin nella speranza di realizzare un film sulle Cronache del ghiaccio e del fuoco, ma senza successo. La svolta avviene nel 2007 quando, con buona pace del grande schermo, il piccolo schermo ha la meglio e la HBO ottiene i diritti per procedere alla realizzazione della serie Il trono di spade (Game of Thrones, 2011). Ancora una volta Martin non lascia nulla al caso e decide di co-partecipare alla produzione della serie, supervisionando un lavoro che, come possiamo immaginare, non è semplice. Contribuiscono alla riuscita del progetto due sceneggiatori, nonché scrittori di mestiere, particolarmente capaci: David Benioff e Daniel B. Weiss, il primo un vero guru delle caratterizzazioni, autore del romanzo e della sceneggiatura del film La 25a ora, e il secondo appassionato di videogiochi strategici, capace di realizzare soluzioni narrative particolarmente creative. Il connubio risulta quanto mai ispirato per la resa televisiva delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, e Il trono di spade si impone subito come un prodotto arguto e rivoluzionario, capace di emanciparsi dagli stereotipi di un genere, il fantasy, che da sempre aveva riscosso poco successo sul piccolo schermo.Ma quali sono le idee, i meccanismi e soluzioni che fanno de Il trono di spade un serial di qualità, capace di conquistare orde di fan?La risposta non è semplice ed è necessario procedere con cautela. Lo facciamo partendo dall’inizio, e non dall’inizio della storia, ma dalla sigla iniziale. Il trono di spade vanta, infatti, un altro merito: la conquista del Creative Arts Primetime Emmy Award, ossia il premio per miglior design di una sigla. Tale sigla, che certamente deve il suo premio ad un’elaborazione audiovisiva efficace, racchiude nella sua costruzione tutti i principi estetici e narrativi sui quali si fonda l’intera serie. Innanzitutto il dato presentativo. Attraverso i movimenti di macchina (simulati) si esplora un mondo fittizio rappresentato su una mappa. Mappa su cui non solo sono presenti i regni e i principali luoghi in cui si svolge la storia, ma attraverso la quale si può cogliere il movimento, l’evoluzione dei costituenti del potere: gli strumenti dell’attacco (gli edifici e le armi), gli strumenti di difesa (le mura e i confini), gli strumenti del consenso (la natura e la religione). Sono presenti tutti quegli elementi che, all’interno della serie, amministrano lo sviluppo dei personaggi, degli eventi (causati) e del fato (aleatorio), il tutto come se stessimo osservando la mappa di un gioco strategico. Il secondo dato, direttamente correlato, è il dato gestionale. Attraverso il movimento della mdp non ci limitiamo ad osservare in modo statico i luoghi nel loro insieme, ma possiamo avvicinarli, esplorarli, allontanarci, librare nell’aria per poi ributtarci a capofitto su di essi, saltando da un posto all’altro senza sosta. Possibilità che viene privilegiata anche nella gestione e alternanza delle narrazioni all’interno della serie. In questo senso si può sostenere che la storia si avvicendi come un “videogioco strategico a turni” in cui, grazie ad un montaggio serrato e costante, si possono cogliere i rapporti di causa-effetto che si instaurano tra i vari personaggi e le loro azioni. Questione non trascurabile se si tiene conto del fatto che, proprio questa calibrata gestione degli elementi narrativi, contribuisce ad approfondire indiscriminatamente una mole di personaggi molto ricca ed eterogenea. Qui, le questioni del bene e del male, della giustizia e dell’arbitrio, del potere e dell’impotenza sono argomenti delicati che vengono trattati senza generalizzazioni di sorta, senza prendere posizioni troppo ferme, lasciando che a prevalere siano le ragioni personali di tutti piuttosto che una sola ragione. Questo, probabilmente, è anche uno dei motivi per cui Il trono di spade, per quanto ambientato altrove nel tempo e nello spazio, sia un prodotto di grande attualità, capace di stimolare un’identificazione varia ed efficace, grazie anche alle diverse classi e categorie sociali rappresentate.

E come sempre, alla fine, arrivano i videogiochiCon la serie TV arrivata alla spettacolare battaglia delle Acque Nere e con Daenerys sempre più feroce condottiera per contestualizzare i videogiochi legati al mondo di Martin dobbiamo invece fare un passo indietro. Grazie a Focus Home Interactive e a Cyanide infatti l’immaginario delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco si arricchisce di due nuovi capitoli, forse del tutto non riusciti, ma che comunque offrono spunti interessanti all’appassionato. Il primo titolo ad essere uscito, e recensito proprio qui sulle pagine di Spaziogames è A Game of Thrones: Genesis, strategico distribuito alla sola utenza PC che narra vicende assai antecedenti a quelle raccontate nel continuum di libri e serie TV, partendo da quasi mille anni prima con la conquista di Dorne della regina Nymeria e arrivando fino all’unificazione dei sette regni ad opera di Aegon il conquistatore. Il titolo, seppur con qualche idea brillante come la gestione di spie, matrimoni dinastici e alleanze, non è riuscito a raggiungere la sufficienza, a causa di una realizzazione tecnica troppo sotto la media e ad una poco azzeccata gestione dei combattimenti tra le diverse truppe presenti nelle varie città. Dopo questo primo tentativo Focus ci ha riprovato con un nuovo titolo, questa volta un action RPG che è riuscito, seppur di poco, a strappare una sufficienza al nostro appassionato redattore. Game of Thrones è un titolo tutto sommato riuscito, con una storia ben scritta ma mal dialogata, originale e avvincente però al punto da lasciarsi giocare fino alla fine, e scoprire in che modo i destini di Mors e Alester, i due protagonisti, si intrecciano con il pericoloso gioco del trono, visto che le vicende narrate sono contemporanee a quelle del primo libro/prima stagione della serie. Se non fosse per un sistema di combattimento troppo facilmente eludibile, un comparto tecnico appena nella media, e una piattezza dei dialoghi al limite del ripetitivo il titolo avrebbe potuto sicuramente ambire a riconoscimenti maggiori.

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