For Honor, lo abbiamo ripetuto spesso, è uno dei quei giochi che a un primo sguardo può traumatizzare o irrigidire una buona fetta d’utenza: il titolo Ubisoft basato sul combattimento con le armi bianche non è certo una di quelle produzioni in grado di restituire feeling immediato al player, piuttosto punta su una curva d’apprendimento lenta e progressiva in grado però di regalare molte soddisfazioni una volta dominata. Per questo motivo ci stiamo prendendo il giusto tempo per pubblicare la recensione completa (che arriverà settimana prossima): abbiamo deciso di dividere la review in due parti, una dedicata alla campagna (questa che state leggendo) e la parte finale e conclusiva incentrata sulla componente multiplayer.
Per l’Onore e per il sangue
La campagna di For Honor è uno degli elementi che ha da sempre suscitato l’interesse di critica e utenza: si era curiosi di capire quale potesse essere lo sforzo produttivo di Ubisoft nel cercare di soddisfare anche quei giocatori che desideravano un’esperienza quanto meno appagante. Cominciamo subito con lo specificare che il single player di For Honor è giocabile anche interamente in co-op assieme a un vostro amico ed è composto da tre macro atti che vi permetteranno di prendere le parti di tutte e tre le tipologie di fazioni del gioco: Cavalieri, Vichinghi e Samurai. Il mondo di For Honor è un mondo in guerra, scandito da feroci battaglie per la conquista del territorio e la storia sarà principalmente incentrata sul tentativo della spietata Apollyon di creare caos e distruzione per condurre le diverse civiltà all’Età dei Lupi. Il plot narrativo, sottotono e poco intrigante, è forse la parte più debole della modalità: le diciotto missioni disponibili, spalmate su circa sei/otto ore di gioco, risulteranno discretamente slegate e poco omogenee, nonostante qualche cut-scene comunque epica e avvincente, sopratutto per merito delle spietate e sceniche esecuzioni. Anche qui l’elemento portante dell’esperienza sarà quindi ancora una volta il combat system, unico ed estremamente dettagliato: il sistema di guardia, parata, contrattacco assieme alle numerose combo costituisce la feature migliore dell’intera produzione, fattore che però conoscevamo già e aspettavamo di saggiare in pratica a cavallo tra single player e multiplayer. Era lecito comunque aspettarsi qualcosa di più dalla componente narrativa, nonostante il visibile impegno di Ubisoft nell’offrire un varietà di scenari importante e nel creare una progressione del personaggio ad essa coerente.
L’evoluzione del combattente
Progredendo di livello infatti sbloccheremo una serie di abilità attive e passive che potranno essere applicate al protagonista di turno, andando a modificarne alcuni valori (danni subiti, danni inflitti ecc). Scelta interessante, se non fosse che in questa maniera la difficoltà generale viene abbassata anche ai livelli più alti, in cui l’unica importante variazione sarà la rimozione di ogni indicatore sull’HUD di gioco. A corredo ci saranno anche tutta una serie di collezionabili che non serviranno solo per riempire la nostra bacheca, bensì forniranno anche oggetti utili da utilizzare poi nel PvP, insomma un buon motivo per dedicare qualche ora in più alla campagna.
La sensazione che prevale giocando ogni atto della storia è che si poteva forse osare di più: stiamo comunque parlando di una modalità piacevole, nonostante i limiti, ma un pizzico di coraggio avrebbe potuto trasformare una componente in fin dei conti marginale in qualcosa di epico e memorabile. Anche dal punto di vista visivo For Honor sembra non osare eccessivamente: ci prova, ma non spinge il cuore oltre l’ostacolo, con sequenze ritmate ma fin troppo ordinate nello stile e nelle presentazione, che finiscono cosi col risultare poco incisive e memorabili.
La campagna di For Honor è insomma un’esperienza che, purtroppo, nell’economia della produzione rischia di diventare marginale, colpa di una narrativa deboluccia e di una gestione complessiva che poteva davvero dare di più: pensiamo per esempio alla difficoltà realistica, che nonostante vi impegnerà molto di più rispetto a quella base verrà in parte vanificata delle abilità applicabili al protagonista. Resta però un’esperienza divertente e utile a farvi entrare nei meccanismi del combat system, perfetto e ficcante; non per questo però va considerata semplicemente come un gigantesco tutorial, non siamo certamente a quei livelli di banalità.
Giocare il single player di For Honor ci ha divertito, ma in parte deluso: si poteva fare di più e l’operazione in generale risulta come un’occasione leggermente sprecata; pochi dettagli aggiuntivi e aspetti parzialmente rifiniti e l’esperienza avrebbe avuto un sapore totalmente diverso. Nonostante questo vi consigliamo di giocarla, magari a difficoltà massima, per provare a entrare nel mood giusto in vista del multiplayer, che ora possiamo dire con assoluta certezza essere il cuore pulsante del titolo.