A Duxford stelle se ne vedono poche in cielo, il clima è pur sempre quello inglese tipico e beccare una giornata senza nuvole è un po’ come vincere al totocalcio. Qualche giorno fa, però, per vedere intere galassie bastava guardare negli occhi delle persone che giravano per i corridoi degli Imperial War Museums, la suggestiva location scelta per il party di lancio di Elite: Dangerous. Le stelle sono tutte lì, nelle loro teste, piazzate da un gentiluomo di nome David Braben, che li ha fatti volare per un pochino con la mente anche durante la serata. E noi eravamo proprio in quel museo, a due passi dall’uomo che ha creato il gioco considerato da molti il punto di partenza dei titoli dedicati all’esplorazione spaziale, il videogame che ha virtualmente aperto per tutti le porte dell’universo e ispirato intere generazioni.
È un tipo estremamente cordiale.
No, davvero, incontrare Braben è un po’ come incontrare uno zio bonaccione che ti ha cresciuto gentilmente. È un signore educato che, finita la presentazione, ha voluto immediatamente incontrare i fan presenti e fare due chiacchiere con loro mentre firmava gli autografi. Si fa quasi fatica a credere che dietro a un volto così calmo ci siano avventure interstellari, combattimenti tra gli astri e acrobazie che farebbero impallidire Han Solo, ma poi si gioca alla sua ultima creatura e ci si rende conto che l’abito non fa il pilota.
Durante l’evento gli annunci, peraltro, non sono stati nemmeno particolarmente incredibili, ma vogliamo comunque descriverveli e fare un po’ il punto della situazione su un titolo che, ad ogni prova, ci sembra sempre più incredibile.
I’m in space.
Se vi siete persi le nostre precedenti anteprime, Elite: Dangerous è l’evoluzione diretta della storica serie, un gioco pensato per lasciare totale libertà all’utente in un universo generato proceduralmente con un’infinità di galassie da esplorare, e un sistema di progressione basato sull’acquisto di navi gradualmente sempre più potenti e sul commercio. È un’opera ricchissima di meccaniche avanzate, con un sistema di controllo della propria astronave complicato ed estremamente gustoso, e che non fa sconti di alcun tipo. Butta il giocatore nel vuoto spaziale e gli dice “ora vai”, senza nemmeno mettere le rotelline ai reattori per dargli una mano.
Lo spirito, insomma, è sempre quello dei titoli che l’hanno preceduto. Ed è una cosa che ho notato anche guardando i tanti appassionati che giravano per il museo, quasi tutti adulti con famiglie e una spiccata passione per i videogiochi, probabilmente cresciuti a pane ed Elite quando erano piccini e ancora oggi esaltati all’idea di poter riscoprire un titolo di quel tipo. C’è da capirli, pochi titoli sono in grado di conquistare come fa Elite, in particolare se si dispone di una postazione pensata attorno all’Oculus Rift. Con il visore l’esperienza è fuori di testa, pare a tratti di essere realmente nel cockpit di una nave stellare, e se si usano un joystick e una leva per l’accelerazione è possibile osservare le mani del pilota sui comandi come se fossero le proprie.
Lasciatevelo dire, se avete intenzione di acquistare un Oculus in futuro, forse Elite sarà uno dei migliori giochi con cui testarlo. La sola possibilità di girare la testa permette di seguire le navi al meglio nelle dogfight, di attivare al volo armi secondarie e altri comandi della nave con un semplice sguardo allo schermo di destra, e di gestire senza troppi problemi le comunicazioni con le basi stellari e i propri compagni di stormo.
Ma veniamo alle novità, perché il nostro primo dubbio sull’opera di Braben e Frontier erano i contenuti, ancora troppo randomici e limitati per conquistare a lungo il giocatore medio. Beh, pare che le cose siano cambiate: in Elite si commercia o si può combattere in specifiche zone “calde” dei sistemi per guadagnare qualche soldo a forza di taglie, tuttavia è possibile anche eseguire missioni di contrabbando e svariati altri compiti assegnati casualmente nelle stazioni spaziali, è stato recentemente introdotto il mining, che permette di ottenere preziosi materiali dagli asteroidi, le missioni sono aumentate, e durante l’evento è stata mostrata una nuova tipologia di nave gigante, l’Imperial Majestic Class Interdictor, non più limitata alle zone di guerra ma in grado di teletrasportarsi in un luogo per aiutare la sua fazione quando questa inizia a subire perdite eccessive. La battaglia mostrata in video è stata spettacolare, con momenti che per certi versi ci hanno ricordato Guerre Stellari, finché l’enorme nave non è fuggita nell’iperspazio, così come era giunta.
Non è esattamente poca roba da assorbire, e ad ammorbidire il compito ci pensano alcune missioni di allenamento, che facilitano l’apprendimento delle tecniche base per combattere e spostarsi di galassia in galassia. Saranno disponibili a chiunque abbia preordinato il gioco, ma ci sembra ancora riduttivo per introdurre i neofiti nell’universo di Braben, chissà quindi se vedremo apparire un tutorial più completo in futuro.
Storie stellari
Non è finita qui ad ogni modo: gli sviluppatori, durante una chiacchierata svoltasi qualche giorno prima, ci hanno confermato la volontà di inserire nel titolo anche delle storyline legate alle missioni, e una serie di quest pensate per rendere ancor più variegata e appassionante l’avventura di ognuno. Ci saranno ad esempio scelte morali in certi compiti, che porteranno a inimicarsi alcune fazioni nel caso si decida di puntare al guadagno facile o a ottenere il loro supporto una volta scelta la via più ardua. Una trovata molto interessante, e siamo sinceramente curiosi di sapere come verrà applicata.
Il secondo dubbio su Elite: Dangerous riguarda i suoi aspetti social. Il titolo è ancora molto limitato per quanto riguarda la formazione di gruppi e gilde, senza opzioni interne degne al di fuori della semplice volontà dei giocatori di avanzare in compagnia. Ora però che è stato eliminato l’offline (con prevedibile risposta negativa da parte del pubblico “vocale” internettiano) è probabile che vedremo arrivare cambiamenti anche in questo campo, magari supportati dall’ultimo annuncio, quello dell’app mobile ufficiale del gioco. Vero, parte del fascino di Elite sta anche nel poterselo godere in solitudine, ma aggiungere la chance di creare organizzazioni virtuali in modo simile a EVE assicurerebbe un ulteriore balzo di qualità al prodotto, offrendo ai fan ancor più libertà di approcciarlo come preferiscono. Resterebbe un videogame creato senza piegarsi ad alcun compromesso, solo più organizzato.
Adesso resta da vedere quali saranno gli sviluppi futuri, e se Braben inizierà ad allargare la sua già notevole visione in modo simile a quanto sta accadendo con Star Citizen (noi sinceramente preferiamo la concretezza di Elite alle promesse di quest’ultimo) o se si concentrerà sulle basi poste per renderle perfette. Indipendentemente da tutto, comunque, ci troverete a gironzolare tra le stelle.
Il suggestivo evento di presentazione di Elite: Dangerous ha mostrato un gioco già molto solido ma con possibilità di crescita enormi, e capace di mantenere intatto il fascino dei suoi storici predecessori. Al momento, nella “trinità” di giochi spaziali in arrivo questo è indubbiamente il progetto più concreto, e ci affascina moltissimo. Non vediamo l’ora della sua uscita ufficiale, molto vicina, per iniziare a esplorare l’universo e valutare le effettive potenzialità del lavoro di Frontier.