San Francisco – Più che fan, gli appassionati di Blizzard sono adepti: è un altalenante rincorrersi di amore e odio quello che muove i giocatori legati alle epiche saghe dello sviluppatore californiano, amore per la grandissima qualità dei prodotti, e odio per la lentezza con cui questi vengono immessi sul mercato.Più che odio si tratta di bisogno, un bisogno quasi fisico di avere tra le mani la nuova avventura di Protoss e Zerg, l’ultimo capitolo dell’epopea di Warcraft, o della saga ambientata a Sanctuary, terra infestata dalla mefistofelica presenza di Diablo, il signore del terrore.La fila più lunga che abbiamo visto dipanarsi per gli ampi corridoi del Moscone Center di San Francisco, nel corso della Game Developers Conference 2012, è stata quella per assistere alla conferenza: “L’arte di Diablo 3“, tenuta da Christian Lichtner, Art Director di Blizzard Entertainment. Scopriamo insieme quali sono stati passaggi che hanno portato alla direzione artistica che possiamo apprezzare nelle immagini della beta.
Un’arte senza tempo
Proprio l’obbiettivo di creare uno stile grafico in grado di non subire il passaggio degli anni è tra le linee guida principali seguite dalla squadra di artisti al lavoro su Diablo III, bisogna fare in modo di disegnare qualcosa insieme innovativo e classico, ma soprattutto fedele alla serie. Questo perché, e Christian Lichtner l’ha detto con un sorriso beffardo, i giochi Blizzard sono giocati per tanti, tanti anni, prima di essere sostituiti dal successore.Un’altra linea guida da cui non si può prescindere è quella dettata dalla funzionalità, dato che l’aspetto visivo di un titolo deve essere al servizio del suo gameplay, e così vanno individuate quelle caratteristiche fondamentali di Diablo III che devono risaltare anche a livello grafico: abbiamo un’epica lotta tra il bene e il male in un action-rpg veloce e pieno d’azione, caratterizzato da atmosfere gotiche e dark-fantasy, con visuale isometrica e grossi globi per vita e mana.
Fissati questi punti fermi, il passaggio successivo è quello di individuare lo stile grafico che si vuole utilizzare, e non stupisce sapere che, nelle prime fasi d’ideazione, andava per la maggiore una rappresentazione più tendente al fotorealismo.Il problema che è sorto utilizzando delle texture più vicine alla realtà, però, era di quelli che rischiano di rovinare completamente l’esperienza di gioco: così facendo, infatti, le immagini non erano facilmente leggibili, e personaggi e ambienti si mescolavano tra loro disorientando il giocatore e andando a cozzare con la necessità di immediatezza dovuta al gameplay ricco d’ azione. La virata verso lo stile che vediamo oggi, dunque, è dettata principalmente da ragioni di giocabilità, ed ha portato a quel mix di mondo fantastico, e credibilità.
Anatomia di uno screenshot
Il gioco, da un punto di vista artistico, dev’essere visto come la tela su cui dipingere l’azione, un dipinto in movimento che ha quindi bisogno di ulteriori livelli di equilibrio visivo. La progressione dei colori acquista così un’importanza decisiva, dato che è necessario dare un certo ritmo alle scelte cromatiche alternando le tonalità più diverse.Volendosi soffermare invece su un singolo screenshot, una frazione che potrebbe sembrare infinitesimale da un punto di vista quantitativo, ci si rende conto della mole di lavoro necessaria per il risultato finale.Prima di tutto dobbiamo individuare tre livelli all’interno di una sola immagine, e trattarli separatamente così come hanno fatto in Blizzard.
Il primo livello, quello che potremmo definire lo sfondo, è composto da un’ambientazione che deve stare in equilibrio tra il mondo immaginario e un’ipotetica, misteriosa, zona del nostro pianeta.
Come dicevamo nel primo paragrafo è fondamentale che la direzione artistica sia al servizio del gameplay, è così che la saturazione dei colori e il contrasto sono molto bassi in questo livello, e i contorni sono sfumati al nero come a creare una cornice cromatica.
Il livello di mezzo è quello in cui trovano posto il protagonista, gli npc e gli effetti delle magie, è evidente quindi che sia il livello più importante verso il quale devono indirizzarsi le attenzioni del giocatore. Per rinforzare questo ruolo abbiamo un’illuminazione diversa, maggiore contrasto e maggiore saturazione, ad aiutare la leggibilità dei personaggi contribuisce anche il loro design: dev’essere intuibile anche solo al primo sguardo se si tratta di caster o di melee per esempio, senza però disegnare banalizzazioni delle categorie.Un discorso simile va fatto per i mostri, che godono anch’essi di un illuminazione particolare e soprattutto dei contorni rossi che ci permettono di individuare chi sia nel mirino, una soluzione preferita alla semplice illuminazione proprio per questioni di giocabilità.Da ultimo parliamo delle skill, le magie, che sono la componente più saturata e visivamente esuberante in assoluto, così da trasmettere al giocatore una sensazione di vera e propria potenza.Il terzo, e ultimo, livello che trattiamo è quello più superficiale, occupato dalla barra delle abilità e dalle informazioni a schermo: essendo l’interfaccia un elemento astratto, il rischio da evitare è quello di farla risultare come appiccicata artificialmente al mondo di gioco. Da qui la caratterizzazione gotica e dark-fantasy e, soprattutto, le familiari sfere rossa e blu rappresentanti punti vita ed energia magica.
Creare un mondo plausibile
Abbiamo più volte, nel corpo dell’articolo, parlato di quanto sia importante, pur rimanendo al di fuori del fotorealismo, creare un mondo di gioco che sia almeno immaginabile come possibile. Creare questa sensazione non è compito soltanto delle ambientazioni, visto che un ruolo importante è giocato da mostri, oggetti ed eroi.La parola d’ordine, ancora una volta, è leggibilità: l’anatomia delle creature può essere azzardata quanto si vuole, l’importante è che sia chiaro al colpo d’occhio di cosa si tratta e che tipo di minaccia rappresentino. Una differente gestione del colore, a seconda delle parti del nemico, permette di evidenziarne le armi e di sfumare quelle zone non ritenute rilevanti, quando si tratta di demoni, poi, è fondamentale caratterizzarli in maniera da suggerire una qualche gerarchia tra di loro. Per fare questo l’idea migliore è quella di usare armi e armature, che presuppongono per la loro creazione un discreto sviluppo dal punto di vista sociale, e permettono di differenziare il livello del demone incontrato, arrivando fino all’aggiunta di orpelli meramente estetici nel caso dei demoni maggiori che devono sembrare addirittura vanitosi. A questo discorso non sfugge lo stesso Diablo che, durante lo sviluppo, è stato declinato in decine e decine di versioni diverse fino a trovare quella definitiva che incontreremo nel gioco.
Chiudiamo con un breve passaggio sui set di armature: quelli base hanno lo scopo principale di identificare il guerriero che li indossa, non ci devono essere dubbi sul fatto che si abbia di fronte un barbaro piuttosto che uno stregone. Più avanti nel gioco, invece, è l’idea di potenza a farla da padrone, sacrificando un po’ la leggibilità immediata in favore di una maggiore appariscenza.
Come abbiamo potuto vedere, l’aspetto grafico e artistico gioca un ruolo fondamentale in un prodotto di altissima qualità qual è Diablo III. Del resto, è rinomata l’attenzione che Blizzard dirige verso ogni caratteristica dei suoi prodotti, e in particolare verso l’aspetto artistico, vero punto di forza dello sviluppatore. La conferenza cui abbiamo assistito ha confermato, ancora una volta, che se Blizzard è così osannata da pubblico e critica un motivo valido c’è. Non perdete di vista le pagine di Spaziogames, perché da qui all’uscita del gioco continueremo a tenervi aggiornati.