Dan Abnett, lo scrittore di Dungeon Hunter Champions

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a cura di Matteo Bussani

Per l’occasione dell’uscita di Dungeon Hunter World, MOBA Like, sviluppato da Gameloft, abbiamo avuto l’occasione di intervistare Dan Abnett, noto scrittore di fumetti, romanzi e sceneggiature. L’autore ha infatti in prima persona la sceneggiatura del gioco, che nonostante la natura mobile si appresta ad avere una marcia in più anche sul fronte narrativo. L’occasione è stata particolarmente ghiotta per cercare di approfondire ciò che si cela dietro alle quinte dello sviluppo di un gioco di questo genere, tra la caratterizzazione dei personaggi e il contesto per unire il tutto.
SG: Ciao Dan, dopo quello che hai fatto come sei finito a scrivere le sceneggiature dei videogiochi? Sei un giocatore – se sì, qual è stata la tua prima esperienza videoludica? Qual è il tuo genere preferito?
Dan: Devo confessare: non sono un giocatore! Per una lunga parte della mia vita, ho scritto fumetti e racconti (sebbene da giovane in effetti ero un giocatore, nel senso di giocatore dei giochi di ruolo, che ho sempre amato). Circa dieci anni fa, fui contattato da una Software house, che mi chiese di lavorare sulla storia, sui personaggi e sull’ambientazione. Basandosi sui miei precedenti lavori, credevano che avrei potuto gestire la creazione della storia, e quello fu il motivo per cui mi assunsero. Il lavoro fu entusiasmante, e si evolvette in tanti progetti, alcuni davvero importanti.
Penso, alla fine, che la mia mancanza di conoscenza (dei videogiochi) divenne una carta da giocare: ero l’unico preparato a fare la “domanda stupida, ma spesso quella domanda, faceva scaturire alcune interessantissime risposte. 
In ogni caso, sono sempre attratto dal gioco, ma sono spaventato che possano piacermi troppo. Se mi fissassi sui giochi, probabilmente non riuscirei a terminare alcun lavoro. 
SG: Quanto differisce scrivere di videogiochi, da scrivere fumetti o un romanzo?
Dan: Prima di tutto, ci sono tante cose simili, un sacco di skill in comune. Lo sforzo creativo è lo stesso, ma grande parte del lavoro di scrittura (come quello dell’ambientazione) rimane dietro le quinte, come parte dello sviluppo. Penso che solo una piccola parte di quello che scrivo finisca nelle mani del giocatore sotto forma di parola. In un romanzo, per esempio, praticamente tutto ciò che scrivo finisce al lettore come prodotto finito, ma in un gioco tanto viene filtrato, e sviluppato, dal gioco stesso.
In più, c’è grande soddisfazione nella lavorare come parte di un team, con le menti in continuo fermento, e questo è un cambiamento importante rispetto alla solitaria vita da romanziere. 
SG: Nel caso di Dungeon Hunter Champions, quali furono le richieste di sviluppatori e produttori? Quanta libertà hai avuto durante la scrittura?
Dan: Già loro avevano un mucchio di idee e interessanti basi. Sapevano come volesse che il gioco fosse. Io ho dovuto solo dare un senso all’ambientazione, ai personaggi e alle premesse che li guidano. Dovevo creare i retroscena e le logiche leganti. Così, in questo senso, ebbi tanta libertà, specialmente agli albori della produzione, per poi restringere il campo una volta trovata la strada che funzionava bene. Sono sempre stato aperto a nuove idee – per i personaggi, per esempio. Mi mostravano dei design, e cercavamo come costruire il personaggio, pensando a come sarebbe stato una volta completato il lavoro.
SG: Queste cose sono anche legate al fatto che si tratta di un gioco mobile?
Dan: Beh sì, dev’essere veloce e immediato – come d’altronde dev’essere un gioco mobile. Ti deve catturare. Ma volevamo davvero riuscire a trattenere quell’immediatezza riuscendo a fornire contenuti, velocemente e senza impegno. Pian piano, giocando, si sarebbero compresi maggiormente l’ambientazione e le premesse.
SG: Che tecnica usi per far sì che la gente si appassioni in sessioni di gioco così brevi? Quanto è più difficile del preventivato?
Dan: Molto di più. Durante una sessione poco impegnata, non vuoi appesantirti con temi e lore. E’ una questione di dosare il tuto, così che si accumuli senza rallentare il divertimento e l’azione.
SG: Alcuni giochi dimostrano che un collegamento profondo tra il gameplay del personaggio, il suo aspetto e il suo background, è fondamentale per far sì che egli diventi memorabile. C’è qualche altro suggerimento che ci vuoi dare?
Dan: Io penso in termini di personaggi e carattere, cercando di creare background che siano più di semplici premesse. Le loro origini e le loro storie influenzano il modo in cui lavorano e il modo in cui giocano, rendendoli unici.

Con l’uscita di Dunger Hunter Champions, abbiamo avuto l’occasione di intervistare in via telematica Dan Abnett, scrittore della sceneggiatura del gioco. L’occasione è stata ghiotta perchè ci ha permesso di capire non solo come si trasforma un uomo che ha dedicato tutta la sua vita a un certo tipo scrittura, passando alla sceneggiatura di videogames, ma anche come essa funziona.

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