DOOM - Una Retrospettiva Infernale - Parte II

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a cura di Mapaan

Il successo di Doom è stato talmente notevole negli anni ’90 che sarebbe stato strano anche soltanto pensare ad un lieve calo nel periodo appena successivo, eppure la saga – così come ID Software – non se l’è passata proprio alla grande negli ultimi anni. Cerchiamo dunque di analizzare la seconda fase (Qui trovate la prima) del franchise, sicuramente meno felice e più complessa della prima, sottolineando inoltre l’acquisizione di ID Software nel 2009 da parte di Zenimax e l’addio di John Carmack nel 2013. 
Terzo Atto
Nel 2001 comincia ufficialmente una nuova fase per la serie di Doom, con la conferma dello sviluppo di un nuovo capitolo della saga. ID Software però sapeva bene quanto fosse importante continuare a mantenere lo sguardo verso il passato: nel settembre dello stesso anno infatti esce una collezione completa contenente Doom, Doom II: Hell on Earth, Ultimate Doom e Final Doom. Inizialmente il terzo capitolo della saga sarebbe dovuto essere pronto nel giro di un paio d’anni, ma i tempi di sviluppo si allungarono sempre di più enfatizzando lo stato di attesa dei milioni di fan della serie. In questi anni di pausa del brand va a ritagliarsi una fetta sempre più importante il mondo delle mod dei primi due episodi, ritenute da tutti come delle “seconde vite” e ormai parte fondamentale della community di giocatori su PC. 
Il 14 Luglio 2004, Doom 3 entra invece in fase di Gold per poi uscire ufficialmente il 3 Agosto in USA ed il 20 dello stesso mese in Europa, ripagando così una lunghissima attesa di quasi quattro anni. Il gioco arrivò invece su Xbox, in un’edizione contenente anche i primi episodi, nell’aprile del 2005. Questo terzo capitolo si presenta sempre come uno sparatutto “classico”, con qualche differenza strutturale rispetto al passato che modifica il semplice obbiettivo riguardante l’eliminazione dei nemici per la liberazione dei vari settori; i livelli sono maggiormente “diluiti” e il ritmo risulta scandito meno brillantemente, con una velocità più bassa rispetto ai due precedenti capitoli. La trama è molto simile a quella del primo episodio; per molti, Doom 3 è infatti da considerare più come un reimagine della saga che come un vero e proprio sequel. Per questo motivo, mostri ed armi sono stati riproposti più che degnamente ma hanno subito soltanto cambiamenti davvero marginali, il più importante dei quali riguarda l’introduzione del Soul Cube, un’arma (anche se non proprio da considerare tale) che è possibile utilizzare ogni qualvolta si uccideranno cinque nemici e che va a ricaricare l’energia vitale del protagonista. 
Nel gioco, il personaggio principale sarà nuovamente un Doomguy, ma non il medesimo dei due precedenti titoli della serie, che viene trasferito all’interno di una base di ricerca UAC come guardia di sicurezza; dopo alcune vicissitudini si aprirà un portale per l’Inferno dal quale fuoriusciranno diverse creature demoniache. 
Non vogliamo scendere ulteriormente nei dettagli, vi basti sapere però che il titolo ripropone molto del passato e dà un risalto maggiore – pur rimanendo minimo – alla narrazione. 
Tuttavia, il ritmo non scandito alla perfezione e la scelta di Carmack e soci di mettere in risalto ambienti angusti e claustrofobici, con un level design tutt’altro che brillante e ponendo gran parte dell’avventura al chiuso (escludendo così, quasi del tutto, la presenza di spazi aperti), non ha convinto del tutto lo zoccolo duro dei fan. Sia chiaro, il gioco venne accolto benissimo, sia dalla critica che dal pubblico generale, ma probabilmente i fan si aspettavano comunque qualcosa di più. Sicuramente la scelta di strutturare i livelli al chiuso ha giocato una parte importante nella creazione di un certo tipo di atmosfera, d’impatto e piena di tensione, ma allo stesso tempo ha indisposto alcuni videogiocatori che andavano a chiedersi quanto ci fosse realmente di Doom in Doom 3
Anche l’aggiunta della torcia, fondamentale per orientarsi all’interno delle buie ambientazioni, ha fatto storcere il naso perché non integrata perfettamente nel sistema di equipaggiamento: non era possibile utilizzarla mentre si sparava e doveva essere selezionata manualmente ogni qualvolta la si volesse equipaggiare. 
Dove Doom 3 invece ha convinto davvero tutti è sul piano tecnico: con il suo “nuovissimo” id Tech 4 parliamo di uno dei giochi che più ha cercato di alzare l’asticella dell’impatto grafico in quegli anni. Da lodare soprattutto il sistema di illuminazione eccellente, che ha permesso la realizzazione di ambientazioni realistiche e immersive, oltre ai grandi passi in avanti per quanto riguarda gli effetti particellari; inoltre Carmack decise di utilizzare il sistema di Stencil Shadow per donare maggiore realismo alle ombre. Ottimo anche il comparto sonoro che contribuisce notevolmente ad aumentare la qualità dell’esperienza generale (Chris Vrenna e Clint Walsh si occuparono della main theme del gioco). Era ovviamente presente anche il multiplayer, tramite connessione ad internet, che permetteva di giocare inizialmente in quattro differenti modalità oppure in partite personalizzate; i fan ID Software si divisero nel pensiero generale riguardante tale comparto. Alcuni avevano gradito le differenze rispetto a Quake, vero punto di riferimento per il multiplayer arena su PC; altri invece criticarono aspramente il trattamento riservato al bilanciamento dei diversi elementi e la mole di contenuti non soddisfacente. 
La Risurrezione del Male & un’Edizione BFG! 
Alcuni mesi dopo l’arrivo di Doom 3 sul mercato, ID Software confermò lo sviluppo di un’espansione che avrebbe aggiunto nuove aree, armi e nemici e che avrebbe ripreso molti elementi del passato. Chiamata Resurrection of Evil, tale espansione, co-sviluppata con Nerve Software, venne pubblicata il 4 aprile 2005 su PC e l’11 ottobre dello stesso anno su Xbox; vengono aggiunte, come promesso, tre nuove armi (grabber, hellstone, shotgun), tre nuovi mostri (Forgotten One, Vulgar, Bruiser) e due boss inediti. 
Mentre il lavoro sui mostri e sui boss è riuscito a convincere i fan del franchise, ciò che maggiormente fu ricettacolo di critiche riguarda invece le armi; non la doppietta, sostanzialmente ripresa da Hell on Earth ma il grabber, a detta di molti esageratamente simile alla gravity gun di Half-Life 2; si trattava sempre di un’arma basata sulla fisica che permetteva di muovere oggetti e catturare proiettili. ID si difese dalle critiche affermando che il grabber in realtà non fu ripreso da Half-Life 2 e che fosse già presente nella prima versione di Doom 3, ma venne eliminata all’ultimo perché poco ben integrata nel gioco.
L’espansione vi metteva nei panni di un marine/ingegnere al lavoro per la dottoressa Elizabeth McNeil, già nota ai videogiocatori del titolo base, che veniva mandato su un satellite di Marte in seguito alla scoperta di strani segnali audio da parte dell’UAC. Senza entrare ulteriormente nel dettaglio, possiamo dirvi che gli eventi si svolgono due anni dopo quanto successo in Doom 3, sviluppandosi all’interno di undici livelli inediti; l’intero plot narrativo ruota attorno a uno specifico artefatto da riportare all’inferno. Da segnalare inoltre un gradevole finale, che lascia libero spazio alle interpretazioni dei giocatori. 
Resurrection of Evil contiene anche alcune novità per gli amanti del comparto multigiocatore con quattro nuove mappe e un supporto aumentato a otto giocatori. A più di otto anni dall’uscita del gioco, nell’ottobre del 2012 è stato pubblicato Doom 3: BFG Edition per PC, Xbox 360 & Playstation 3; tale edizione si presenta come una rimasterizzazione/collection con l’obbiettivo di riaccendere la curiosità di tutti verso il franchise di DOOM prima di un ipotetico e tanto rumoreggiato nuovo capitolo, riuscendo ad essere un perfetto starter point anche per chi volesse avvicinarsi per la prima volta al brand. Il pack in questione contiene la versione HD di Doom 3, con nuovi effetti grafici ed un nuovo sistema di checkpoint e comprende anche Resurection of Evil e un nuovo contenuto single player chiamato “The Lost Mission”. Inoltre, all’interno sono presenti l’originale Doom ed il suo sequel, Hell on Earth, con relative espansioni. 
Stiamo Parlando Sempre di Doom?
Avrete ormai capito che dall’inizio degli anni 2000 in poi, la grande serie di ID non ha passato un periodo proprio grandioso, o almeno non con i passi in avanti netti che ci furono nel periodo precedente. La serie di Doom tuttavia merita un paragrafo a parte che possa farvi capire che non parliamo solo ed esclusivamente di una IP legata al mondo dei videogiochi, ma di una serie che va a legarsi narrativamente ad altri media con elementi cardine inseriti in tutto quello che non è parte di questo settore. 
Con il permesso di ID Software, Brian Lenaweaver scrisse nel periodo successivo alla pubblicazione di Hell on Earth una saga comprendente ben quattro libri: Knee Deep in the Dead ed Hell on Earth erano ispirati ai primi due titoli della serie, mentre gli ultimi due, Infernal Sky ed Endgame, avevano contenuti inediti. 
Pubblicati tra il 1995 ed i primi mesi del 1997. ebbero un discreto successo e i fan di Doom cominciarono a chiamare il doomguy con il nome del protagonista dei libri, ovvero “Flynn Taggart”. Per tentare di coprire alcuni buchi narrativi lasciati da Doom 3, nei primi mesi del 2007 ID darà poi il via libera a Matthew Costello per la scrittura di due nuovi libri canonici, usciti tra il 2008 e il 2009. 
Tornando un po’ indietro, nel 1996, cavalcando l’onda del successo del franchise Tom Grindberg della Marvel pubblicò un albo unico a fumetti ispirato alla saga; chi riuscì a leggere il fumetto in questione, che venne regalato ad una fiera di videogiochi che si tenne in quei mesi, lo criticò aspramente per via dei dialoghi banali e per la scarsa similitudine generale con la saga videoludica. Nel 2003 viene invece pubblicato il libro Masters of Doom, scritto da David Kushner, in cui viene analizzata a 360° la storia di ID Software, dei suoi membri ed ovviamente di Doom; si tratta di una lettura estremamente consigliata a chiunque voglia capirne di più. 
Successivamente, nel 2005, vengono commercializzati un board game ed un film… Sì, avete capito bene, dopo anni di rumor che avevano fatto sognare i fan, ecco finalmente un film totalmente basato su Doom. Sfortunatamente, il risultato non fu quello sperato. Diretto da Andrzej Bartkowiak e sceneggiato da David Callaham e Wesley Strick il film è uscito il 21 ottobre 2005 negli Stati Uniti e il 17 marzo 2006 in Italia; pessimi furono gli incassi, inoltre il film venne pesantemente stroncato dalla critica e non riuscì a convincere neanche i fan. In primis perché soltanto pochissimi elementi del gioco vennero davvero ripresi e invece molti aspetti fondamentali (come la discesa negli inferi) vennero trattati con estrema leggerezza o addirittura ignorati. Nel 2009, l’attore protagonista Dwayne Johnson. in un’intervista definì il film come un chiaro esempio di “provare e fallire” e di “tutto quello che non andrebbe fatto” nella costruzione di un adattamento cinematografico basato un videogioco. Restando invece in ambito gaming e cercando di analizzare l’aspetto di Doom legato al mondo degli spin-off dobbiamo segnalare, oltre Doom 64 di cui abbiamo parlato nello scorso episodio, anche i titoli mobile Doom RPG, Doom RPG 2 e Doom: Resurrection. I primi due sono titoli fortemente sperimentali che cercano di fondere gli elementi classici della saga con un gameplay da gioco di ruolo; Resurrection invece è da considerare a tutti gli effetti come un FPS e cerca di proporre in ambito mobile quanto visto su console e PC con Doom 3.
Presente & Futuro… 
In seguito all’uscita di Doom 3, ID Software ha confermato che si sarebbe concentrata non solo su Quake e sulla serie di Doom, ma anche su una nuova IP nota poi come Rage e uscita nel 2011. Se però in quegli anni “qualcosa” di concreto con Quake è stato fatto, con Doom invece (Doom 3: BFG Edition a parte) praticamente nulla. Il 7 maggio 2008 infatti è stato annunciato l’inizio dei lavori su Doom 4, che avrebbe sfruttato l’id Tech 5. ma il progetto è stato circondato dal totale silenzio per quasi quattro anni, con ID che durante i mesi finali del 2011 ha confermato invece che lo sviluppo del gioco era ripartito da zero. Tutto ciò che era stato fatto fino a quel momento venne cestinato. 
Da considerare anche che nel 2009, ZeniMax Media, nota principalmente per Beteshda Softworks, ha acquistato ID Software e le sue IP. Nel 2013 Carmack ha dato l’addio al team che ha contribuito a creare e di cui è stato il volto fondamentale per anni, inserendo così ulteriori elementi di non facile gestione nello sviluppo del progetto. A ogni E3 e a ogni edizione del QuakeCon tutti i fan di DOOM aspettavano qualche segnale, ma purtroppo non arrivava mai nulla; soltanto all’E3 del 2014 è stato finalmente pubblicato un teaser del gioco, rinominato semplicemente Doom, con la conferma quindi che si sarebbe trattato di un reboot/reimagine della serie, oltre che dell’abbandono della numerazione classica. 
Lo sviluppo del quarto capitolo di questa serie è stato definito da tutti, sia dalla stampa che perfino dai membri del team, come davvero “infernale”. Non vogliamo dilungarci ulteriormente però nella descrizione di un gioco che ancora molti di voi devono giocare e di cui potete leggere di più nella recensione disponibile sulle nostre pagine. Ci basti sapere che con nuovi trailer, alpha e beta giocabili il prodotto è sembrato sempre più vicino che mai ad uscire e finalmente il 13 maggio 2016 è arrivato tra le nostre mani; un prodotto di qualità che nella sua componente single player è riuscito a convincere davvero tutti, in particolare i fan della saga. Da segnalare il lavoro svolto sul comparto sonoro con un Mick Gordon più in forma che mai. Il gioco sembra inoltre sia riuscito a vendere abbastanza bene ed il team è sembrato davvero entusiasta di tale accoglienza, promettendo nuove esperienze ID in futuro; siamo sicuri dunque, che con DOOM, questo sia soltanto l’inizio… un nuovo inizio.  

Non è facile dire con certezza cosa abbia in serbo ID per il futuro di Doom, ma considerando il tutto, è auspicabile e molto probabile che questa serie “infernale” tornerà e non con i tempi lunghissimi che abbiamo visto intercorrere tra il terzo capitolo e l’ultimo, uscito appena un mese fa, dopo più di dieci anni di pausa. Restiamo inoltre assolutamente fiduciosi per la gestione del brand da parte di ZeniMax, che sicuramente sarà capace di non fare gli stessi passi falsi commessi da “altri” nella seconda fase della storia di Doom, che oggi abbiamo analizzato e che riguarda questo primo decennio del 2000. Intanto, il nostro intento con questo speciale era quello di ricordare a tutti, quanto importante sia stata la creatura di ID nella storia del videogioco in quanto tale e speriamo di aver fatto riaffiorare dei bei ricordi ai fan e contemporaneamente di essere riusciti ad incuriosire chi non ha mai avuto il piacere di giocare neanche un capitolo di Doom.

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