Già da diversi anni, noi giornalisti di settore stiamo rivalutando l’effettiva utilità che le fiere di settore avranno nel prossimo futuro. I cambiamenti, nonostante qualche oltranzista si ostini a non ammetterlo fino in fondo, sono piuttosto evidenti e sono riconducibili anche a una revisione radicale delle strategie di comunicazione di publisher e studi di sviluppo.Se persino la fiera più importante e significativa ha dovuto aprire le porte al pubblico, è chiaro quanto la trasformazione stia diventando un processo necessario affinché i maggiori eventi videoludici dell’anno rimangano tali, ma il rischio è che col passare degli anni possano rivolgersi ai soli consumatori.
I tempi che cambiano
L’appeal è in netto calo, gli annunci importanti anche, e la sensazione che le fiere stiano ormai diventando sempre più consumer e meno adatte agli addetti ai lavori si fa davvero pressante. La Gamescom, già da diversi anni, è una blanda ripetizione di tutto ciò che viene mostrato a Los Angeles, con rarissimi casi in cui fiocca fuori qualcosa di davvero rilevante. D’altra parte, se stiamo assistendo all’abbandono graduale dei publisher, è evidente quanto la formula non funzioni più come prima e perché il fascino della fiera più importante d’Europa abbia dovuto cedere il passo ai singoli eventi organizzati in posti e momenti dell’anno diversi. I motivi sono tanti e variano da azienda ad azienda, ma emerge una linea di condotta comune che vorrebbe bypassare il filtro (sempre necessario) della stampa per arrivare direttamente ai consumatori.EA e gli altri grandi colossi, in tal senso, sono stati molto chiari; ma anche Nintendo, coi suoi Direct, ha tracciato la sua strada fatta di mini eventi in streaming e nessuna conferenza in vecchio stile. Durante questi appuntamenti, Il compianto Satoru Iwata esordiva dicendo che si trattava di comunicazioni rivolte ai consumatori, “directly to you“, e non è affatto diversa la nuova filosofia che anche gli altri stanno adottando.Avere la possibilità di decidere il quando, il come e il dove, è probabilmente il metodo più efficace per avere tutta l’attenzione necessaria e non correre così il rischio che alcuni prodotti passino in sordina, divorati dal mare magnum dei giochi presentati. Il numero è sempre molto elevato, se comprendiamo i progetti che emergono dal sottobosco, pertanto è logico che sia in passato, sia oggi, le possibilità di essere oscurati siano elevatissime: potrebbero raccontarvelo tutti gli sviluppatori indipendenti, coloro che presentano i cosiddetti “doppia A” e anche qualche nome più illustre che si perde per strada e affonda malamente ancora prima di gridare al mondo “Ci sono anch’io!”.
Concentrare tutto in pochi giorni non conviene davvero a nessuno: i giornalisti non riescono a coprire tutta l’enorme quantità di prodotti presentati e sono costretti spesso a dare visibilità a quelli più importanti, mentre diversi publisher rischiano seriamente di caricarsi di aspettative per poi rimanere delusi di fronte all’impassibilità del pubblico, attratto (e frastornato) dagli show fatti di lustrini e paillettes ma spesso con ben poca sostanza. Ormai si sa: chi d’apparenza s’ammanta è già un passo avanti, anche se le date di uscita non esistono ancora e i trailer sono montati ad arte per stupire, strabiliare e far credere anche solo per un attimo che quei giochi potremo goderceli prima di due, tre anni o forse più.
In vacanza vado alla Gamescom
Ma a cosa serve la Gamescom, che si propone al grande pubblico a soli due mesi di distanza dall’E3? Giornalisticamente è un appuntamento sempre meno rilevante, eppure la risposta del pubblico è anno dopo anno impressionante ed entusiasta, a dimostrazione del fatto che si tratta sul serio della fiera più importante d’Europa, ma solo per via dell’impressionante afflusso di persone che saturano i corridoi della Koelnmesse.
Abbiamo assistito al vero punto di rottura da quando Sony ha deciso di fare a meno della Gamescom affinché potesse approfittare di periodi diversi dell’anno per “spalmare” i propri annunci e pianificare in maniera ancora più strategica la gestione dei propri prodotti. Tra Paris Games Week e PlayStation Experience, è chiaro che il colosso nipponico non ha davvero nessun motivo per fare un passo indietro e sfruttare il periodo estivo (notoriamente quello meno proficuo) per annunciare qualcosa di nuovo. E visto l’andazzo, anche altre società hanno deciso di fare la stessa cosa: niente conferenze, niente annunci importanti, nessuna voglia di ripensarci. Il motivo? Quasi tutti, ormai, si stanno muovendo verso l’istituzione di singoli eventi che possano fungere da contenitore per i prodotti che arriveranno durante la prossima stagione videoludica, possibilmente senza essere contrastati da altri scomodi concorrenti.
Era lecito auspicarsi tutte le volte che Microsoft potesse cogliere la palla al balzo per diventare l’assoluta protagonista della Gamescom, ma per qualche strano motivo che dobbiamo ancora comprendere del tutto, l’azienda di Redmond non ha mai davvero affondato il colpo. Si è sempre limitata a fare il minimo indispensabile, dando qualche informazione in più sui giochi presentati all’E3, mostrando qualche video gameplay inedito e annunciando titoli buoni ma non in grado di rubare la scena.
Quest’anno deve essere diverso. Microsoft ha l’obbligo di rinfrancare qualche défaillance dell’E3 e di preparare la strada al lancio di Xbox One X, che necessita di esclusive di peso. Dopo il rinvio di Crackdown 3, la situazione sembra ancora più complicata, ed è chiaro che bisogna accelerare i tempi per centrare le finestre di mercato più importanti senza lasciare sguarnita la console per lungo tempo.
Per ritornare ad avere interesse nella Gamescom serve anche questo, assieme alla volontà da parte dei publisher di prenderla un po’ più sul serio, e non solo come una vetrina dove riproporre ciò che abbiamo già visto. I fatti evidenziano però una situazione in costante peggioramento, cartina tornasole del disinteresse ormai conclamato della grandi società, che preferiscono autogestirsi secondo le proprie modalità.
La Gamescom deve cambiare.
Se i 345.000 visitatori dell’anno scorso hanno segnato un nuovo record e attestano uno stato di salute invidiabile per la fiera tedesca, l’assenza dei “Signori del mercato” (presenti solo con dei padiglioni aperti al pubblico) lascia capire quale sarà il destino della Gamescom.
Se la quinta edizione dell’Indie Arena Booth (mille metri quadrati per oltre settanta studi di sviluppo) potrebbe essere ancora una volta una buona occasione per dare visibilità a chi solitamente ne ha poca, qualora si affiancassero anche i “doppia A” la fiera tedesca potrebbe davvero vivere una seconda giovinezza, riorganizzarsi e dare ottimi motivi agli addetti ai lavori per ritrovare quell’interesse che negli ultimi anni si è un po’ smarrito.
1) E voi, cosa ne pensate della Gamescom?
2) Che idea vi siete fatti della fiera e quanto la attendete?
3) Dovrebbe cambiare e riorganizzarsi o va bene così, orientata verso il consumatore e sempre meno ai giornalisti?
4) Ha senso allestire una fiera a meno di due mesi dall’E3?
Fatecelo sapere nei commenti.