Cosa mettere sotto l'albero?

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a cura di JinChamp

Nell’immagine di copertina, la gioia di due ragazzini che ricevettero un Nintendo 64 per Natale, diventati protagonisti di questo celebre video virale.
Manca poco a Natale. Una frase che ormai mi mette più depressione che gioia. Almeno ci sono i dolci tipici, i pasti festivi, gli addobbi e può capitare che sotto l’albero un genitore non sappia cosa mettere per il proprio figlio. Eventualmente in un secondo momento, lo stesso genitore si potrà pentire del proprio regalo quando si accorgerà – con colpevole ritardo – che il proprio dono è in realtà piuttosto violento, quindi “diseducativo” per un bambino di quell’età.Non è proprio un argomento all’ordine del giorno, eppure sempre più spesso leggiamo e sentiamo di genitori in apprensione, di psicologi che denunciano l’influenza dei videogiochi sui giovani, di ragazzi con gravi dipendenze o problemi di socializzazione che vengono con troppa facilità imputati all’utilizzo di computer e console.Questo articolo è destinato un po’ a tutti. Ai videogiocatori che si sentono spesso umiliati e offesi da certi discorsi, ma anche e soprattutto a chi non conosce bene il mondo videoludico, come il prototipo di genitore che, con tutto l’amore del mondo, vuole solo regalare a suo figlio qualcosa di bello per Natale.

I videogiochi non sono giocattoli – Il PEGI: questo sconosciutoQui c’è il perno principale della diatriba, almeno secondo l’opinione di chi scrive: nell’immaginario comune, i videogiochi sono per bambini. Nella realtà, neanche i giocattoli sono prerogativa dei bambini, figuriamoci i videogiochi. Esiste un bollino su ogni confezione, messo ben in evidenza con un numero e con un colore diverso abbinato. Quello è il PEGI, il sistema che specifica a quale fascia d’età è consigliato il prodotto, un po’ come l’equivalente del bollino colorato in TV. Né più, né meno.In Italia non è illegale che un ragazzino giochi o acquisti un titolo 18+. D’altro canto, risulta difficile credere che un ragazzino di 10 anni circa riesca a recarsi in un negozio di videogiochi con 70 euro in tasca per comprare qualcosa senza che né un genitore, un nonno, uno zio o un fratello ne sappia nulla. In ogni caso, il genitore che mette in mano 70 euro a un bambino senza curarsi di ciò che comprerà con una tale cifra, sta commettendo un errore. Se questo è ciò che succede, il genitore dovrebbe smettere di lamentarsi con gli altri e iniziare a riflettere sulle proprie azioni.I videogiochi non sono giocattoli, sono un medium. Come la televisione, come il cinema, come i libri. Nessun genitore farebbe leggere un romanzo erotico al proprio figlio, tanto meno gli farebbe vedere un film a luci rosse, pertanto per quale ragione il genitore dovrebbe parcheggiare il proprio figlio di fronte a un gioco con prostitute e chiari riferimenti sessuali? Cosa cambia, dunque, tra un videogioco e un film porno? La risposta risiede nella percezione e nell’informazione: se tutti hanno (più o meno) idea dei contenuti di un film erotico, una parte significativa del pubblico non ha idea di che cosa sia un videogioco, finendo inevitabilmente per sottovalutarlo e farne un uso improprio. Nell’epoca contemporanea, tuttavia, la cattiva informazione del genitore non ha giustificazioni: oggi tutti abbiamo i mezzi per documentarci, e l’industria videoludica grazie al PEGI fornisce anche al genitore meno attento la possibilità di capire quale genere di prodotto stia acquistando.

Agli albori del videogioco, i limiti tecnici restringevano in buona parte le tematiche che era possibile affrontare, rendendo necessarie diverse rinunce. Un gioco come Pong, ovviamente, non si poneva altro scopo che intrattenere uno o due giocatori simulando un tavolo da ping pong. In un Super Mario non si poteva certo pretendere una storia articolata, limitandosi quindi al cliché della principessa in pericolo da salvare attraverso l’interpretazione di un eroe – peraltro buffo e improbabile. Molti, però, non sanno che nello stesso periodo esistevano avventure d’altro genere, con una trama già più approfondita per l’epoca, che per ottenere il proprio scopo sacrificavano le possibilità di interazione. Se le avventure grafiche hanno saputo ritagliarsi uno spazio del cuore dei videogiocatori, quelle testuali erano una nicchia ancor più piccola in un mondo già di per sé costituito da una minoranza. Questo per dire che i videogiochi non sono mai stati pensati per i soli bambini ma per esprimere qualcosa, per fare divertire, per suscitare emozioni, per unire le persone. Non certo per dividere e allevare piccoli serial killer.Nell’era di internet, dove quasi tutte le informazioni sono alla portata di tutti in qualsiasi momento, credo sia doveroso informarsi. Un genitore che guarda un trailer di un film prima di andare con tutta la famiglia al cinema, può tranquillamente fare lo stesso per un videogioco da regalare a Natale, potendo trovare tutto ciò che gli serve sapere con estrema facilità. Potrebbe scoprire, con enorme sorpresa, che anche un gioco tanto criticato regolarmente come Grand Theft Auto può essere molto più che un inno alla violenza. Che dietro tutte le sparatorie, tutti gli inseguimenti, agli spacciatori, ai mafiosi e alle puttane si nasconde una satira forte, una critica sociale, uno spunto di riflessione che può essere colto solo da chi gli vuole prestare la giusta attenzione. Proprio come un libro, un videogioco non si giudica né dalla copertina né tantomeno da un “paragrafo”, ma può essere contestualizzato e compreso dal pubblico a cui esso si rivolge.

Educare, diseducare o passatempo?Dunque, cosa dovrebbe portare Babbo Natale? In primo luogo, chi intende regalare un videogioco dovrebbe andare in un negozio con una mezza idea del tipo di prodotto da acquistare. Affidarsi completamente al commesso di turno non porta sempre a risultati brillanti, tanto più se si tratta di uno di quei punti vendita di grosse catene che magari vendono di tutto e non solo videogiochi. Anche se nei negozi specializzati si trovano spesso persone competenti, in alcuni casi andare in negozio senza un’idea può essere un azzardo: informarsi prima è certamente più semplice, più diretto e privo di equivoci. Anche gli smartphone, ormai nelle tasche di chiunque, sono una valida risorsa last minute per trovare informazioni precise quando già ci si trova a dover scegliere guardando tra gli scaffali pieni. Nella scelta, il destinatario del regalo deve essere il punto di partenza. Parliamoci chiaro: i ragazzini sono spesso e volentieri attratti da tutto ciò che è 18+. Perché è divertente, perché è “da grandi”, perché i compagni di classe ci giocano già… insomma, le solite cose in cui tutti siamo passati a quell’età. Regalare però ad un ragazzino di 12 o 13 anni un gioco destinato ad un pubblico adulto, come può essere un GTA o anche un horror in stile Alien Isolation, probabilmente non si rivelerà una buona idea nella maggior parte dei casi. Il bollino del PEGI – tuttavia – deve essere interpretato dal genitore come una guida: la scelta può essere guidata dalla maturità del ragazzino in questione e dalla disponibilità di una figura adulta prona a partecipare alle sue sessioni di gioco.Avete mai sentito o letto la frase in TV, prima di un film o di una serie, dove si invita alla visione solo in presenza di un adulto? Per i videogiochi vale esattamente lo stesso principio. Una figura di riferimento che faccia da filtro tra il ragazzino e il videogioco, che lo aiuti a giocarlo non tanto per questioni legate alla difficoltà ma alla comprensione di ciò che viene trattato. Questo discorso può avere molteplici applicazioni, che possono essere barriere linguistiche – nel caso il titolo disponesse solo della lingua inglese – che di mera interpretazione della trama, delle azioni che si svolgono su schermo, in modo tale da mantenere sempre una prospettiva costruttiva ed educativa, anche laddove è difficile pensare ci possa essere. L’acquisto del videogioco da regalare non deve essere per forza la prima e ultima interazione da avere con esso, e magari potreste scoprire che videogiocare non deve considerarsi né una cosa per bambini, né un mostro che traumatizza le menti dei più giovani e li istiga alla violenza gratuita. Se invece non vi è possibile mettere in pratica tutto questo, limitatevi ad un gioco sportivo, un puzzle game o un platform o seguite in maniera religiosa il PEGI. Anche in questi casi, però, vi consigliamo di provare, anche in occasione delle festività natalizie, a fare una partita insieme ai più piccoli. Ne vale la pena, sempre.

Tutto questo viene proposto a titolo esemplificativo, per dare a chi legge uno spunto di riflessione, per porsi delle domande e da lì cercare di trovare delle risposte soddisfacenti. Questo è lo scopo di questo articolo: fare riflettere. Troppo spesso vediamo servizi in TV o articoli su siti e giornali che sparano a zero su tutto quello che è videogioco, con la presunzione di essere l’unica verità da accettare. Mi riterrei enormemente soddisfatto qualora qualche lettore iniziasse a vedere le cose da una prospettiva diversa dal solito, che promuova il dialogo, sia nei commenti in fondo a questa pagina che con amici e parenti, che faccia venir voglia di saperne di più invece che sentirsi sazi di presunte verità. Come diceva il buon vecchio Socrate, la conoscenza parte dalla consapevolezza di essere ignoranti.

Concludiamo questo articolo di “consigli per gli acquisti” e di approfondimento sul tanto criticato mondo dei videogiochi con una serie di auguri. Un augurio di buone feste, un augurio per il nuovo anno, l’augurio che il messaggio arrivi a chi ne potrà fare buon uso. Ad un genitore che potrà comprendere meglio quale regalo mettere sotto l’albero, per giocarci insieme piuttosto che lavarsene le mani una volta strappata via la carta decorata. A chiunque possa capire che i videogiochi non sono una seducente tentazione, quanto una forma d’arte, di intrattenimento e di interazione, in grado anche di diventare un potente mezzo di educazione, al contrario di quanto si possa pensare e dire. Giocate e divertitevi insieme e, di nuovo, buone feste!

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