I giocatori che seguono costantemente il panorama videoludico, cercano spesso di capire a chi appartengono i volti che si nascondo dietro la realizzazione del progetto che gli interessa. Le software house, d’altro canto, non sono dei loghi magici che se schiaffati su una copertina rendono il gioco fantastico. Dietro la zampa di Naughty Dog, così come dietro la erre stellata di Rockstar, si nascondono sempre personaggi con una marcia in più, individui che in qualche modo riescono a far proseguire l’intero team nella direzione giusta. Senza girarci ulteriormente attorno, oggi vogliamo parlarvi un po’ di Clifford “Cliffy B.” Bleszinski, game designer celebre per aver lavorato con Epic Games praticamente fin dai primi passi della compagnia. Tempo passato, perché come un fulmine a ciel sereno pochi giorni fa è spuntata la notizia dell’abbandono di Cliff, dovuto a quanto pare al semplice fatto che il quasi quarantenne sviluppatore, cresciuto in simbiosi con l’industria videoludica, aveva proprio bisogno di un bel break dalla stessa. Purtroppo non ci è dato sapere per quanto tempo l’uomo simbolo di serie come Unreal e Gears of War si terrà lontano dai giochi, ma vogliamo approfittare di questa occasione per fare il punto sul suo personaggio e su ciò che ha significato per il mondo dei videogiochi.
Le origini di CliffPer capire un po’ di più il lavoro svolto da Bleszinski, occorre senza dubbio dare un’occhiata a ciò che il game designer era prima di cominciare a creare giochi in maniera professionale (ovvero quando era un bambino). Lo stesso Cliff sottolinea in più di un’occasione di essere stato un vero “child of the 80s”, cresciuto a pane e film d’azione di quelli che ti fanno venir voglia di mettere una bandana e comprare fucili d’assalto in quantità industriale. Amava quindi le pellicole incentrate sui personaggi di Arnold Schwarzenneger o Sylvester Stallone, ma anche film più impegnati quali potevano essere Robocop o Predator. In questo senso non risulta difficile capire da dove sia nata l’esigenza di disegnare i personaggi di Gears of War come veri e propri tank umani, armandoli sì di pistole enormi e armature massicce, ma soprattutto di senso dell’onore e di valori genuini. Gli anni ottanta erano poi anche quelli delle band hair metal, dell’eyeliner attorno agli occhi degli uomini e di pantaloni tanto stretti quanto sgargianti. Evidentemente però, pur attraversando una fase glam, Cliff non fu mai particolarmente influenzato da quello stile nelle sue creazioni. Il genere musicale a lasciare il segno e fungere da fonte d’ispirazione per il game desinger fu invece l’hip-hop, scoperto grazie al fratellone che passò a un giovane CliffyB la sua prima cassetta di Ice-T. Da quel momento in poi le rime strafottenti e sfacciate di molti artisti rap sarebbero entrate sotto la pelle dello sviluppatore, prova ne è ancora oggi il modo di fare di alcuni personaggi di Gears of War, primo su tutti il simpatico Augustus “The Cole Train” Cole.
Un’escalation di successiNell’ultimo decennio, Bleszinski è diventato un’icona soprattutto grazie al lavoro svolto sul genere degli sparatutto e a quel celebre engine che oggi sfruttano un po’ tutte le case di sviluppo. Ma ben prima dei vari shooter surreali e degli arsenali di guerra, gli sforzi del game designer erano stati rivolti a generi assolutamente differenti. Il primo progetto a livello professionale realizzato da Cliff fu un punta e clicca chiamato The Palace of Deceit: Dragon’s Plight, gioco con cui riuscì ad attirare l’attenzione di Tim Sweeney ed entrare così nella squadra allora nota con il nome di Epic MegaGames. Dopo un altro punta e clicca chiamato Dare to Dream rilasciato questa volta sotto il marchio della sua storica compagnia, nel 1994 Cliff e compagni sfornarono un platform bidimensionale che si rivelò presto un gran successo: Jazz Jackrabbit. Il titolo stupiva anzitutto per un ottimo level design, meccaniche frenetiche e un’irresistibile mistura di gunplay e saltelli tra una piattaforma e l’altra. Il protagonista dall’inspiegabile carisma era un verdognolo coniglio antropomorfo coperto solo da una bandana di colore rosso, palese citazione di Rambo che ci riporta ancora alle primissime influenze del game designer. Jazz Jackrabbit fu accolto abbastanza bene da meritare un sequel nel 1998, un secondo capitolo che oltre a introdurre nuovi personaggi giocabili metteva a disposizione un notevole level editor chiamato Jazz Creation Station. Tuttavia è sicuramente con l’ausilio delle armi che Cliff Bleszinski cominciò ad essere apprezzato universalmente fino a diventare quella sorta di storica rockstar che è oggi. Il primo Unreal ebbe un impatto oltremodo notevole sull’evoluzione del genere degli FPS, introducendo effetti grafici totalmente nuovi, texture multiple per conferire maggior dettaglio agli ambienti, ma anche facendo un bel salto in avanti nell’ambito dell’IA avversaria. Per inciso: già al tempo era maturata l’idea di un AK-47 che avesse una sega circolare montata da qualche parte, ma purtroppo a quel tempo il design non sembrava funzionare in alcun modo. Comunque, con o senza Lancer quella di Unreal si trasformò presto in una vera icona del gaming, pronta a influenzare ogni titolo a venire. Seguì poi in maniera quasi naturale il successo delle successive iterazioni e, in particolar modo, dello spin-off competitivo intitolato Unreal Tournament.
Un ulteriore salto in avanti nel tempo ci conduce infine a Gears of War, l’ultima incredibile serie di successo che porta il nome di “Cliff Bleszinski” inciso su ogni singolo poligono. Fondendo influenze differenti, tra cui ricordiamo Bionic Commando, Kill Switch o, come sempre per Cliff, l’intero lavoro di Shigeru Miyamoto, fin dal primo capitolo Gears è riuscito a imporre un nuovo standard nello sviluppo di third-person shooter. Prima del rilascio dell’ultimo capitolo, il game designer aveva dichiarato: “L’obiettivo di ogni buona trilogia di videogame è quello di stabilire prima una nuova IP, poi costruire sul suo successo con un sequel, e fornire infine una terza iterazione brillante, in modo che tutto possa reggersi sulle proprie gambe con la stessa forza de Il Signore degli Anelli”. Certo, il confronto appare sicuramente ambizioso, ma dal canto nostro crediamo che ora come ora il marchio di Gears of War e l’universo che gli gira attorno siano destinati a essere ricordati ancora per moltissimo tempo. Un successo sicuramente meritato.
Alla notizia di questa inaspettata separazione tra Bleszinski e l’industria videoludica, si sono delineati diversi punti di domanda cui per ora non abbiamo risposta. Gears of War: Judgement si sviluppa sulle basi gettate dalla serie principale, quindi non temiamo particolarmente per una sua riuscita. Ma nello sviluppo nuovo Fortnite, cui il personaggio in questione ha contribuito fin dall’inizio con le sue personalissime idee, non ci sarà il rischio di perdere la rotta? E soprattutto, che cosa farà il Cliffster ora che dispone di ventiquattro ore al giorno libere per sette giorni alla settimana? Probabilmente passerà molto più tempo con sua moglie Lauren (e come dargli torto), oppure, come suggerisce dal suo profilo twitter, vagherà su questo mondo come Caine in “Kung Fu”. Tutto è possibile a questo punto, staremo a vedere.