Bugie e Verità

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a cura di drleto

Milano – In un paese come l’Italia, molto legato alle tradizioni e quindi scarsamente ricettivo di tutte le novità ed i cambiamenti, i Videogiochi sono ancora visti come un mero passatempo per ragazzini o peggio come uno strumento pericoloso e dannoso, in grado di bruciare le menti delle giovani e promettenti nuove generazioni. È importante quindi che un’iniziativa a carattere culturale come La Milanesiana 2011
, patrocinata dal Presidente della Repubblica ed ideata da Elisabetta Sgarbi, abbia inserito per la prima volta a fianco di Letteratura, Musica, Cinema, Scienza, Arte e Filosofia anche i Videogiochi. Questo primo, fondamentale riconoscimento da parte del mondo culturale nostrano è un passo importantissimo per l’intera industria, necessario per acquistare sempre più credibilità, prestigio e magari anche vedere emergere qualche interessante team di sviluppatori nostrani, in grado di portare nella lucrativa industria videoludica il design, la moda ed il senso estetico che ci hanno reso famosi in tutto il mondo.

Bugie e VeritàIl tema della dodicesima edizione della Milanesiana trattava “Bugie e Verità”. Quale migliore oratore per sviluppare questo argomento di colui che da circa vent’anni a questa parte ci ha fatto credere prima di essere un dio, poi un manipolo di spietati killer, il pilota di un tappeto volante ed infine un eroe senza macchia in grado di influenzare, grazie al suo solo volere, il destino di un intero continente? Chi meglio di Peter Molyneux poteva convincere una platea a volte ancora arroccata nelle vecchie, ostili posizioni che quello videoludico è un media potente, in grado di dare a chi li crea enormi possibilità per esprimere la propria creatività e a chi li fruisce un intrattenimento meno passivo, banale e statico rispetto alla televisione? Nessuno e per questo motivo la kermesse milanese ha avuto l’onore di ospitare l’uomo che è riuscito a conseguire tra i più importanti riconoscimenti che il governo britannico e quello francese conferiscono ad artisti e personalità di spicco.Il suo intervento, introdotto da Ranieri Polese e supportato da Paolo Paglianti, ha ripercorso la sua lungimirante carriera, partendo da quelle che sono state le leve che hanno portato alla realizzazione di alcuni dei videogiochi più innovativi degli ultimi decenni. Per fare un esempio Populous nacque dai giochi della sua infanzia, quando si pensa di essere un vero e proprio dio, capace di decidere ed influenzare gli eventi ed il fato dei propri giochi, oltre che di imporre il proprio volere –a volte crudele- su insetti ed altri piccoli esseri viventi. Il gioco che creò successivamente, Syndicate, venne da un pomeriggio all’interno di un centro commerciale stracolmo e dall’irrefrenabile desiderio di scoprire come queste persone avrebbero reagito nel caso in cui lui avesse estratto un’enorme arma. Magic Carpet è invece la trasposizione di un gioco che da bambino Molyneux faceva con la sorella, nel quale si immaginava di viaggiare liberamente per il mondo a bordo di un tappeto volante. Theme Park nacque dal desiderio di voler fare un gioco adatto a tutti, ma anche in questo caso dando all’utente gli strumenti per creare il parco dei divertimenti dei propri sogni, anche di quelli distorti, dove le montagne russe fanno star male per quanto sono complesse.Con Dungeon Keeper il tentativo era quello di far capire alla gente che essere cattivi non è semplice. Al cinema o nei videogiochi (Molyneux ha citato “Si vive solo due volte” film di James Bond, ma a noi viene in mente anche la Morte Nera di Guerre Stellari) ai buoni bastano pochi minuti per distruggere il lavoro di una vita. Con questo gioco si faceva capire come tutto ciò non sia giusto. Black & White emerse invece dalla sua esperienza con un criceto, Alfredo. Un giovane Peter ha passato intere giornate ad insegnare esercizi all’animale, illudendosi che questo sarebbe arrivato a pendere dalle sue labbra e che lo avrebb amato alla follia. Dopo alcune settimane di inutili sforzi Molyneux ha capito che a Fredo non importava nulla né di lui né dei suoi esercizi, portandolo inevitabilmente ad una morte per inedia.Anche in Fable, nonostante ci sia una forte storia a fare da collante, il cuore è l’essere buoni o cattivi, il potere dato in mano al giocatore di mettere o non mettere in atto i propri desideri e le proprie fantasie.

Con questo viaggio Molyneux ha voluto sottolineare come l’esperienza (la verità) abbia saputo dar luogo ad alcuni dei prodotti creativi più famosi dell’intera industria, che fonda nell’illusione (la bugia) la propria forza. Questo media però, a differenza di cinema, letteratura e televisione, si plasma in base alle nostre decisioni, permettendoci in questo modo di avere in mano uno strumento potente, in grado di fornire nuove sensazioni e nuove esperienze.Proprio per via della sua forza espressiva, potrebbe diventare pericoloso per coloro che ne abusano, ma esattamente come è accaduto per i libri, i film, la televisione, è compito dei genitori evitare che i propri figli ne diventino dipendenti. Anzi, conoscendo quello che i propri figli stanno giocando, si potrà aprire un potente canale di comunicazione con loro e provare ad avvicinare i due mondi.

Quattro chiacchiere con MolyneuxGrazie a Tito Parello, uno dei promotori dell’evento, abbiamo avuto modo di scambiare con Peter Molyneux qualche battuta, questa volta con l’obiettivo di comprendere meglio un personaggio così importante per la nostra industria.Spaziogames: Mr. Molyneux oggi abbiamo il piacere di averla a Milano non per la presentazione di un gioco specifico, ci può dire il motivo?Peter Molyneux: Ho il piacere di essere qui oggi perché mi ha sempre affascinato l’idea di poter parlare di fronte ad una platea non direttamente legata ai giochi per computer. Troppo spesso mi sono ritrovato a parlare di videogiochi di fronte ad un pubblico specializzata ed è una cosa molto bella potersi confrontare con persone provenienti da altre culture come quella cinematografica, televisiva o l’arte.

SG: Gli italiani sono famosi nel mondo per la loro creatività, il design, la moda. Qual è, secondo lei, il motivo per il quale ci sono pochi italiani in un’industria creativa come quella videoludica?

PM: Mi sono sempre chiesto come mai ci fossero pochi designer e team italiani. Mi ha sempre fatto strano perché gli italiani hanno da sempre un magnifico senso estetico, una eccezionale profondità culturale, tanto che penseresti dovrebbero essere davvero dominanti nell’industria videoludica. Questa è una delle ragioni per le quali sono qui, ovvero quella di cercare di capire perché non è così. Ci sono infatti alcune valide persone nell’industria, ma decisamente meno numerose degli spagnoli per esempio e questo è sempre stato un mistero per me.

SG: L’Italia ha inoltre tantissimi posti da sogno, che sarebbero molto adatti per ambientarvi un videogioco. Come mai lei non ne ha mai sfruttato uno?

PM: Mi sarebbe piaciuto moltissimo ambientare un gioco nella vostra nazione, ma credo che diversi periodi della storia italiana siano stati una fonte di ispirazione per il background di molti videogiochi. Io personalmente non l’ho mai fatto, ma sarebbe bellissimo poter passare un po’ di tempo qui a fare delle ricerche!

SG: Lei è uno dei principali game designer dell’intera industria: quali sono state le sue motivazioni?

PM: La mia motivazione principale è lavorare sempre su un progetto nel quale credo fermamente e che possa valere quello che le persone spenderanno per esso. Perché penso sempre che come designer ho lavorato con persone magnifiche, ma ho fatto anche tantissimi errori in passato e vorrei riuscire a possedere le capacità per provare a tutti che un grandissimo gioco può essere fatto. Questa è dunque la mia motivazione speciale, ovvero il cercare di realizzare un qualcosa che tutti considereranno grandiosa, cosa che non ho ancora conseguito. E per ottenere tale risultato penso sia necessario lavorare sempre con grandissime persone.SG: C’è un elemento in comune tra tutti i suoi giochi?PM: Per molto tempo sono andato in giro ad affermare che la cosa che questi giochi hanno in comune è la sensazione di potere, e penso sia ancora così, ovvero il fils rouge è legato al potere e alla possibilità di fare cose buone e cattive, sia che tu stia costruendo delle favolose montagne russe, sia che tu stia per sparare a qualcuno che può essere innocente o colpevole. È tutto legato al potere delle vostre scelte. Quando mi metto ad ideare un gioco non penso però a quello che deve avere perché sia “coerente con quello che sono”, ma sono tutte esperienze che mi hanno eccitato e che spero facciano lo stesso con le persone.

SG: Lei è stato uno dei maggiori promotori del Kinect. Cosa ne pensa dei giochi proposti finora?

PM: Penso che la prima generazione di giochi per Kinect sia molto buona, ci sono ottimi party game ed ottimi family game che sono stati in grado di avvicinare persone precedentemente spaventate dai controller o ha consentito a persone incapaci di usare un pad di giocare. Personalmente penso invece che Kinect possa fare molto di più di questi semplici giochi. Penso possa essere una maniera molto efficace per raccontare storie, interagire coi giocatori e farli rilassare. E proprio per questo penso che avrà un interessante futuro.

SG: Come immagina i prossimi 5/10 anni di evoluzione dell’industria?

PM: Sicuramente i prossimi 5/10 anni saranno davvero interessanti. Pensandoci bene negli ultimi cinque anni abbiamo visto arrivare un incredibile numero di innovazioni tecnologiche. Per esempio tutte le cose con touch screen derivate dall’approccio di Apple al mobile gaming e poi adattate in altre esperienze, tutte le nuove possibilità di interazione coi videogiochi come Kinect, Move, il Nintendo Wii, tutti i cloud gaming o i giochi Facebook. Ci sono state tantissime novità e ne vedremo almeno altrettante nei prossimi cinque anni. La chiave di tutto però sarà come noi utilizzeremo queste tecnologie, per creare nuove, importanti ed immersive esperienze ludiche. Quindi è come riusciremo a plasmare una tecnologia in qualcosa di divertente ed usabile la questione cruciale.

SG: In un video abbiamo visto suo figlio chiedere di Half Life: Episode 3. Ci sono invece i giochi che lei aspetta?

PM: Certo, per esempio attendo The Last Guardian, da parte degli stessi creatori di ICO, e credo sarà un’esperienza davvero straordinaria. Inoltre sto aspettando il prossimo Zelda, non vedo l’ora di giocare al prossimo Halo… sono un fan di avvero tantissimi giochi e li attendo tutti con ansia.

SG: Vuole dire qualcosa ai nostri lettori?

PM: Oggi è un periodo molto interessante per essere un giocatore. Avete la possibilità di far sentire la vostra voce sia che vi piaccia un gioco sia che non vi piaccia. Ricordate che noi designer siamo in fondo dei vostri servitori e dobbiamo sempre provare ad ascoltarvi. Quindi è importante che facciate sentire la vostra voce. Ci saranno cose davvero interessanti e quindi dovete continuare a leggere, guardare e giocare!

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