Scrivere e produrre un film horror, oggi, non è di certo un’impresa semplice. Tanti sono stati i fallimenti recenti e le occasioni perse, tant’è che il genere non riesce più a riscuotere quel successo che fino a pochi anni fa permetteva alle grandi major di investire con più convinzione in pellicole simili. Questo è forse il motivo principale per cui gli amanti della paura trovano più soddisfazione -e qualità- in produzioni non dall’altissimo budget ma realizzate con cura, maestria e passione per il genere. Autopsy è sicuramente una di queste: prodotta da 42, IM Global e Impostor pictures la storia girata da André Øvredal riesce a rievocare sentimenti e sensazioni che si erano un po’ perse, grazie anche a una regia a tratti claustrofobica ma attenta ai dettagli, e aiutata da una sceneggiatura (a cura di Richard Naing e Ian Goldberg) che permette al regista di puntare su inquadrature forti senza doversi inventare nulla di troppo eccentrico. Arriverà nei cinema l’8 marzo, noi l’abbiamo visto in anteprima e adesso vi raccontiamo com’è.
Cronache di un obitorio a conduzione familiare
In una cittadina del Virginia, Tommy e Austin Tilden (Brian Cox e Emile Hirsc) gestitscono l’obitorio della famiglia che da generazioni ormai rappresenta la colonna portante dell’albero genealogico Tilden. Un giorno lo sceriffo del posto recapiterà ai due il cadavere di una donna sconosciuta ritrovata in un seminterrato in seguito a un pluriomicidio. Sembra un caso come tanti: effettuare l’autopsia e determinare le cause della morte. Normale routine insomma. Invece molto presto la situazione degenererà e porterà i due malcapitati a fare scoperte, purtroppo per loro, sconcertanti. Quello che colpisce fin da subito è l’immediatezza del plot che non vuole perdersi in fronzoli e al contrario va subito al sodo: l’autopsia è -come da titolo- oggetto centrale della vicenda e la costruzione e la conduzione delle scene d’analisi sul cadavere (Olwen Kelly) sono di una precisione invidiabile. Come ogni buon horror che si rispetti anche Autopsy usa in gancio del mistero e del thriller per catturare l’attenzione dello spettatore e permettere un’immersività che altresì sarebbe difficile. Gli enigmi che circondano il cadavero sono molteplici e verranno svelati piano piano, senza fretta, complice anche qualche scena d’intermezzo tra Austin e la sua pseudo ragazza che però alla fine risulteranno abbastanza inutili e piuttosto trascurabili. La fotografia poi è fredda e concreta, senza virtuosismi scenici o artefici evidenti di post-produzione: sono quasi tutte scene interne, stanze piccole, e la scenografia utilizzata per ricreare l’obitorio è scientificamente giusta e rinuncia a giocare con elementi esageratamente macabri o clichè super abusati quando si parla di obitori. Nota di merito per Brian Cox, attore di spessore che anche in questa pellicole riesce a dare la giusta sfumatura solenne e saggia al suo personaggio, ancorato alle tradizioni e inizialmente scettico sugli eventi soprannaturali che stanno colpendo la sua famiglia. Purtroppo però il grande pathos e la grande curiosità che caratterizzano la prima mezz’ora/quaranta minuti iniziali di film va un po’ a scemare man mano che la storia si sviluppa e si approfondisce. Alcuni piccoli buchi di sceneggiatura e un epilogo che chiude una vicenda tutto sommato chiara, ma non chiarissima, rendono Autopsy un film horror dalla regia precisa e con un plot molto interessante, che intrattiene ma non colpisce nel segno quando dovrebbe.
Espressività di un cadavere
Dedichiamo un breve paragrafo alla performance di Olwen Kelly nei “panni” della donna sconosciuta. Non è facile recitare (perchè si, recita), stano immobili su un tavolo d’obitorio con persone che ti toccano e ti rivoltano come un calzino, ma l’attrice riesce addirittura a essere espressiva e comunicativa in un modo che, francamente, non ci aspettavamo: capita di percepire rabbia, gioia, sarcasmo e addirittura sofferenza. Tant’è che vi capiterà di chiedervi se quello che avete visto era realmente un sorriso o ve lo siete immaginati. Insomma una prova attoriale che poteva essere banale ma interpretata con bravura, tanto da renderla uno dei valori aggiunti della pellicola.
Autopsy è sicuramente un horror che fa bene al genere, puntando su una struttura narrativa e registica solida che permettono cosi al film di risultare riuscito, coinvolgente e pauroso. Degne di note le interpretazioni di Brian Cox e Olwen Kelly, quest’ultima espressiva e inquietante nonostante interpreti un cadavere. Peccato per il terzo atto della pellicola che “abusa” di semplicità, finendo per dipingere un buon quadro che però ha forse il difetto di poter esser definito senza lode e senza infamia. Al contrario dell’introduzione e della parte centrale caratterizzata dall’autopsia, riuscitissima e interessante.