29 anni, svedese, figlia d’arte e una carriera fulgida dinanzi a sé. Alicia Vikander è la nuova Lara Croft, la nuova eroina di Tomb Raider, pronta a raccogliere l’eredità lasciatele da Angelina Jolie: due esploratrici agli antipodi, sia per corporatura che per movenze, ma anche per spinta morale. La Vikander, però, non arriva al suo primo blockbuster senza essersi prima fatta le ossa, perché il suo recente passato cinematografico è ricco di grandi interpretazioni e di ruoli che le hanno permesso di figurare tra le stelle del cinematografo: l’Oscar per la sua recente interpretazione in The Danish Girl, in qualità di attrice non protagonista, è stato indubbiamente il culmine di una carriera che ha davvero tanto da dire. Così come la sua Lara Croft.
Dal piccolo al grande schermo in SveziaAlicia Vikander è nata nell’ottobre del 1988 a Gotenborg, in Svezia: la sua carriera da attrice inizia nel momento in cui un infortunio la costringe, suo malgrado, ad abbandonare la danza classica. Sua madre era un’attrice, ma per non seguire i passi di quest’ultima, Alicia aveva deciso di dedicarsi a tutt’altra arte: la danza, per l’appunto. Passa nove anni di studio alla Royal Swedish Ballet School e figura in svariate apparizioni in musical organizzati dalla Gotenborg Opera, prima di dover cambiare completamente i propri piani a causa dell’infortunio di cui sopra. La sua carriera da attrice, quindi, inizia nel 2002, quando era ancora una studentessa. Il suo primo ruolo fu in un film per la tv svedese, che le permise poi di arrivare, nel 2005, in una miniserie da 24 episodi intitolata “En decemberdrom” (Sogno di dicembre), un’avventura fantasy che vedeva Bobo, il protagonista della vicenda, impegnato nell’incontro di nisser (i folletti della cultura scandinava) e altre creature del folklore svedese. Per poter, però, arrivare a un successo più su larga scala, la Vikander lascia trascorrere un biennio, fino a quando non recupera un nuovo ruolo regolare in un’altra serie TV: si tratta di Andra Avenyn (Second Avenue), un popolare drama svedese. Sono ben 40 gli episodi che la vedono comparire tra il 2007 e il 2008 sul piccolo schermo, fino a diventare una figura ben nota delle produzioni televisive del proprio paese. Con il successo praticamente in tasca, soprattutto per l’essere riuscita a farsi apprezzare e riconoscere dal suo pubblico, la giovanissima attrice arriva al suo primo film al cinema nel 2009, all’età di 21 anni: si tratta di Pure, un thriller svedese che le permette di vincere il premio come miglior attrice al Festival del cinema di Stoccolma e il riconoscimento come miglior stella emergente al Festival del Cinema di Berlino. La sua carriera sembra pronta a decollare e il trasferimento a Londra è la normale conseguenza di quelli che sono i successi ottenuti in patria: il primo volo, però, non finisce bene e il suo trasferimento nella città anglofona non le dà soddisfazione, ritrovandosi costretta a sbarcare il lunario lavorando in un negozio di fiori. Una storia molto vicina alla Lara Croft che interpreta nel nuovo Tomb Raider, costretta a guadagnarsi da vivere facendo la biker nella capitale inglese.
L’Inghilterra e la DanimarcaNel 2010 Alicia Vikander, delusa dalla sua esperienza a Londra, decide di tornare a Stoccolma, convinta che il suo futuro di attrice possa essere esclusivamente relegato al suo paese e al suo stretto pubblico scandinavo. Si iscrive all’università di giurisprudenza nella capitale svedese, ma senza mai frequentare le lezioni o sostenere un esame: la sua caparbietà, infatti, la porta a continuare a insistere sui provini e sui casting, per poter trovare lo spazio che non era riuscita a ottenere nel cinema inglese. Con una nuova linfa vitale in corpo, la Vikander decide, quindi, di tornare alla conquista di Londra e nel 2012 debutta al cinema, stavolta quello internazionale, nei panni di Kitty nella Anna Karenina di Joe Wright. L’adattamento dell’omonimo libro di Lev Tolstoj le permette di recitare accanto a Keira Knightly, Jude Law e Aaron Johnson, oltre che dare sfoggio delle sue capacità nella danza sfruttando le numerose scene da balletto volute dal regista. Nello stesso anno, una volta raggiunto il traguardo del debutto sul grande schermo a livello europeo, la Vikander è anche in Royal Affair accanto a Mads Mikkelson e diretta da Nikolaj Arcel: nel 2013, grazie alla sua interpretazione, arriva anche la candidatura al BAFTA come miglior attrice emergente, premio che però verrà assegnato a Juno Temple: l’interpretazione, in ogni caso, mette in risalto le capacità di adattamento dell’attrice, che è costretta a imparare la lingua danese, utilizzata non solo nell’interpretazione del film stesso, ma anche durante le interviste promozionali. Il mondo del cinema inizia a parlare della Vikander e un altro fondamentale endorsment arriva anche da Martin Scorsese, che al Festival del Cinema di Marrakesch ne elogia le capacità dopo averla vista nel film svedese Hotell di Lisa Langseth, in concorso al festival nel 2013. Il suo periodo legato al trampolino di lancio nella settima arte termina con un ruolo primario nel thriller australiano Son of a Gun accanto a Ewan McGregor. Da lì in avanti la Vikander, riuscita a farsi notare dal grande pubblico e dai grandi registi, riesce finalmente a conquistarsi il suo posto tra i grandi, ad appena 26 anni.
L’Europa e le grandi donne: da Garland a HooperNel 2014 viene scritturata accanto a Michael Fassbender e Rachel Weisz per La luce sugli oceani, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo, diretto da Derek Cianfrance. Poi nel 2015 la Vikander recita in ben sei film: Testament of Youth di James Kent, Il settimo figlio, Operazione U.N.C.L.E., Il sapore del successo, Ingrid Bergman: In Her Own Words e, il più importante, Ex Machina di Alex Garland. Quest’ultimo, dopo diversi ruoli che le permettono di ben figurare ma non di decollare, la consacra definitivamente al cinema: la sua interpretazione nei panni di un robot le permette di ottenere due nomination come miglior attrice non protagonista ai Golden Globe e ai BAFTA del 2016. La sua Ava si muove con un candore unico, facendo forza sulla bellezza diafana dell’attrice: l’intera vicenda si basa sul suo ruolo di femme fatale, scatenando i conflitti che innescano tutte le problematiche sentimentali che trasformano la pellicola di Garland in un crudele gioco sci-fi. Di Ex Machina si parla in tuto il mondo, la critica lo esalta, il pubblico si innamora della minuta attrice svedese che in pochi anni ha saputo conquistare gli onori della cronaca e di lì a poco arriva nuovamente a Venezia, stavolta nel ruolo di Gerda Wegener accanto a Eddie Redmayne in The Danish Girl. Tom Hooper, regista del film che nel 2016 fa scalpore e scuote il dibattito sui transgender, racconta la storia di Einar Wegener, il primo uomo della storia ad affrontare una chirurgia per cambiare sesso e diventare la famosa Lili Elbe. Alicia Vikander veste i panni della moglie di Einar, una donna costretta a vedere l’uomo della propria vita compiere una metamorfosi catartica, che lo libera sì dagli schemi di un sesso che non gli appartiene più, ma che allo stesso tempo mette a dura prova quello che è il sentimento di una donna che deve puntare i piedi a terra e farsi forza del cambiamento, vincere il pregiudizio di una società che non accetta il transessuale e allo stesso tempo stare vicino a suo marito nelle cinque operazioni che lo condurranno, alla fine, alla morte. La sua interpretazione le vale il Premio Oscar come miglior attrice non protagonista, oltre alla candidatura al Golden Globe per la miglior attrice in un film drammatico e il BATFA alla miglior attrice protagonista. Il suo 2016, però, non finisce qui, perché torna al cinema accanto a Michael Fassbender, diventato intanto suo compagno, con La luce sugli oceani, per il quale era stata scritturata due anni prima, e poi in Jason Bourne con Matt Damon e Tommy Lee Jones. Con Tulip Fever, Euphoria e Submergence si chiude il suo percorso pre-Lara Croft, concedendosi la possibilità di essere anche nuovamente diretta da quella Lisa Langseth che nel 2013 l’aveva portata al Festival del Cinema di Marrakesch all’attenzione di Martin Scorsese.
La carriera di Alicia Vikander passa attraverso ruoli femminili di grandissimo peso: donne che devono vincere la genuinità dei loro sentimenti e scendere in campo con la grinta e la forza che appartiene al genere femminile. La Gerda di Danish Girl soffre per la metamorfosi del marito, la Ava di Ex Machina batte forte sull’incavo robotico all’interno del quale è sicura di avere un cuore, così come in Tomb Raider, con una Lara Croft più umana, più genuinamente coinvolta e mossa da quel desiderio unico di ritrovare suo padre, l’unica persona che, nella storia che ci interessa e che deve trasportarci verso aulici obiettivi, l’ha realmente amata.
Vi invitiamo a vedere la cover story di Tomb Raider, solo su Spaziogames!