Solasta: Crown of the Magister | Provato - Un tiro di dadi per salvare il mondo
Tactical Adventures irrompe nel mondo dei giochi di ruolo con la sua interpretazione di Dungeons and Dragons, ma Crown of the Magister ha ancora parecchia strada da fare
a cura di Daniele Spelta
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Tactical Adventures
- Produttore: Tactical Adventures
- Distributore: Tactical Adventures
- Piattaforme: PC
- Generi: Gioco di Ruolo
- Data di uscita: 20 ottobre 2020 (Accesso Anticipato)
Il 2020 riesce a sorprendere di continuo per le sue incredibili forme e colori differenti di sfighe, ma se siete accaniti giocatori di ruolo anche questo anno nefasto sta regalando delle piacevoli sorprese, sia in forma cartacea sia, soprattutto, digitali. Baldur’s Gate 3 si è rivelato un GDR solido e profondo come le oscurità dell’underdark anche in accesso anticipato e, nemmeno il tempo di riprenderci dall’avventura in quel di Faerûn, che ecco spuntare su Steam Solasta: Crown of the Magister.
Le somiglianze vanno ben oltre alla scelta dell’early access e anche il titolo sviluppato in modo indipendente da Tactical Adventures si basa sul sistema di regole di Dungeons and Dragons, per la precisione quello introdotto dalla versione 5.1. Purtroppo, almeno in questo primo faccia a faccia, i paragoni si limitano alla struttura e l’avventura si è rivelata un percorso involontariamente tortuoso e silenzioso.
Quattro personaggi in cerca di autore
Partiamo naturalmente dalla base di ogni RPG che si rispetti: la creazione del proprio personaggio. In questo ambito, Solasta: Crown of the Magister – d’ora in avanti solo Solasta per amor di brevità – si comporta decisamente bene e permette di definire nei minimi dettagli l’intero party che affronterà i pericoli delle Badlands. Di variazioni rispetto agli arrugginiti standard fantasy non ce ne sono molte, ma in questo tradizionalismo c’è parecchio su cui lavorare.
Si inizia ovviamente con la scelta per la razza, con i nani, gli umani, gli halfling, alti elfi e mezzi elfi che iniziano a delineare l’articolata scheda degli avventurieri. L’opera di costruzione prosegue poi con le solite classi – paladino, mago, guerriero, ranger, chierico e ladro – e i vari background. Nulla vi vieta di vestire i panni di un abile arciere cresciuto per le strade e avido di ricchezze oppure di un ladro nobile e con il sangue blu.
Un tiro di dado o una minuziosa distribuzione dei punti statistici completa il set delle abilità, per finire poi nella selezione delle lingue parlate dai personaggi, delle magie o, ancora degli equipaggiamenti. Il numero di strade percorribili aumenta esponenzialmente con la crescita di livello e le ulteriori scelte differenti a seconda della classe, con un mago che può essere specializzato verso un certo elemento o un paladino fedelmente devoto a un credo, con ovvie ricadute su statistiche e abilità.
La personalizzazione è davvero ampia e il fatto di poter dar vita a numerosi avatar differenti aumenta sensibilmente gli approcci al mondo di Solasta. L’unica nota negativa è l’editor estetico, davvero troppo limitato e in cui è impossibile sbizzarrirsi per creare dei veri e propri mostri in armatura: un paio di opzioni per i volti, una manciata di colori per la carnagione e uno slider per la corporatura.
Un universo fantasy anonimo
Ancora prima di iniziare a scagliare frecce e magie, ci siamo accorti di una strana somiglianza: le interfacce di Solasta sono incredibilmente simili a quelle dei vari Endless, serie strategica creata da Amplitude. La sorpresa viene meno quando si legge però il nome di Mathieu Girard, fondatore di Tactical Adventures nonché ex membro della già citata Amplitude. Qui si innesta uno strano paradosso.
L’UI in Endless Space – giusto per fare un esempio – era funzionale e diegetica e, con le sue fredde linee dal sapore futuristico, calava alla perfezione il giocatore nell’esplorazione dello spazio siderale. Lo stesso design sfruttato nel più classico RPG fantasy produce però l’effetto opposto e, per quanto tasti, tooltip e menù siano immediatamente chiari e leggibili, manca del tutto un guizzo di personalità, qualcosa che riesca a calare quelle icone in un universo popolato da nani e maghi.
Solasta ha un evidente deficit in termini di caratterizzazione, dei particolari che riescano a lasciare il segno e a differenziarlo dalla pletora degli titoli creati senza troppi spunti e fin troppo simili tra di essi. Le vicende narrate nell’unica campagna disponibile al momento del lancio in Early Access – ne sono già state promesse altre nei prossimi mesi – raccontano di un mondo caduto in rovina dopo un cataclisma che ha segnato la fine dell’antico impero elfico chiamato Manacalon.
In questo scenario desolato, poche roccaforti si ergono sul confine delle Badlands, popolate da orchi e altri letali mostri, ma la vera minaccia che incombe sulle popolazioni libere proviene dal passato e sinistri esseri hanno smesso di essere semplici leggende da taverna. Arruolato dal Consiglio di Caer Cylfen, il party di quattro avventurieri deve così scavare a fondo per scoprire l’origine di questa minaccia, un nemico antico che rischia di spazzare via una civiltà appena ricostruita.
Ci sono portali, visioni, destini da seguire e una serie di personaggi che entrano ed escono di scena di cui è impossibile ricordare il nome. Difficile trovare qualche spunto originale in questa storia dal sapore fantasy-reazionario, un canovaccio che sa di già visto e su cui soprattutto pesa l’assenza di una qualsivoglia caratterizzazione del mondo di gioco.
Le zone esplorabili sono tenute assieme da un obbligatorio fast travel, interrotto solo da qualche razziatore o apparizione del nemico di turno, ma è nelle aree in cui si interagisce con gli NPC e la narrazione avanza, che siano intere città o dungeon sepolti da secoli, che ci si sente immersi in un vuoto assordante.
Le ambientazioni sono spoglie, il paragone con la vivacità di Baldur’s Gate è quanto mai scorretto e le possibilità di interazione rasentano lo zero assoluto. Insomma, ci si sente imbrigliati dentro a un quadro fermo, impossibile da modificare, povero e in cui le proprie azioni hanno un impatto difficilmente tangibile, anche quando si entra in contatto con le fazioni, una serie di lobby appena accennate e di cui si fatica a capire gli interessi.
Uomini di poche parole
I dialoghi scarni non migliorano poi la situazione. Dimenticatevi personaggi prolissi e vogliosi di raccontare il proprio passato, o mercanti dalla lingua lunga che cercano di spacciarvi l’ennesima pozione raccontando la storia drammatica della loro famiglia. In Solasta tutto viene risolto in un paio di battute e anche i passaggi più importanti, gli snodi narrativi in cui teoricamente pesa la risposta data, vengono risolti senza troppi dilemmi morali, con un check delle statistiche rapido ed indolore.
I problemi toccano la qualità complessiva della scrittura, che spesso sfocia in scambi al limite della comicità involontaria, della recitazione, delle scelte registiche e risaltano per via di una qualità grafica in cui emerge una conta poligonale davvero bassa, con texture piatte e un lip sync decisamente sballato. Il risultato finale sono scenette tagliate con l’accetta, con salti fra un filmato e l’altro senza alcuna transizione, momenti popolati perlopiù da marionette animate in modo grezzo.
Se su questi ultimi punti possiamo chiudere un occhio in attesa di futuri sviluppi e migliorie, fatichiamo però a credere che nel corso dell’Early Access vedremo un completo ribaltamento per quel che riguarda la scrittura dei dialoghi, l’immersività e la caratterizzazione del mondo di gioco che, quest dopo quest, viene attraversato da un party anonimo e a cui è difficile ad affezionarsi.
Meglio menare le mani
Un po’ come tutti gli RPG di questo genere, Solasta si divide in parti eque tra dialoghi, esplorazione e combattimenti e, almeno in quest’ultimo caso, il giudizio muta parzialmente. Come detto in apertura, il titolo sfrutta il regolamento della quinta edizione di DnD e ogni mossa viene decisa dal canonico tiro di dadi, che possono essere personalizzati a piacere in un apposito menù delle opzioni. Non aspettatevi la flessibilità di Baldur’s Gate 3, ma anche in Solasta hanno un peso significativo la furtività e l’iniziativa, parametri fondamentali per uscire con le ossa intere dalle battaglie.
I combattimenti seguono una scansione temporale a turni e l’azione si alterna tra le varie pedine delle fazioni coinvolte, esattamente come accade nel titolo di Larian. Tactical Adventures ha però utilizzato un approccio più tradizionale e le aree sono suddivise nelle canoniche caselle, griglie che rendono facilmente leggibili gli spostamenti, le linee di attacco e le coperture. L’unica vera incertezza è la telecamera, che tende ad “incastrarsi” nelle pareti, a nascondere i nemici e ha un livello di zoom un po’ troppo ristretto e che non permette una visione immediata di tutto l’ambiente.
Ogni unità può spendere un punto azione principale per tirare un fendente, usare una magia o un oggetto, a cui si aggiunge poi un punto bonus da sfruttare magari per divincolarsi da un combattimento corpo a corpo o per usare un potere specifico della propria classe.
Su queste basi si innestano tutte le varianti statistiche dei personaggi, le loro abilità, il numero di slot a disposizione per gli incantesimi, gli equipaggiamenti e gli infiniti modificatori che incidono sugli scontri, per un livello tattico decisamente appagante, anche se a tratti frustrante. Ogni singola azione è infatti strettamente connessa al lancio dei dadi e anche i colpi teoricamente più a portata possono rivelarsi dei buchi nell’acqua a causa dell’immancabile 1 tirato con un d20.
Il level design si è rivelato nel complesso buono, soprattutto nelle missioni della quest principale, aree disegnate ad hoc per valorizzare gli scontri e metter in scena una spiccata verticalità e stuzzicare le voglia di spingere giù nel baratro l’ennesimo scheletro. Al contrario, gli incontri casuali durante il fast travel sono spesso accompagnati da aree anonime e per la maggior parte distribuite su due sole dimensioni.
Un vero Early Access
L'unico punto di contatto tra Solasta e Baldur's Gate 3 è il tanto lavoro da fare in termini di pulizia e rifinitura del codice. Durante la nostra avventura ci siamo imbattuti solo in un paio di crash fatali – un caricamento infinito e un'area da cui misteriosamente non potevamo uscire – ma di piccoli bug ed incertezze ne abbiamo contati parecchi, anche piuttosto bizzarri.
Una volta un nostro personaggio ha iniziato un combattimento addormentato e ha lottato da sdraiato per tutto il tempo a causa di un'animazione mancante, in altri casi i turni si sono dilatati perché tutte le unità se ne stavano immobili e le interfacce apparivano solo dopo una lunga attesa e vi risparmiamo la descrizione dettagliata di tutte le cutscene giusto per non entrare in un'infinita lista nera.
In conclusione, Solasta si presenta più come un progetto in divenire, una manciata di buone idee su cui però pesa un livello tecnico decisamente altalenante e una caratterizzazione spessa come un foglio di carta velina, senza contare l'ingombrante ombra chiamata Baldur's Gate 3.
Se volete unirvi al mondo di Dungeons & Dragons, le opzioni per farlo non mancano.
Voto Finale
Conclusioni Finali di SpazioGames
Pro
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Si possono passare ore solo sulla scheda dei personaggi
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Combattimenti tattici ben fatti
Contro
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La storia non lascia il segno
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Tecnicamente povero
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Recitazione e battute hanno un involontario effetto comico
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L'interazione ambientale rasenta lo zero assoluto