Solar Ash | Recensione - Il coloratissimo ritorno dei creatori di Hyper Light Drifter
Un mondo che merita di essere salvato anche solo per le sue cromie
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Heart Machine
- Produttore: Annapurna Interactive
- Distributore: Annapurna Interactive
- Piattaforme: PC , PS4 , PS5
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 2 dicembre 2021
Sono serviti cinque anni di sviluppo, un sanguinoso rinvio e l'impegno quotidiano di un gruppo piccolissimo di sviluppatori per dar vita a Solar Ash, disponibile da qualche giorno in esclusiva console sullo store digitale Sony, nella duplice versione PS4 e PS5.
Proprio quest'ultima è stata oggetto delle nostre attenzioni, dopo un'attesa lunghissima che ci accompagnava da quanto abbiamo visto scorrere, ormai sette anni fa, i titoli di coda di Hyper Light Drifter, uno degli action RPG più stilosi e concentrati della scorsa generazione di console, anch'esso figlio del genio di Alx Preston e del suo team.
Se non lo conoscete, ed è difficile vista la sua pubblicazione anche su Switch, Xbox One, iOS e Steam, andatelo a recuperare e ripassate dopo qui a ringraziarci: intanto vediamo com'è venuto il suo successore spirituale.
Giganti buoni
Dopo le dolorose peripezie del protagonista di Hyper Light Drifter, di cui, nemmeno a dirlo, trovate la recensione sulle nostre pagine, Preston ed il suo team si sono arrischiati a cambiare completamente non solo genere ludico, ma anche registro narrativo, imbastendo un'opera a tratti ancora più triste ma dotata di una struttura meno lineare e forse anche meno impegnativa rispetto all'illustre predecessore.
Solar Ash racconta la storia di un universo morente, che sta venendo pian piano inghiottito da un buco nero dalla fame insaziabile e dai pochi scrupoli. Una delle razze aliene minacciate dall'inesorabile avanzare di questo buco nero si è però organizzata, costruendo un'arma monumentale che, in teoria, dovrebbe permettere al suo pianeta natale di sopravvivere.
Peccato che il manipolo di prodi avventurieri scelti per portare a termine l'opera risulti disperso nella galassia, con l'arma apparentemente malfunzionante ed incapace di assolvere al compito per cui è stata creata.
Come se non bastasse, dei misteriosi colossi sono apparsi dal nulla sulla superficie del pianeta ed è proprio sulle loro spalle che si svolgerà buona parte della nostra avventura, una disperata corsa contro il tempo impersonando l'ultimo dei membri del team capace di rimettere insieme i cocci dell'operazione, così da evitare che il nulla cosmico inghiottisca ogni forma di vita sul pianeta.
Proprio come nel predecessore, lo stile narrativo è oscuro e spesso sibillino, l'azione viene mostrata più che raccontata e i dialoghi sono ridotti all'osso, come se lasciare troppo spazio ai personaggi ed alla narrazione fosse considerato dal team di sviluppo un'innominabile tabù.
Nonostante i numerosi log audio sparsi per gli scenari, insomma, ed una manciata di personaggi non giocanti con tanto di missioni secondarie da assegnare, si finisce con l'affezionarsi a Rei, la nostra eroina, più per la gravità e l'urgenza della sua missione e per la sua abilità di pattinatrice che per la sua caratterizzazione, e riteniamo che questa situazione sia figlia di una precisa scelta di design del team di sviluppo, che voleva fare del coloratissimo mondo da salvare il vero protagonista della vicenda.
Pattini ai piedi e via
Pad alla mano, la prima cosa che salta all'occhio è il passaggio dalla visuale isometrica e dalle meccaniche da hack'n'slash del predecessore ad un platform in tre dimensioni quasi completamente scevro da combattimenti ed incentrato piuttosto sulla libertà e la fluidità di movimento e, sopra ogni altra cosa, sul tempismo.
Un po' boss rush, un po' platform tridimensionale, un po' avventura a mondo aperto, Solar Ash ha un respiro (ed un budget) più ampio rispetto al suo diretto predecessore, ma, come spesso avviene, nella trasformazione qualcosa si è guadagnato e qualcos'altro è andato irrimediabilmente perduto.
Quanto guadagnato dal punto di vista della libertà di movimento, nelle fasi di esplorazione e negli enigmi ambientali, affascinanti anche se talvolta vincolati ad un'incessante timer, si è però perso nell'implementazione di un combat system fin troppo semplicistico ed un po' trascurato, che fa segnare un netto passo indietro rispetto a quello del titolo che ha reso famoso il team di sviluppo.
A fagocitare la parte di gameplay che in Hyper Light Drifter era deputata ai combattimenti subentrano percorsi da completare nel più breve tempo possibile, sfide a base di platform per nulla semplici ed enigmi ambientali invece raramente impegnativi, a comporre una formula ludica nel complesso più leggera e meno esigente di quella del summenzionato titolo d'esordio, come testimoniato anche dal computo finale delle ore necessarie a raggiungere i titoli di coda.
Nel nostro caso, i valori sono diminuiti di un buon terzo rispetto al titolo del 2016: sono bastate infatti poco meno di sette ore per salvare il pianeta dal buco nero, e, al netto delle manie collezionistiche di alcuni dei nostri lettori, le motivazioni per una seconda run (o per prolungare la presenza nel mondo di gioco durante la prima) sono davvero scarse.
A risollevare l'esperienza, che come avrete intuito dal voto in calce ci è comunque piaciuta, ci pensano soprattutto due elementi: la sensazione di libertà e di leggerezza restituiti dal fluidissimo sistema di movimento e le boss fight.
Queste ultime, pur riprese quasi di peso da quelle viste in Shadow of the Colossus, riescono a solleticare la capacità di osservazione del giocatore e a stimolarne il pensiero laterale e la rapidità d'esecuzione, rivelandosi come i momenti più alti dell'intera esperienza.
Di contro, alcune di queste sfide si sono inizialmente rivelate di difficile lettura, lasciando spazio ad attimi di frustrazione e di trial and error prima di comprendere come agire e come raggiungere i punti deboli dei colossi che ci si paravano dinanzi.
Riguardo alla velocità e alla leggiadria con cui ci si sposta lungo gli scenari, il titolo ci ha ricordato molto una vecchia perla del passato (cui lo stesso Preston non ha fatto mistero di essersi ispirato) come Jet Set Radio, free-flow game dallo spiccato sentore artistico che esordì sul mai dimenticato Dreamcast quando il nuovo millennio era nelle sue fasi embrionali.
Si scivola con naturalezza su decine di superfici, dall'erba alla nebbia passando per rotaie e pozzanghere, e lo si fa seguendo uno schema di controlli sempre preciso ed intuitivo, che rende davvero un piacere girovagare in lungo ed in largo per i sei mondi che compongono l'avventura, complice anche la flessibilità garantita dalla presenza di un rampino, utile a raggiungere altezze altrimenti impossibili.
Un arcobaleno surrealista
Per quanto possa non incontrare i gusti personali, l'estetica di Solar Ash rappresenta un notevole e coloratissimo passo avanti rispetto a quella, di cui pure ci eravamo innamorati, di Hyper Light Drifter: un arcobaleno di accese tonalità pastello si estende a vista d'occhio, regalando scorci di rara bellezza nella versione PS5 da noi testata.
Soddisfacente anche la varietà dei biomi proposti, che spaziano da foreste dalle tinte acide a pozze di non meglio identificati liquidi, passando per burroni e crepacci insolitamente lisergici nelle loro gradazioni di colore.
La colonna sonora è figlia di Disasterpeace, uno dei compositori chiptune più apprezzati della scena americana, che qui ripete lo one man-show che già avemmo modo di apprezzare cinque anni fa con Hyper Light Drifter (oltre che al cinema con l'eccelso It Follows): tra un trionfo di sintetizzatori, melodie intimiste e silenzi cadenzati, anche qui si respirano emozioni, ed è impossibile non consigliare un headset di una certa qualità.
Nulla da segnalare per quanto concerne le prestazioni: la nostra prova, avvenuta su PS5, non ha evidenziato particolari problematiche, con un frame rate sempre ancorato ai 60 fps e la quasi totale assenza di caricamenti e di bug ambientali, con solo una singola istanza in cui uno dei punti di attracco del rampino sembrava proprio non volerne sapere. Nulla che un riavvio dall'ultimo checkpoint non abbia risolto, comunque.
Alla luce di questo, e considerata anche la natura indipendente della produzione, lo stato del codice al lancio è lodevole, e speriamo di vedere sempre più prodotti scevri da problematiche significative al lancio, anche prima dell'ormai inevitabile patch day-one che di solito li accompagna.
Segnaliamo anche la presenza della sottotitolazione italiana, la quale, pur imperfetta a causa della presenza di qualche errore qua e là, è sempre gradita anche in prodotti come questo che non fanno della narrativa il loro fiore all'occhiello: qualche grosso publisher dovrebbe prendere nota.
Versione recensita: PS5
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Voto Recensione di Solar Ash - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Esteticamente meraviglioso
-
Colonna sonora memorabile
-
Un paio di memorabili boss fight...
-
Emana una magnifica sensazione di libertà
Contro
-
Sistema di combattimento troppo semplicistico
-
Livello di sfida incostante
-
...ed altre prese di peso da altri titoli
Commento
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