L'annuncio e le discussioni relativi a Six Days in Fallujah hanno riportato sotto i riflettori i dibattiti sui videogiochi che contengono o non contengono messaggi politici – che non sono da intendersi semplicemente come propaganda pro o contro specifici personaggi, come qualcuno potrebbe pensare: un videogioco con una sceneggiatura prende una posizione con i suoi messaggi, anche quando tratta o non tratta un argomento, ad esempio.
Fu una delle riflessioni a cui si concedette qualche tempo fa Dontnod, autrice di Life is Strange, facendo notare che anche evitare di fare politica nei videogiochi sia una scelta politica: la scelta di non parlare di un tema o di un altro. Così, con Six Days in Fallujah e la decisione degli autori di trattare sì l'evento storico avvenuto in Iraq, ma senza rappresentare ad esempio l'uso di bombe al fosforo, nei giorni scorsi Neil Druckmann – director e autore di The Last of Us – aveva espresso il suo rammarico, sottolineando che è importante per il videogioco, se si sceglie un contesto, portarlo fino in fondo. Esternazione che ha scatenato reazioni un po' di tutti i tipi sui social.
Così, qualcuno ha fatto notare a Druckmann che secondo lui si possono realizzare dei bei giochi anche senza che, a suo avviso, siano politici. E, a sostegno di questa tesi, ha citato Far Cry 3, Hellblade: Senua's Sacrifice, Halo Reach e Spec Ops: The Line. Sì, avete letto Spec Ops: The Line.
Sembra evidente che questo denoti una spaccatura tra ciò che viene inteso come "videogioco politico" e ciò che alcuni interpretano, invece, come "contenuto politico" – probabilmente, in riferimento alla rappresentazione di minoranze, che come sappiamo è una delle scelte di The Last of Us - Parte II che ha attirato grandi polemiche da una certa parte della community.
«Ma quei giochi sono... *sospira*» ha scritto Neil Druckmann, in risposta all'utente. «Mi arrendo, hai vinto».
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Anche Rami Ismail è rimasto senza parole davanti ai giochi citati come esempio dall'utente, considerando i temi che trattano e come li trattano. «Non può essere vero» ha commentato lo sviluppatore.
Alanah Pearce, di Sony Santa Monica, sottolinea «Spec Ops, tra tutti i giochi!», considerando in che modo il titolo rappresenti le sue tematiche (e il fatto che lo sceneggiatore avesse confermato che sì, ovviamente il messaggio del gioco è politico, non potrebbe essere altrimenti).
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Come risposta, Cory Barlog, director di God of War, si è limitato a un sintetico "facepalm".
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Infine, a ridere di gusto c'è proprio lui, Walt Williams, scrittore di Spec Ops: The Line, che non crede a quello che ha appena letto.
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Tempo addietro anche Tim Sweeney di Epic Games si era espresso sulla questione, sostenendo che i videogiochi debbano essere slegati dalla politica. Difficile, però, immaginare come videogiochi fortemente narrativi, come diversi di quelli trattati, possano non comprendere un messaggio politico di qualsivoglia tipo.
Il dibattito è aperto e, certo, speriamo che tocchi argomentazioni più interessanti di un enorme fraintendimento di ciò che viene raccontato e trattato in Spec Ops.
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