Nel capitolo 14 è possibile entrare nuovamente nella villa e scendere giù, all’inizio dei sotterranei, fino a imbattersi in una porta chiusa. D’improvviso, sentirete provenire dall’interno della stanza il grido d’aiuto di un uomo ormai allo stremo, ma non sarà possibile agire in alcun modo per scoprire cosa stia accadendo dall’altra parte della porta. Si andrà dunque a parlare con Leslie, e poco prima di accettare la sua richiesta e calarsi giù lungo la scala che porta alle fogne, bisognerà indugiare, rispondere di no e aprire una porta che si troverà lì vicino. È una scorciatoia che vi porterà proprio nella stanza in cui troverete l’uomo che implorava aiuto. Scoprirete che si tratta di uno sgherro che non ha avuto un comportamento inappuntabile e che pertanto è stato punito, legato saldamente al letto con delle cinghie e pronto per essere torturato.
In questa fase non c’è spazio per pensare alle pratiche sessuali, perché la composizione della scena fuga via ogni dubbio in proposito. Si noti, nella stessa stanza, un’altra struttura attaccata alla parete, utile solo per pratiche violente a fini estorsivi e coercitivi ma non sessuali. Le frasi recitate dal malcapitato sono in tal senso piuttosto chiare e non hanno nessuna intenzione di traviare il pensiero del giocatore.
La censura più evidente della zona è però quella legata alla scena col bodybuilder omosessuale Mukki e i suoi otto amici, che mettevano in difficoltà l’inconsapevole Cloud nella “group room” dell’Honeybee Inn in quella famigerata scena all’interno del bagno. Nel gioco originale, Cloud veniva messo con le spalle al muro dal gruppo di uomini che si denudava mentre la telecamera di gioco veniva mandata verso l’alto per non mostrare le loro parti intime. Dopo di ciò, gli energumeni invitavano Cloud a entrare in una piccola vasca “per pulire il sudore e lo sporco di dosso tutti insieme“.
Quando Mukki domandava se fosse di suo gradimento, Cloud rispondeva: “Non mi sento bene. Fatemi uscire“, a testimonianza del forte disagio provato dopo essersi trovato suo malgrado in una stanza dedicata a incontri di gruppo per adulti. Mukki, allora, controbatteva: “Ti ci abituerai. Conta fino a dieci“.Quando il conto alla rovescia finiva, Cloud annunciava di voler uscire, ma Mukki lo invitava ad avvicinarsi e a giocare un po’, perché sai, “Paparino è così solo…“.Ogni eventuale dubbio veniva infine spazzato via dalla dichiarazione di una inserviente vestita da ape, che sottolineava: “Succedono un sacco di cose da grandi, qui“.
In Final Fantasy 7 Remake questa scena non esiste più. Né esiste la scena del massaggio di Mukki a Cloud, sostituita dalla falsa lascivia di Madame M che si cimenta in un trattamento poco ortodosso ma ben lontano da quello molto più equivoco rappresentato nel titolo originale.
Il motivo per cui è stata rimossa la sezione all’interno del bagno, secondo le dichiarazioni di Nomura, è che oggi gli sviluppatori si sentivano a disagio con quelle scene. E in parte non si può fare a meno di credergli. Il motivo reale è che nel 2020, quelle figure gay stereotipate che venivano rappresentate nel ’97 possono dare fastidio a chi ormai non accetta più nulla che non abbia toni univoci e concilianti, nemmeno se è frutto della visione artistica altrui. Va anche detto che, in effetti, una scena del genere oggi risulterebbe pressoché impossibile da realizzare con grande fedeltà e senza urtare le sensibilità altrui. La musichetta goliardica che voleva in qualche modo ironizzare sull’accaduto non poteva coprire o minimizzare quanto rappresentato, ed è difficile immaginare in quale modo Square Enix avrebbe dovuto agire per non uscire fuori dal seminato.
Quel tipo di stereotipo proveniente dal passato evidentemente non andava bene, per il pubblico (e anche per la stampa) del 2020. Tuttavia, Square Enix di stereotipo ne ha creato un altro, che magari tra vent’anni verrà forse visto in maniera ben peggiore di quello che è stato cestinato senza remore nel remake. Oggi va bene solo assistere a una sessione di ballo con un personaggio gay emancipato che alla fine della performance annuncia che “la bellezza non ha sesso e che non bisogna mai vergognarsi di ciò che si è“. Il che è assolutamente vero, così come è vero che il carrozzone delle ovvie banalità ha distrutto il coraggio di un remake incapace di replicare il pionierismo di un’opera che ventitré anni fa era molto più avanti dei suoi tempi. E che in quanto tale, a differenza di questa rivisitazione, continuerà a rimanere per sempre nel ricordo di chi l’ha vissuta e non smetterà di essere l’unico metro di paragone anche dopo i titoli di coda di Final Fantasy 7 Remake.