Sekiro: Shadows Die Twice – Un viaggio tra mito e leggenda: seconda parte
Continua il nostro viaggio nell'immaginario nipponico con la seconda parte del racconto sui miti e le leggende che hanno ispirato Sekiro
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a cura di Silvio Mazzitelli
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: From Software
- Produttore: Activision
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 22 marzo 2019
Nel precedente articolo abbiamo visto legami e leggende dedicate alla storia del Giappone e al Monte Kongo, una delle tappe più suggestive di Sekiro. Questa volta ci concentreremo invece sulla figura più importante all’interno della mitologia creata dal gioco di From Software, ossia il Drago Divino e i suoi legami con le terre di Ashina.
Altra figura importante di cui discutere è il grande serpente bianco, creatura che ha dei collegamenti interessanti con il Drago Divino, soprattutto se si è visto il finale intitolato Ritorno.
Vi ricordiamo che gli spoiler saranno inevitabili nel trattare certi argomenti, dunque, se non avete ancora finito il gioco, vi consigliamo di tornare una volta concluso.
Draghi e Kami
Uno dei punti principali della lore di Sekiro è la presenza del Drago Divino, che ha preso dimora nelle antiche terre di Ashina. Questo mistico essere è la base su cui si fonda tutta la storia. Prima di entrare nel dettaglio, però, è meglio chiarire il concetto di Kami: il termine viene spesso tradotto con “dio” o “divinità”, ma in realtà questa parola ha moltissime sfaccettature. Se infatti il Dio della religione cristiana in giapponese è indicato come “Kami”, allo stesso tempo sono ugualmente definite anche molte divinità minori o semplici spiriti. In origine il termine era riferito alla concezione di divinità nella religione Shintoista; i Kami sono di vario tipo e vanno da quelli superiori come la Dea Amaterasu, identificata con il Sole, fino a spiriti che risiedono nei singoli elementi della natura, come ad esempio un fiume o una montagna. Fondamentalmente sono esistenze legate alla visione shamanica e spirituale di questa antica religione.
In una delle sequenze visivamente più belle del gioco, vediamo Lupo entrare nel mondo celeste e affrontare proprio il Drago Divino, che viene rappresentato come un’estensione di un grande albero di ciliegio. Il combattimento non sembra avvenire nel mondo materiale, ma in una dimensione cui Lupo può accedere dopo aver pregato presso una roccia sacra e aver superato diversi Torii, che nella tradizione nipponica indicavano proprio le porte per il mondo sacro e che sono infatti presenti in tutti i templi dedicati ai Kami. Molti giocatori saranno poi rimasti piuttosto stupiti quando, arrivati al momento di raggiungere il Palazzo della Sorgente, si sono visti trasportati da un essere gigantesco fatto di corde: queste sono le corde sacre chiamate Shimenawa, anch’esse poste nei luoghi sacri come simbolo di separazione fra mondo umano e mondo divino; non sono però semplici porte come i Torii, ma rappresentano piuttosto una barriera da non valicare per non disturbare la divinità che abita al di là di tale soglia, mentre in altri casi delimitano un’area sacra per evitare che i suoi influssi provochino qualche calamità.
Non è dunque un caso che sia proprio un essere fatto di queste corde speciali a portarci nel luogo più sacro del gioco, dove risiede proprio il Drago Divino.
Ci sono anche altri particolari che legano la figura del drago a quella dei Kami giapponesi. Secondo la tradizione, tra un Kami e il popolo si forma uno speciale legame: le persone si impegnano a rispettarlo e a servirlo nei suoi bisogni e la divinità, in cambio, si prende cura di loro e adempie al suo compito secondo la propria natura. Ad esempio, un Kami della terra potrà fornire un buon raccolto, mentre un Kami della pioggia assicurerà l’acqua necessaria. Se le condizioni dell’accordo non sono però rispettate, allora la popolazione subirà la collera della divinità, che si manifesterà ad esempio con la carestia o la siccità, stando agli esempi precedenti.
Il Drago Divino garantisce l’immortalità a un particolare erede, creando anche le acque della sorgente che avrebbero dovuto donare benessere alla popolazione di Ashina. Queste condizioni sono venute a mancare quando l’ossessione dell’immortalità si è diffusa tra il popolo di Ashina, in particolare la volontà di prolungare un’esistenza, quello dello stesso clan, ormai destinata a scomparire nella guerra contro il Governo Centrale. Molto probabilmente il Mal di Drago stesso va letto come una conseguenza della volontà di scardinare l’ordine naturale delle cose.
Durante la boss battle contro il Drago Divino possiamo notare una ferita sul suo torace e la mancanza di un braccio, presumibilmente segni del sacrilegio compiuto nei confronti dell’essere immortale, sacrilegio che ha poi causato i mali successivi. Ci sono varie teorie sulle origini di queste ferite: secondo alcuni è per via di Takeru, che ha sottratto un ciliegio dal mondo divino per portarlo nel mondo degli uomini e da cui è poi stato strappato un ramo. Takeru ha poi anche negato il suo rettaggio, anche se non conosciamo i dettagli della sua storia. Per altri è colpa del Gufo, padre adottivo di Sekiro, che ha rubato il ramo sacro di Takeru tenendolo per sé così da portare avanti il suo piano per ottenere l’immortalità. Un’altra possibilità è che il drago sia arrivato in Giappone già in parte ferito, fuggendo dal suo luogo di nascita per evitare il male che lo stava distruggendo.
Sappiamo poi che il Drago Divino non è originario della terra del Sol Levante, come ci viene detto più volte nel gioco. Questo lo si può capire dalla forma che ha il dragone, forma di chiara ispirazione cinese. C’è da dire però che anche in Giappone i draghi hanno una forma simile, proprio perché ispirati dalla cultura cinese, e, anzi, nel mondo nipponico i draghi sono solitamente associati proprio all’elemento acquatico. Altro indizio che ci fa capire le origini “occidentali” della creatura è la spada che impugna durante il combattimento. Questa è una spada reale, chiamata “Spada dalle Sette Lame”, un antico manufatto, probabilmente usato più a scopo rituale che per dei veri combattimenti, che fu donato dal re di Baekje al re di Yamato. Il regno di Baekje apparteneva all’antica Corea del Sud, anche se al tempo poteva anche essere un territorio legato alla Cina, mentre il regno di Yamato era quello dominante nell’antico Giappone. Questa vicenda è riferita nel Nihon Shoki, uno dei più antichi testi nipponici, i cui sono narrati in ordine cronologico gli eventi storici del Giappone, sin dal tempo delle divinità.
Ci sono ulteriori interessanti dettagli che possiamo notare nel Palazzo della Sorgente. Questi si riferiscono ad altre due leggende giapponesi legate ai draghi. La prima in realtà ha origini cinesi, ma è divenuta molto popolare anche in terra nipponica ed è la leggenda della carpa che divenne drago. Secondo questa storia, una carpa nuotava con tutte le sue forze per risalire il Fiume Giallo, raggiungere la Porta del Drago e oltrepassarla. Nonostante la difficoltà e le derisioni subite dagli uomini che la osservavano, la carpa riuscì, grazie all’aiuto del dio del fiume, a superare la porta e a trasformarsi in un imponente dragone. Questa storia simboleggia l’importanza di perseverare e di non arrendersi di fronte alle difficoltà o all’opinione altrui, andando sempre dritti per la propria strada fino ad arrivare al successo, anche se con grandi sacrifici. Probabilmente conoscerete già questa leggenda per via di Magikarp in Pokémon e la sua evoluzione Gyarados, ispirata proprio da questo mito.
Nel Palazzo della Sorgente di Sekiro, il lago che compone gran parte dell’area è pieno di carpe e tra queste la carpa gigante che si dice sia immortale, (anche se poi verrà dimostrato il contrario). I nobili del luogo probabilmente un tempo erano stati umani, come dimostra la storia raccontata dalle due anziane donne che si incontrano nelle stanze del palazzo, e che narrano del padre divenuto uno dei nobili e servo della grande carpa. Sia quest’uomo che gli altri dignitari, se analizzati da vicino, hanno squame e arti simili a pinne, il che dimostra che stanno subendo una trasformazione in esseri simili a pesci, e più precisamente a carpe. Gli esseri incontrati nel regno celeste subito prima di affrontare il Drago Divino sono molto simili ai nobili del palazzo, dato che anch’essi sono dotati di un flauto, ma appaiono fatti di legno: che sia un’ulteriore evoluzione, dopo la fase di uomini-carpa, in uomini-drago? D’altronde il loro nome nella boss fight è Vecchi Draghi dell’Albero.
Altro legame interessante è con la leggenda di Urashima Taro. In questa storia un giovane pescatore salva una tartaruga dalle angherie inflittele da alcuni bambini, e questa, per ringraziarlo, conduce il ragazzo nel Palazzo del Dio Drago del Mare chiamato Ryūgū-jō (secondo alcune versioni sarebbe la stessa divinità della storia di Omukade di cui parlavamo prima). Qui il pescatore scopre che in realtà la tartaruga è la principessa Otohime e vive tre giorni bellissimi in sua compagnia. Preoccupato per i suoi genitori, il giovane decide però di tornare da loro; la principessa allora gli dona una scatola, facendogli promettere di non aprirla per nessun motivo, qualsiasi cosa fosse successa. Urashima promette e torna alla sua casa, ma con sgomento scopre che fuori dal Palazzo del Drago erano passati 300 anni e non solo tre giorni. Disperato, Urashima si ricorda della scatola e decide di rompere la promessa fatta alla Principessa, sperando che all’interno ci sia qualcosa che magari possa aiutarlo in quella terribile situazione. Aperta la scatola, però, Urashima invecchia di colpo di tutti gli anni che non aveva vissuto sulla terraferma, morendo di vecchiaia.
I nobili del Palazzo della Sorgente infliggono uno status unico nel gioco chiamato “Debolezza”, risucchiando la vitalità del nostro protagonista in modo da renderlo un vecchietto vulnerabile. Anche le due anziane già ricordate, uniche umane presenti nel palazzo, probabilmente all’arrivo in quel luogo erano giovani, ma a quanto pare i nobili si nutrono dell’energia vitale degli uomini (anche per questo probabilmente hanno rapporti con il villaggio di Mibu da cui arriva la maggior parte degli umani presenti nel luogo sacro). L’invecchiamento causato dagli abitanti del Palazzo della Sorgente è dunque; presumibilmente, un riferimento alla leggenda di Urashima Taro.
Il Serpente Bianco
Oltre al Drago Divino incontreremo un’altra creatura definita ultraterrena, ossia l’enorme serpente che ci darà la caccia a più riprese. In Giappone i serpenti sono considerati dei parenti dei draghi, ma meno potenti. Il grande serpente bianco che si incontrerà durante l’avventura è considerato una divinità dalla gente di Ashina, tanto che un testo presente nel gioco descrive il rituale chiamato “rito nuziale”, in cui una persona viene offerta in sposa al serpente; nell’atto pratico, si tratta in realtà di offrire qualcuno come snack al serpentone, per tenerlo buono ed evitare che faccia disastri. I serpenti bianchi sono probabilmente i legittimi Kami di quelle terre, anche se sono fisicamente tangibili, al contrario del Drago Divino. Possiamo anche trovare un tempio dedicato a queste feroci creature dietro il castello di Ashina, prima di accedere alla Forra dove le stesse risiedono.
I serpenti, secondo il folklore nipponico, simboleggiano la rinascita e l’immortalità, per via della loro capacità di cambiare pelle. Il serpente bianco, poi, è considerato una manifestazione della dea Benzaiten (o Benten per gli amici), divinità importata in Giappone con l’avvento del Buddhismo. Benzaiten era una dei Sette Dèi della Fortuna ed era associata alle arti, come il canto e la danza, alla conoscenza e all’acqua, infatti la maggior parte dei templi a lei dedicati si trovano in prossimità del mare, di fiumi o di laghi. Suo messaggero, e a volte avatar, era proprio un serpente bianco.
In Sekiro si possono notare diverse statue che rappresentano una divinità femminile con attorcigliato intorno al corpo un serpente bianco e la più evidente è quella nel tempio sotterraneo nella Forra, dove si trovano le pozze di veleno e, in profondità, il secondo serpente. Qui, sull”altare completamente insanguinato, si potranno trovare le viscere di serpente essiccate con intorno delle ossa di uomini, oltre a degli Shimenawa che sembrano violati (forse qualcuno ha disturbato la divinità serpente?). Gli indizi fanno pensare a dei rituali sacri celebrati proprio per venerare il grande serpente bianco, ma non ci sono ulteriori approfondimenti nel gioco.
Il finale denominato “Ritorno” crea chiaramente un collegamento fra il Drago Divino e i serpenti bianchi, infatti si dovranno recuperare entrambe le viscere di serpente, sia quelle essiccate che quelle fresche, da donare alla Fanciulla Celeste per farla diventare il contenitore o la culla del potere del sangue di drago, e quindi di Kuro, per poi riportare la divinità nel suo luogo d’origine. La nostra supposizione è che questi organi servano a completare il potere della Fanciulla Celeste, imperfetto perché la giovane non è una legittima discendente del drago. Consumando le viscere dei serpenti, dove, secondo la spiegazione data nel gioco, risiede l’anima di queste divinità, la giovane, sacrificando parte di sé, riesce a divenire veicolo dell’eredità del Drago Divino per portarla fino al luogo a cui appartiene. Nel finale considerato da molti canonico, e che lascia facilmente presumere la volontà di realizzare un seguito del titolo, notiamo anche come la giovane sia vestita da monaca in pellegrinaggio, in un viaggio verso Occidente, cosa che non può non ricordarci a grandi linee il Saiyuki, la famosa leggenda, anch’essa di origine cinese, con protagonisti Genjo Sanzo (Sanzang in originale) e Son Goku (Sun Wukong in originale)…ma questa è un’altra storia.
Voto Recensione di Sekiro: Shadows Die Twice - Recensione
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