Sekiro: Shadows Die Twice | I Diari del Lupo Grigio: Pagina 6
La sesta pagina dei Diari del Lupo Grigio, la rubrica un po’ “feuilleton” dove raccontiamo una run di Sekiro: Shadows Die Twice come se fosse il diario personale del protagonista. In questa puntata un incontro importante.
a cura di Adriano Di Medio
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: From Software
- Produttore: Activision
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 22 marzo 2019
Bentornati ai Diari del Lupo Grigio, la run su Sekiro: Shadows Die Twice narrata come se fosse il diario personale del Lupo. La sua odissea è iniziata con la perdita dell’onore e il suo percorso per riguadagnarlo, e nella puntata precedente l’abbiamo visto sbarazzarsi di un’altra minaccia e potenziarsi verso il nuovo grande nemico della Tenuta Hirata. Non indugiamo oltre e lasciamogli la parola.
Giorno 13: Servitore
Non riuscivo a ragionare con il freddo addosso e con la mente compressa. Il riposo all’Idolo dello Scultore ha per fortuna risolto questi problemi. E mi ha fatto capire perché avevo indietreggiato di fronte al flaccido gigante sul ponte: nella mia mente si era impresso l’Ubriacone. Ci deve essere un modo anche per lui… Un modo che coinvolga il fuoco. Utilizzo l’Idolo e torno all’androne. Esploro un altro po’, accanendomi contro i soldati con la torcia per evitare che chiamino gli altri. Le prime volte provo a scappare rifugiandomi sui tetti, seppure mi accorga da subito che gli appigli sono pochi a causa di questo fuoco apparentemente inestinguibile. E poi succede l’inaspettato: mentre sono vicino al fuoco una sensazione strisciante mi arriva fin nelle budella. Comincio a guardarmi intorno ma mi ritrovo a fissare solo una serie di punti indefiniti tra le fiamme, prima che quella sensazione mi afferri il corpo come una mano artigliata e mi spedisca forzatamente incontro alla morte.
Il mio sguardo riprende la concezione di forme e ombre all’Idolo dello Scultore. È inquietante, ma ho capito che alla Tenuta Hirata si muovono invisibili presenze spettrali, capaci di uccidere semplicemente con la loro presenza. Presenza che però si manifesta solo sui tetti, quindi posso solo lasciar perdere il rampino in questa zona: non ne vale proprio la pena. Riprendo la prosecuzione a piedi approfittando della poca vigilanza delle guardie: sembrano del tutto incapaci di sfruttare la propria superiorità numerica. Il loro incedere è piuttosto rallentato e si curano poco dei loro compagni caduti, bloccati come sono in pigre ronde. L’ennesimo particolare a cui non riesco a dare una spiegazione, accompagnato stavolta da una sorpresa: quando attraverso il laghetto trovo un samurai in mezzo alle ninfe. Dapprima mi avvicino con circospezione, ma anche quando mi vede non diventa aggressivo. Ha un kimono azzurro e il capo rasato con il solo mage, il nodo sopra la testa tipico dei samurai più formali. Neanche mi dice il suo nome, mi riconosce come shinobi e dice di avere dei doveri nei confronti del padrone di casa: anche lui è al servizio dell’Erede Divino, per quanto non sembri al corrente dei suoi poteri. Guarda torvo Juzou e i suoi uomini, e quando faccio per avvicinarmi al nemico parte all’attacco. Sono troppo colto di sorpresa per aiutarlo degnamente, e nonostante i colpi che assesta viene ben presto sopraffatto. Ancora una volta non sono in grado di tenere testa all’Ubriacone, che per quanto meno aggressivo di prima riesce ancora una volta a uccidermi senza troppo sforzo.
Quando mi risveglio all’Idolo dello Scultore ricontrollo la pergamena delle Arti Shinobi e decido di imparare qualche altra abilità. Nel mio accumulo di punti intorno al laghetto riesco ad arrampicarmi sopra una delle rocce appuntite e noto come il samurai che avevo visto morire schiacciato dagli uomini di Juzou è di nuovo lì, senza distogliersi. Allora non posso che avere la conferma che il potere dell’Idolo dello Scultore è il riavvolgimento del tempo. Per quanto già così sia qualcosa di assolutamente folle, è anche vero che tale “distorsione” è limitata, perché può “regredire” solo se determinati nemici sono ancora in vita. Ciò comunque significa che quel samurai sarà sempre disposto ad aiutarmi, e con un po’ di fuoco da parte del mio braccio protesico anche Juzou potrebbe cadere. Per assicurarmi che non mi veda vado a sinistra e scopro un piccolo camminamento in legno che costeggia la villa in fiamme. Mi porta direttamente dietro le spalle del campione e dei suoi scagnozzi, quindi ne approfitto e attiro verso di me quelli con lo scudo e prendo alle spalle quelli meno protetti. Il gigante si accorge di me e sono costretto a scappare, vedendomi costretto a ripiegare sui tetti. Per fortuna stavolta gli spettri si disinteressano di me e Juzou rinuncia a inseguirmi. Di nuovo aspetto che si rimetta al suo posto… il suo disinteresse per la morte dei suoi uomini mi fa qualcosa tra il triste e il depresso. Forte delle mie nuove abilità silenziose mi avvicino alle sue spalle e gli assesto il primo colpo mortale: lui ruggisce furioso ma io scatto verso il lago. Il samurai mi vede e subito interviene distraendolo. Incurante dei colpi di katana Juzou beve un lungo sorso e poi soffia una coltre di goccioline color verde malattia, prendendo sia me che il samurai. Me lo levo in fretta da dosso ma le zone colpite cominciano consumarsi: veleno. Bevo dalla fiaschetta e riparto all’attacco, ammirando sinceramente la stoica resistenza del mio alleato. Con una manata inconsulta Juzou mi uccide, ma sono arrivato fin troppo lontano e decido di attingere al potere del mio signore sfuggendo alla morte. L’Ubriacone vomita di nuovo ma è il suo ultimo sorso, visto che non riesce a gestire due spade che bramano di tagliarlo. Riesco a malapena a sopravvivere prima di vedere il samurai stramazzare a sua volta, vinto dall’ultima ondata di veleno che il suo corpo non era riuscito ad assorbire del tutto.
Giorno 14: Gufo
Ho rivolto un saluto al samurai che ho visto morire avvelenato. Il suo ultimo pensiero è stato per il suo signore, che crede di aver deluso. Se fosse vissuto un po’ di più, avrebbe capito che così non è stato: Juzou è morto e la villa è accessibile. Tuttavia non è così densamente popolata come tutto il resto della tenuta: solo quattro scagnozzi alla ricerca di ninnoli, che in questa parte della tenuta sono ancor di meno rispetto all’esterno. Trovo un altro Idolo dello Scultore e subito accanto una donna terrorizzata, genuflessa vicino alle porte scorrevoli. Interpellata mi dice che il padroncino Kuro è in pericolo e che suo figlio è andato a salvarlo. Facile riconoscere in lei quella stessa donna che mi ha donato il sonaglio durante le mie esplorazioni ai Dintorni di Ashina. Solo un’ulteriore prova che mi trovo nel passato, e che il salto di tre anni accennatomi dal ninja morente del ponte è un’informazione che non può essere che autentica. Oltre l’Idolo dello Scultore c’è un lungo corridoio, in fondo al quale trovo un altro samurai morente. Con gli ultimi fiati mi parla di una strana donna che fa illusioni e che si muove con letale leggerezza, e mi consegna una strana piantina che, a suo dire, dovrebbe snebbiarmi la mente. Oltre lui la porta è chiusa, ma sbirciando vedo come la stanza successiva sia molto piccola, con una porzione del tatami rialzata rispetto al resto: il più banale degli artifici per far capire che sotto c’è una botola. In teoria potrei anche sfondare questa porta, tuttavia qualcosa dentro mi impedisce di andare oltre. È la sensazione di un pericolo imminente e troppo più grande di me… Torno indietro.
C’è ancora una parte della Tenuta che non ho esplorato, il secondo ponte. Se un grassone è già caduto, quello che fa la guardia lì non deve rappresentare una minaccia peggiore. Mi teletrasporto e lo affronto attirandolo oltre il fiume: i suoi colpi sono dannosi ma si muove in maniera flaccida e pesante. Un po’ di pazienza e cade, non avendo la forza di volontà per resistere a più di un colpo mortale di Kusabimaru. Percorro il sentiero circondato dal bambù, che bruscamente si apre sulle mura interne della villa. Tutta la costruzione sta andando a fuoco e il rogo blocca la strada per il salone principale… Sono occupato a cercare con lo sguardo un punto dove il fuoco è meno intenso per poterlo attraversare, quando noto una figura massiccia appoggiata su una vicina roccia: il Gufo, mio padre adottivo.
Mi inginocchio accanto a lui, e il suono della mia voce lo fa rinvenire: è gravemente ferito. Come mi ha insegnato, riesce a rimanere calmo e mi dice che il mio signore è in pericolo. Non ha parole di cordoglio o incoraggiamento: il mio signore è nella villa ma il fuoco è insuperabile. Va solo aggirato vicino a una pagoda più a valle. Per raggiungere l’Erede Divino mi consegna una chiave che “aprirà la porta giusta quando sarà il momento”. Rispettoso della sua volontà, non gli dico che ho già scoperto quel che mi dice: non vado alla ricerca di rassicurazioni, devo solo lasciarlo compiere il suo ultimo dovere di padre e maestro. Il codice che il Gufo mi ripete è sempre lo stesso, da quando tanti, troppi anni fa mi ha raccolto su quel campo di battaglia dimenticato: la volontà e la salvezza del mio signore vengono sempre per primi. L’unica cosa che le supera sono le volontà paterne. Detto questo spira.
Rimango in silenzio per un po’, ascoltando il crepitare del fuoco. Sotto di me ci sono alcuni spunzoni di roccia con dei piccoli templi votivi. Giocando di rampino mi sposto velocemente dall’uno all’altro, fino alla porzione di bosco di bambù con pagoda più grande. Non è altro che il pozzo che ho scoperto un po’ di tempo fa, che conduce al grande spiazzo con laghetto dove ho affrontato Juzou.
Non preoccuparti, padre. L’Erede Divino non correrà alcun rischio, non finché sarò vivo.
In questa puntata dei Diari del Lupo Grigio abbiamo visto il Lupo sconfiggere un altro potente nemico, che nonostante l’aspetto ipertrofico ha delle movenze non troppo dissimili da quelle del lottatore di sumo. Più interessante la presenza del samurai, in quanto viene dipinto con il tipico abbigliamento del guerriero devoto, dal nodo sulla testa ai vestiti tradizionali. Lo sprezzo del pericolo e il suo forte senso dell’onore sono cose ancora adesso associate alla sua figura, così come l’essere pronto anche a sacrificare la propria vita. Il personaggio del Gufo invece rimane piuttosto ambiguo, dato che la sua severità più che paterna si associa al suo nome, visto che il folklore asiatico vedeva il gufo come un animale protettore, specialmente per quanto concerne i bambini. Nella prossima puntata assisteremo a un altro scontro importante per il Lupo, quindi rimanete con noi!