Sekiro: Shadows Die Twice | I Diari del Lupo Grigio: Pagina 5
La quinta pagina dei Diari del Lupo Grigio, la run su Sekiro: Shadows Die Twice raccontata come se fosse il diario personale del Lupo.
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a cura di Adriano Di Medio
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: From Software
- Produttore: Activision
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 22 marzo 2019
Bentornati ai Diari del Lupo Grigio, la partita su Sekiro: Shadows Die Twice resa come se fosse il diario personale del protagonista. Il viaggio del Lupo è cominciato quando ha perso il suo onore, rendendosi poi conto di avere la possibilità di recuperarlo. Nella puntata precedente lo abbiamo visto affrontare e sconfiggere quello che viene spesso additato come lo “scoglio” iniziale di Sekiro, ovvero il terribile orco incatenato con gli occhi rossi. La sua esplorazione continua, quindi lasciamogli la parola.
Giorno 10: Saké
La morte dell’orco mi ha fruttato un seme di zucca, un grano di rosario e molta energia da canalizzare all’Idolo dello Scultore. La soddisfazione nell’abbattere quell’odioso mostro è stata tanta, ma ora come ora non me la sento di azzardare oltre. Ho bisogno di rimettere in ordine la mia mente, pertanto torno al Tempio in rovina. Subito mi viene incontro Emma, la ragione del cui entusiasmo è presto detta: ha trovato un modo per curare il Mal del Drago. Subito mi consegna una strana goccia bianca luccicante, dicendomi di offrirla all’Idolo dello Scultore. Quando lo faccio una calda luce mi avvolge e il mondo intero sembra riprendere fiato.
Consegno quindi a una Emma decisamente risollevata il seme di zucca, che subito finisce dentro la fiaschetta. Mentre aspettiamo che germogli attingendo allo spirito della fonte sacra, mi dice che molti anni prima sempre ad Ashina ci fu un’epidemia di Mal del Drago. A quei tempi non si conoscevano cure, quindi un contagio equivaleva a una sicura condanna a morte. Il retaggio del sangue di drago può quindi compiere efferatezze terribili sul corpo umano, e questo da un lato spiega il suo essere stata così entusiasta all’idea di aver sintetizzato una cura. Per quanto mi sforzi di essere cortese con lei, la mia mente è già avanti: l’antidoto di Emma è efficace ma ancora troppo limitato. Se i campioni di sangue richiesti aumentassero a ogni sintesi, allora avremmo solo ingigantito il problema. Devo trovare qualcun altro che lo produca o qualche mercante che possa cedermelo in cambio di denaro, il cui accumulo non si sta rivelando un grosso problema. Uno dei vantaggi di questo limbo e del suo continuo rigenerare i nemici è che posso ogni volta raccogliere bottino.
Quando ormai il semino ha attecchito ed è in via di sviluppo Emma mi accenna anche che lo Scultore ha smesso di tossire, e che la cosa va festeggiata. Mi consegna del saké raffinato, e quando lo porto allo Scultore egli mi chiede di condividerlo. Allora mi siedo e beviamo, e anche questa è occasione per una breve chiacchierata. Apprendo che il maestro di Emma è il famoso inventore Dogen, un genio della meccanica che tra le altre cose ha inventato anche il lancia-shuriken tuttora sul mio braccio. Stando alle sue parole Dogen era talmente bravo e dedito alle sue macchine da aver trasformato un mestiere in una folle ragione di vita. Una storia triste, anche se un po’ contrastante con quello che mi ha detto Emma stessa: lei si riferiva a Dogen non come a un maestro, ma come a un padre. Ci sono molti segreti che nessuno mi rivelerà mai… E d’altro canto non ho tempo di occuparmene.
Giorno 11: Scoglio
Interessanti questi grani di rosario: la loro unione con l’energia scaturita dall’Idolo dello Scultore può aumentare le mie capacità fisiche. Prima però ho un altro compito: la zona in cui era incatenato l’orco era bloccata da una strana nebbia, che fitta e liquida come acqua mi impediva di passare oltre. La sconfitta del mostro l’ha completamente diradata e posso vedere cosa c’è oltre. Questo nuovo corpo di guardia è a sua volta deturpato da quello che pare un altro buco causato da un colpo di artiglieria. Lo utilizzo per entrare e subito per terra trovo uno strano tubo con una lente in fondo. Lo metto in borsa e mi ritrovo in un altro cortile: curiosamente la vegetazione è qui più presente, e la neve deve un po’ arretrare di fronte al rosso spento di un albero arresosi all’autunno. L’erba pallida dell’inverno mi aiuta a non farmi vedere dai vari soldati che sorvegliano stancamente quello che appare come uno strano vicolo cieco.
Ma proprio vicino all’albero trovo un altro di quei samurai dalla lunga katana. È seduto a terra e rimugina su una mappa srotolata sul tavolo davanti a lui. Attorno a lui c’è una strana aura di maestosità, dovuta anche ai vari cassettoni di legno e al mon che svolazza pigro. Lo stendardo è rosso come i vestiti dell’uomo. Decido di lasciarlo perdere e di avanzare, ma quando sorprendo uno dei fucilieri e lo riduco al silenzio sento dei lamenti folli e poi uno scampanare: un ometto con il cappello a cono e la pelliccia è seduto molto in alto e sta richiamando tutti alla mia posizione. Non penso neanche a provare a contrastarli tutti e batto in ritirata strategica. Anche il generale si era lanciato all’inseguimento, dimostrandosi ancora più dannoso di prima.
Però adesso la possibilità di fare bottino è diventata più concreta. L’orco era terrorizzato dal fuoco, ma ho anche avuto modo di vedere come anche su una pelle dura come la sua l’olio facesse i suoi danni. Per quanto addestrati i samurai rimangono pur sempre esseri umani. Riprendo coraggio e con calma riduco al silenzio tutte le guardie, partendo proprio dal tizio che scampana. In tutto questo processo il generale rimane impassibile e assorto, tanto che riesco a piombargli addosso dall’alto e a sferrargli un primo colpo mortale. Vi resiste, ma me lo aspettavo. Il suo muoversi è pauroso ma non imprevedibile, e quando gli tiro l’olio e poi lo incendio subisce stoicamente i danni ma il calore lo rallenta. In un certo qual modo sono ammirato dallo stoico addestramento che lo ha portato a non perdere autocontrollo neanche in una simile situazione, ma mi basta un po’ di pazienza e anche lui finisce in fila per la reincarnazione.
Raccolgo il suo bottino e torno indietro a riposarmi all’Idolo. I grani si accumulano, ma se con questo generale è andata così bene il trucco del fuoco potrebbe funzionare anche con gli altri samurai che ho incontrato prima. Provo a tornare dove c’era il generale e non lo trovo più: una simile prova mi fa pensare che l’Idolo dello Scultore in realtà abbia il potere di riavvolgere il tempo e non di distorcerlo. Nei fatti è dal molto tempo che tanto i dintorni di Ashina che la tenuta Hirata sono sempre fermi a una medesima ora del giorno. Contemporaneamente ci sono anche cose che questi idoletti non riescono a riportare indietro, come appunto le minacce diverse dai soldatini. Con qualche colpo di rampino torno indietro, arrivando vicino a dove la vecchia mi aveva consegnato il sonaglio e dove ho un conto in sospeso con l’altro samurai. Quella che fino a poco tempo fa era qualcosa di solamente aggirabile adesso cade a sua volta con un po’ di fuoco e una mente più allenata di prima. Anche da lui raccolgo bottino tra cui un seme di zucca, e dopo essere passato da Emma per farmelo impiantare nella fiaschetta curativa torno al corpo di guardia a precipizio sulla montagna, alla ricerca di un punto dove proseguire. Un punto che però non sembra essere da nessuna parte: riesco a trovare un altro Idolo dello Scultore sotto la scogliera e a riposarmi. Ho dato un’occhiata all’antica mappa del generale: rappresenta una versione stilizzata di tutta la regione. Sono riuscito a riconoscervi la tenuta Hirata, a ovest rispetto a questo castello.
Giorno 12: Cacciatore
Alla fine sono tornato alla Tenuta Hirata. Giunto al primo ponte ho visto che il volo fino a sotto non sarebbe stato traumatico per la mia costituzione, quindi mi sono buttato e ho nuotato per quanto possibile, contrastando la corrente del fiume. A un certo punto ho intravisto un ramo e mi sono tirato su col rampino. Ho rincominciato a risalire un ramo dopo l’altro fino a ritrovarmi in una strana area con una pagoda e altre guardie, le cui ombre si confondevano con i fitti bambù. Sono però soldati deboli e nessuno veramente in grado di darmi preoccupazioni. Sorvegliavano tutti una strana grotta. Il fatto che mi dessero praticamente tutti le spalle ha facilitato il compito a Kusabimaru. La grotta si è rivelata essere il fondo di un pozzo: le pietre ordinate ma sporgenti mi hanno permesso di arrampicarmi e saltare fino alla cima… Ritrovandomi avvolto nel fuoco. Sono oltre la barriera di fiamme, nel pieno dell’incendio. C’è però un Idolo dello Scultore, che uso per riprendere fiato. Anche qui la soldataglia si aggira incurante dei rischi, alla ricerca di qualcosa da rubare nel complesso di costruzioni attorno al laghetto con ninfeo che separa il nucleo principale della tenuta dal resto. Probabilmente è proprio l’umidità di questa grossa polla che ha rallentato il propagarsi dell’incendio. L’entrata della villa principale è però bloccata da una figura imponente: un guerriero gigante e massiccio come un lottatore di sumo, con una lunga spada ricurva. Gli uomini che lo circondano sono però più preparati degli altri ladruncoli e in breve finisco sopraffatto. Poco prima di essere avvolto dal buio sento che il loro capo si chiama Juzou l’Ubriacone.
Ho probabilmente scoperto qualcosa in anticipo: l’entrata da un pozzo prosciugato è qualcosa di quasi normale per uno shinobi, ma chiunque altro sceglierebbe il sentiero. Non ho altra scelta: devo sgombrare quest’ultimo. Ho adottato la medesima strategia delle fiamme contro il Cacciatore di Shinobi, il monaco guerriero che mi blocca l’accesso al sentiero verso la villa incendiata. Ha una strana mise, mi ricorda quelle che ormai la recente tradizione associa al leggendario Uesugi Kenshin. Ma non ho tempo per riflettere, e con un po’ di attenzione il Cacciatore di Shinobi cade senza neanche costringermi a impiegare la tecnica del contrattacco mikoshi.
Dopo essermi riposato all’Idolo dello Scultore appena oltre la nebbia, vedo che il sentiero continua a procedere verso l’alto. Altri uomini con la torcia, con più arcieri disposti nei numerosi spuntoni di roccia. Non sono in ogni caso una grossa minaccia, e dopo la morte del Cacciatore di Shinobi il morale è alto. Quando arrivo in cima alla scogliera continuando a raccogliere l’olio che trovo addosso ai loro corpi, vedo come il ponte di legno sia presieduto da due tizi con lo scudo… e un energumeno con martello. È sicuramente un uomo, ma ha una forma mostruosa e la pelle orribilmente sbiancata. Il suo corpo flaccido ondeggia con disgusto mentre mi aspetta. Evidentemente non sa che non è questo lo stile dello shinobi, quindi decido di tornare indietro ed esplorare ulteriormente il fiume. Con la mente più libera dalle minacce scopro un altro pozzo prosciugato che risalgo. In cima c’è un tempietto chiuso a tre piani: era quello di cui parlava il tipo sospetto nel cortile. A sorvegliare il posto c’è uno strano ninja avvolto in un mantello di piume di corvo ormai sbiancate. Ben presto capisco che è troppo veloce per me, ma riesco ad aprire il tempio e a sgraffignare quello che c’è dentro prima di ributtarmi nel fiume schivando tanto i colpi quanto le maledizioni del tizio corvino.
Quando torno sulla terraferma e mi sono ripreso dalla nuotata notturna, vedo che il mio bottino è un piccolo marchingegno che sembra sputare fumo e piume. È un altro strumento protesico, progettato per aumentare la mia elusività. Questo almeno in teoria, visto che probabilmente richiederà non poca pratica per essere padroneggiata. Adesso devo aspettare che mi si asciughino i vestiti… Mi sento come se fossi avvolto in un nori, il foglio d’alga essiccato che usa per il riso.
Passato lo “scoglio” dell’orco incatenato, la puntata di oggi dei Diari del Lupo Grigio ha visto maggiore esplorazione e la sconfitta di un altro miniboss. Il Cacciatore di Shinobi presente alla Tenuta Hirata ha infatti una mise che a livello occidentale è diventata associata al condottiero Kenshin Uesugi. Questo militare giapponese è rimasto famoso a livello nazional-popolare per essere stato la “nemesi” morale del ben più famoso Shingen Takeda. I due scontrarono i rispettivi eserciti nelle cinque battaglie di Kawanakajima, combattute tra il 1553 e il 1564. La loro abilità tattica era tanta e tale che non vi fu mai né vincitore né vinto. I due stranamente però si rispettavano molto, e la tradizione li dipinge come estremamente leali, tanto che in un’occasione si pagarono vicendevolmente i rifornimenti pur di non rinunciare alla battaglia. Più interessante il fatto che proprio nel 1564 Shingen era riuscito a portare sotto la propria ala proprio un clan di nome Ashina, ennesimo elemento “fantastorico” in un contesto prevalentemente fantasy come quello di Sekiro. Rimanete con noi per la prossima pagina!
Voto Recensione di Sekiro: Shadows Die Twice - Recensione
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