Sekiro: Shadows Die Twice | I Diari del Lupo Grigio: Pagina 16
Sekiro, il Lupo di Ashina, raccoglie gli ultimi componenti del rituale, ma nella sua ultima scalata si troverà di fronte alla peggior decisione di tutta la sua vita…
Advertisement
a cura di Adriano Di Medio
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: From Software
- Produttore: Activision
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 22 marzo 2019
Bentornati ai Diari del Lupo Grigio, la run su Sekiro: Shadows Die Twice raccontata in prima persona dal protagonista, il Lupo. Nella puntata precedente lo abbiamo visto percorrere il Villaggio di Mibu ed entrare in possesso di alcune abilità chiave, fino ad apprendere ulteriori informazioni su quanto perversa sia stata la volontà degli Ashina. Ma ormai è giunto il tempo di rendere la testimonianza di un mondo che va in pezzi: lasciamogli la parola, per l’ultima volta.
Giorno 65: Ciliegio
La Monaca Corrotta mi ha lasciato il suo ricordo e una strana pergamena. Quando l’ho aperta si è rivelata essere una tecnica segreta dei Mibu, che mi permette di respirare illimitatamente sott’acqua. Di nuovo qualcosa di praticamente sovrannaturale, ma che testimonia quanto questa Monaca e i suoi seguaci si siano spinti ben oltre la percezione corrente di “perversione”. Mi sono riposato all’Idolo dello Scultore, accusando tutta insieme la stanchezza sia di aver percorso il Villaggio di Mibu che di aver affrontato la Monaca Corrotta. Il riposo mi ha permesso di sfruttare il potere dell’Idolo per apprendere l’abilità. Prima di utilizzarla mi sono però reso conto che è da tempo che non facevo visita all’Erede Divino, quindi mi sono velocemente teletrasportato da lui.
Nella stanza ho trovato come al solito Emma e il mio signore, nuovamente assorto nella lettura. Come al solito, il parlare con me gli ha permesso di riordinare le idee e capire cosa aveva appreso nelle lunghe giornate distorte in cui sono stato lontano. Fin troppo erudito per la sua età, mi ha detto che è attualmente alla ricerca degli ingredienti per compiere il rituale della Rescissione dell’Immortalità. Prevalentemente si tratta di una serie di aromi, da versare tutti nell’incensiere che ha trovato in questa stanza. Questo in teoria dovrebbe portarci a ottenere le Lacrime di Drago dal Regno Celeste. Tali aromi proverrebbero da alcuni fiori e manufatti più o meno millenari. Ha anche accennato a uno strano ciliegio, sempre in fiore in pieno spregio ai millenni. Per la prima volta riesco a rispondergli quasi alla pari, realizzando allo stesso tempo che si trovano in molti luoghi che ho già esplorato.
Prima che me ne andassi però, il padroncino Kuro ha buttato lì qualcosa di inquietante. Ha infatti asserito che nel rituale c’è bisogno anche del suo sangue. Al mio giusto ricordare che lui, in quanto Erede Divino, non sanguina, ha detto che bisogna trovare un modo. Ho brevemente discusso con Emma sull’argomento, e nella sua razionalità non piagata dalle battaglie le è bastato ricordarmi che un modo per far sanguinare l’Erede Divino l’ho portato dietro la schiena per tutto questo tempo: la Lama Mortale. Come prova della sua affermazione mi ha poi anche dato una strana nota scritta da Lord Takeru, un altro daimyo che ai tempi aveva provato il rituale. Mi sono rifiutato di provare immediatamente: non mi fido di quella spada, men che meno di quello che potrebbe fare a chi come me non ha il Retaggio.
Giorno 66: Puntura
Pregando all’Idolo dello Scultore mi sono teletrasportato in vari luoghi. Ho sperimentato il nuovo potere di immergermi sott’acqua, racimolando qualche altro oggetto consumabile ma niente di più. Curiosamente quando sono tornato alla Tenuta Hirata ho trovato uno strano essere dentro a una damigiana che accettava scaglie di carpa come moneta. Ci ho comprato alcuni oggetti importanti ma non troppo.
In realtà non avevo nulla di veramente autentico da fare, ma la camminata mi ha aiutato a pensare. La storia che non conoscevo le conseguenze della Lama Mortale è stata solamente una scusa che mi sono raccontato per coprire un’improvvisa paura. La realtà è che quello che sto portando avanti mi spaventa. Non so infatti cosa potrà autenticamente accadere con questa storia. Il fatto di dover alzare la lama contro l’Erede Divino mi disturba. Non mi rimane che affidarmi all’idea del Rituale di Rescissione, contando sul fatto che l’incenso da preparare potrà effettivamente avere un qualche effetto che forse mi eviterà di dover ferire il mio signore.
Sono tornato quindi dove ho affrontato la Monaca Corrotta e sono proseguito giù per il tempio, ritrovandomi in una grotta dove un fascio di luce lunare emergeva da sopra, tagliando in due un laghetto sotterraneo con al centro un palanchino distrutto. Un segno di matrimonio, presso cui ho raccolto una pietra aromatica dalla consistenza spinosa. Stavolta è stato facile identificarlo come uno degli ingredienti per il rituale. Motivato dalla scoperta ho viaggiato verso la Valle del Bodhisattva, dove avevo affrontato e sconfitto la Scimmia Guardiana. Anche lì, dopo essermi immerso in un laghetto poco più avanti, sono strisciato in una cavità che il mio nemico teneva bloccata: anche qui ho trovato una piccola polla, al centro del quale cresceva rigoglioso un grande loto bianco, il Loto del Palazzo. Per un momento, ho avuto pietà: è risaputo che l’aroma di questo fiore attrae le femmine di scimmia. Quell’orribile creatura che tanto mi ha fatto penare lo stava semplicemente sorvegliando in attesa di colei che avrebbe eletto come sua sposa.
Ciò però mi ha fatto tornare in mente anche un’altra cosa: mentre affrontavo l’Occhio di Serpente Shirahagi avevo anche provato a impratichirmi col ninjutsu del burattinaio. Se ben utilizzata quest’arte permette di costringere un nemico che si è riusciti a colpire mortalmente a eseguire qualche ordine semplice. Prima che capissi che lo Shirafuji era avvelenabile avevo pensato di rivoltargli contro i suoi scagnozzi, idea che avevo presto abbandonato per via dei suoi alti costi. Però adesso potrei utilizzarla per qualcos’altro.
Vado al Monte Kongo e scendo: poco sotto a dove c’era Kotaro c’è un aquilone sospeso a un congegno che permetterebbe all’oggetto di salire. Salto giù, colgo di sorpresa l’unico nemico che c’è lì, attivo l’arte shinobi del burattinaio e gli ordino di azionare la manovella dell’aquilone, che subito fluttua più in alto. Scatto in avanti, salgo lungo il sentiero, schivo tutti i monaci decomposti, salto su uno degli alberi secolari e riesco a usare l’aquilone come appoggio per il rampino. Un altro po’ di volteggi sui rami e giungo a uno sperone di roccia e a una grotta confinante con la Forra, dove mi riposo a un Idolo dello Scultore. Proseguendo in avanti non arrivo che a un’altra rupe appuntita, con una solida trave di legno che fa da trampolino verso il nulla con equilibrio ci cammino sopra, guardo nel precipizio… e vi trovo il serpente gigante, acciambellato contro uno dei tanti cocuzzoli della Forra. Lo riconosco, è quello che ho accecato nascondendomi nel palanchino quando dovevo raggiungere il cortile del Castello Ashina. E qui, mi viene in mente l’idea più folle di tutte. L’idea che solo qualcuno con nulla da perdere può concepire.
Salto. Dopo pochi metri di caduta il mio istinto mi mette in posizione e Kusabimaru affonda dritta nella testa del serpentone, che comincia a strillare per l’atroce dolore. Il suo selvatico dimenarsi fa sprizzare il suo sangue da tutte le parti, ma non riesce a disarcionarmi visto che mi sono ormai incastrato sulle sue scaglie. Un altro colpo lo fa dimenare in maniera ancor più intensa, infine con il terzo Kusabimaru gli apre la testa in due, causando la fuoriuscita di una enorme quantità di pallido sangue che si riversa a pioggia su tutta la Forra. La ricompensa solo delle Viscere di Serpente fresche, un cuore ancora palpitante che nella forma ricorda in maniera disturbante un loto.
Giorno 67: Assedio
C’è qualcosa che non va. Quando ho provato a teletrasportarmi con l’Idolo dello Scultore alla stanza di Kuro in cima al Castello non ha funzionato. La sensazione, dapprima con la deformazione della realtà ormai familiare, si è interrotta bruscamente obbligandomi a riaprire gli occhi. Davanti a me c’era ancora l’Idolo alla Grotta della Forra. Ne ho scelto un altro, quello all’anticamera del Guerriero, ma anche questo non ha dato segni di funzionamento. Ne ho scelto un altro ancora, quello del cortile dove ho affrontato Gyoubu, e finalmente ha funzionato… Solo per trovare il portone di legno sbarrato. Non mi sono arreso e ho scandagliato gli Idoli alla ricerca di quello potenzialmente più vicino al Castello Ashina, concludendo con quello all’ingresso delle Segrete Abbandonate.
La situazione cui mi sono trovato davanti è stata delirante: Ashina è sotto attacco. Samurai in armatura rossa e armati di doppie spade si muovono alla base del castello, accanendosi spietati contro i soldati semplici di Ashina. E quando questi ultimi periscono puntano a me, esibendo un’abilità di combattimento e una prontezza di riflessi che li rende praticamente impossibili da affrontare più di uno alla volta. Di nuovo è solo il rampino a salvarmi, mi rifugio sulla tettoia e poi attraverso il fossato: la porta che conduceva allo spiazzo dove avevo affrontato il toro infuocato è chiusa, ma posso riattivare l’Idolo dello Scultore e riposarmi.
La scalinata che conduce all’ingresso del Castello Ashina è ancora inapribile, ma i samurai vestiti di rosso continuano la loro scia di sangue, che inevitabilmente si ripete a ogni riavvolgimento del tempo sull’Idolo dello Scultore. Sui tetti se possibile la cosa è ancora peggiore: i ninja con la mantellina di piume sono spesso affiancati da altri shinobi vestiti di viola, che sono in grado di assestare colpi imparabili con il semplice uso delle gambe. Posso solo pensare che siano arrivati fin qui dalle fogne del Lago Ashina, e quello che ho affrontato io non era altro che uno dei loro scagnozzi in avanscoperta. L’unico vero vantaggio che ho trovato è stato quello che gli invasori hanno piazzato una lunghissima passerella di legno e bambù, che collega uno dei tetti della scalinata d’ingresso con il secondo o terzo piano del Castello Ashina. Questo mi permette di salire schivando un po’ tutti i nemici, ormai non mi importa più perché in questa situazione devo prima di tutto accertarmi che l’Erede Divino stia bene. Pochi altri lanci di rampino e sono sulla tettoia dove ho affrontato Genichiro. Mi avvicino all’entrata ma è bloccata dalla nebbia, l’Idolo dello Scultore non c’è e al centro del tatami siede… Il Gufo.
Mi sono tenuto nascosto, perché stava parlando con l’Erede Divino. Il mio signore era diffidente, in quanto si ricorda bene che quella notte alla Tenuta Hirata il Gufo era morto. Sospetta che stia tramando qualcosa, ma il mio padre adottivo lo dissuade e dice di avere un solo desiderio, proteggere l’Erede Divino da chiunque ne minacci la stirpe. Per questo gli chiede di venire con lui. Kuro però non si è lasciato convincere dagli inchini e dalle parole gentili. Identificandolo come l’ennesima povera anima sedotta dal Retaggio del Drago, l’ha invitato ad andarsene. Il Gufo ha accampato la scusa che voleva rimanere a guardare il paesaggio. L’Erede è rientrato nelle sue stanze e solo allora mi sono avvicinato.
Il dialogo con quello che è a tutti gli effetti il mio padre adottivo è stato strano e terribile. Pensavo fosse morto, ma a quanto pare ha solo inscenato la cosa. Quando gli ho detto che sono sopravvissuto grazie al potere dell’Erede Divino, si è illuminato e mi ha detto che vuole quel potere per sé. La sua gentilezza di pochi istanti prima sembra essersi sciolta come neve al sole. Non so come possa cederglielo, ma non ha mezzi termini: ritira fuori il suo vecchio Codice di Ferro e dice che la sua parola, in quanto padre, viene prima di ogni altra cosa. Mi ordina di abbandonare il mio signore, che non è più tale. Non ha voluto fornirmi ulteriori spiegazioni, si è solo appellato al Codice di Ferro e mi ha detto di abbandonare Kuro. Ma pure con questo ordine perentorio, si è poi allontanato e si è seduto sul parapetto, in attesa di una risposta che per lui è già scontata.
Giorno 68: Decisione
Il Gufo è qui, accanto a me. Apparentemente ignora che sto scrivendo, e chiaramente non può neanche sapere che ho scritto fino ad adesso, ogni volta. Una storia dall’incedere incerto, arrabattata su pezzi di carta di riso, qualche pagina scolorita o, quando andava bene, sul bambù che trovavo il tempo di tagliare e mettere a listelli con qualche frammento di spago. Ogni volta lasciavo la pagina vicino all’Idolo dello Scultore presso cui avevo finito di scriverla. Un diario che non era un semplice svago, ma un segno del mio passaggio, che mi ha aiutato a tenere unita la coscienza a mollo di una concezione del tempo che si andava sempre più sgretolando. Questo mondo che tutti qui – l’Erede Divino, suo nonno Ishin, Emma, lo Scultore, il Gufo, persino me stesso – ci ostiniamo a tenere in vita in realtà non ha più senso. Ha smesso di averne perché è incappato in qualcosa di peggiore della morte, il deterioramento. Tutto stagna e marcisce sempre di più, e vi sono troppo dentro per non dirmi a mia volta complice o colpevole. Avevo un compito, avevo una missione: proteggere e servire l’Erede Divino. L’ho fatto utilizzando ogni mezzo a mia disposizione, da Kusarigama al rampino, dalla protesi a questa follia del Retaggio del Drago. Un potere incredibile ma allo stesso tempo terribile, mostruoso nel suo sedurre nell’impossibilità di morire anche se uccisi. Adesso dovrò prendere una decisione, tra l’obbedienza al codice del mio padre adottivo e la fedeltà al mio Signore. L’uno mi impone obbedienza, forse ignorando che ho assistito al suo breve colloquio con l’Erede. L’altro cercherebbe una soluzione allo stallo.
Onestamente non ho idea di chi abbia ragione. Il Gufo appare mosso dall’avidità e forse anche da una inconfessabile paura della morte. A vederla dall’esterno, non sarebbe neanche qualcosa di illogico o incomprensibile. Il ritorno dalla morte facendo tesoro degli errori commessi e dei tenendo i ricordi è l’apoteosi, il sogno proibito di qualunque shinobi. Il Gufo ancora una volta non può sapere che il suo sogno proibito è in realtà solo un logorante incubo.
Ma dall’altro lato il mio signore Kuro mi ha detto che con gli oggetti che ho raccolto potrebbe aver trovato autenticamente un modo per recidere l’immortalità. Una grande promessa, ma neppure lui può avere effettivi riscontri sul fatto che possa funzionare per davvero. E poi ho come l’impressione che mi abbia taciuto qualcosa… Se il Retaggio del Drago passa per lui stesso e per il suo sangue, possibile che Kuro sia a sua volta un… “ingrediente”? Che il suo sangue non basti? Che alla fine mi renderebbe necessario macchiarmi di qualcosa di veramente imperdonabile? Non voglio pensarci.
Questa pagina di diario sarà anche l’ultima. Non voglio forzare il mio destino, e potrei non avere più la possibilità di scrivere ancora, una volta che avrò deciso cosa fare. Lascerò questa traccia finale qui, sotto una tegola del Castello Ashina, su questa cima del mondo che pare affacciarsi su un cielo più stanco di ciò che avvolge nella sua coperta grigia. Nelle ultime righe non posso che ripensare a ciò che è stato e cosa è rimasto in sospeso. Tra Genichiro e la sua immortalità artificiale, fino agli assalti e a Kotaro ormai felice, fino a quel ladruncolo di Anayama che ha addirittura provato a vivere onestamente. Forse un giorno qualcuno proveniente da chissà dove, forse un anonimo gaijin, recupererà tutte le pagine e racconterà di nuovo la mia storia. Non si sa mai come possono andare le cose qui. Ashina è sempre stata una terra di stranezze, in cui le ombre hanno in tutti i sensi più di una vita. E dove le situazioni più improbabili si verificano nove volte su dieci.
Tornerò, non importa chi avrò contro: perché sono un Lupo, e il mio destino non è mai stato scritto.
Con questa ultima frase del Lupo si concludono i nostri Diari del Lupo Grigio. Chi ha già giocato Sekiro: Shadows Die Twice sa già che nel punto in cui il Gufo chiede al Lupo di scegliere da che parte stare si cominciano a definire le scelte che influenzeranno autenticamente il risolversi della vicenda. Per questo abbiamo preferito non andare oltre.
È stato comunque un viaggio molto lungo, che ha spaziato per buona parte della storia e ne ha approfondito quando era possibile i riferimenti storici, folkloristici e culturali. L’ultimo riferimento culturale è proprio l’attacco agli Ashina: i nemici sono vestiti di rosso, e ormai nella vulgata popolare il rosso è divenuto colore sociale dei Takeda. Probabilmente però si tratta di un colore “di comodo”, visto che gli uomini che attaccano Ashina nella parte finale vengono detti appartenere a una non meglio specificata autorità centrale.
Probabilmente per cogliere la totalità di citazioni, rimandi e riferimenti storici e non bisognerebbe essere di etnia giapponese come gli autori. Nel frattempo noi di SpazioGames vi ringraziamo per averci letti fino a qui e vi invitiamo a rimanere con noi per tutte le novità, gli approfondimenti e le recensioni. State pur certi che sentirete ancora parlare di Sekiro su queste pagine!
Voto Recensione di Sekiro: Shadows Die Twice - Recensione
Commento
Advertisement