Sekiro: Shadows Die Twice | I Diari del Lupo Grigio: Pagina 13
Il Lupo di Sekiro apprende i primi passi del rituale per la Rescissione dell’Immortalità e la caccia alle scimmie.
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a cura di Adriano Di Medio
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: From Software
- Produttore: Activision
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 22 marzo 2019
Bentornati ai Diari del Lupo Grigio, la run su Sekiro: Shadows Die Twice raccontata come se fosse il diario personale del Lupo. Nella puntata precedente abbiamo visto il punto di svolta della trama, con la sconfitta di Genichiro Ashina. Da questo punto inizia l’ultima fase del Diario, con i primi indizi sul futuro di Kuro e del vincolo di immortalità del Retaggio del Drago. Avvisandovi che vi saranno lievi SPOILER, lasciamo quindi la parola al Lupo di Ashina.
Giorno 45: Dialoghi
Ancora mi tremano le mani: sono ancora immortale e legato al giuramento di fedeltà al mio signore. Quando ho creduto di essermi finalmente lasciato alle spalle l’orribile incubo di Genichiro, ecco che si è rialzato in piedi. Ad accorgersene è stata Emma, che con un po’ di sorpresa mi ha accolto all’entrata della stanza di Kuro. Emma ha immediatamente riconosciuto i bagliori rossi del suo corpo come le Acque del Ristoro, e Genichiro ha ribadito che per il bene della sua terra rinuncerà alla sua Umanità, prima di sparire oltre il cornicione.
Forse un giorno dovrò nuovamente affrontarlo, ma non oggi. Ho avuto un colloquio con Emma, breve ma che mi ha fornito dei chiarimenti. A quanto pare è stata lei a scrivere e lasciar cadere la lettera che mi ha incoraggiato a uscire dal pozzo, all’inizio di tutto. Finalmente ho anche saputo chi è il suo signore: Isshin Ashina. Dovrebbe essere il patriarca del clan e quindi vecchio regnante, e a differenza di Genichiro è profondamente contrario all’utilizzo del Retaggio del Drago. A quanto pare si è prodigato per aiutarmi dall’ombra, perché vuole che Kuro se ne vada e si interrompa questo deterioramento. Le ho rivolto un breve cenno di ringraziamento, prima di andare di sotto.
Come mi aveva detto Emma, Kuro era nella stanza di sotto, la stessa che avevo trovato sbarrata nel corso della mia arrampicata. Non ho potuto trattenere il mio desiderio di portarlo via da tutto questo, tuttavia il mio signore si è nuovamente rifiutato. Qualcosa che ha scatenato un moto di frustrazione interiore, per quanto io per primo abbia compreso che Kuro ha le sue buone ragioni per rimanere. Il lungo periodo di prigionia gli ha infatti dato modo di studiare intensamente la propria condizione. La sua conclusione è che ogni patto di resurrezione, che sia il Retaggio del Drago che subisco io o le Acque del Ristoro cui Genichiro si è sottomesso, è innaturale e porta all’inevitabile deterioramento. Appunto, “corrompe gli uomini e impedisce loro di vivere come umani”. La sua intenzione è spezzare le catene dell’immortalità, distruggendo il Retaggio.
Sono stato molto interdetto, prima di rispondere. Per la prima volta ho esternato i miei dubbi a Kuro, che per fortuna si è dimostrato molto comprensivo, in un modo che io per primo non mi sarei mai aspettato. Forse parla con la consapevolezza di bambino, ma ha un’empatia che non gli permette di legarmi a questa orrenda eternità di non-morte. Non posso che unirmi al suo tentativo di recidere l’immortalità: il suo primo passo è stato consegnarmi un vecchio tomo sull’argomento. Probabilmente l’ha trovato durante i numerosi giorni passati a documentarsi. Le pagine lise parlano di un “drago nel regno celeste”. Un altro enigma senza risposta, a cui osservare l’incensiere cui mi ha detto di dare un’occhiata non ha sortito effetti. Kuro ha continuato la sua esposizione dicendomi che per il rituale dovrò recuperare alcuni oggetti. Mentre lui continuerà a scandagliare lo studio del Castello Ashina alla ricerca di informazioni, mi ha ordinato di andare a parlare con Isshin Ashina.
Giorno 46: Isshin
Il rituale per la rescissione dell’immortalità parrebbe però qualcosa di parallelo alla ricerca del fantomatico “regno celeste”. Kuro mi ha indicato come scorciatoia un finestrone sul fondo della stanza, che mi ha di nuovo portato sul tetto. Senza troppa sorpresa, è nelle piccole stanze nel complesso confinante all’arena dove ho affrontato Genichiro che ho trovato Isshin. Un vecchio asciutto e venoso, che pure nella sua calvizie e nell’età che pare ben più avanzata di qualsiasi altro uomo normale trasmette ancora una sicurezza e un carisma che non mi spiego. Non ci metto molto a capire che era lui quello con la maschera da tengu che mi aveva detto di “dare la caccia ai ratti”. Con nuovamente una cordialità inaspettata mi invita a sedere e a bere qualcosa con lui: mi è infatti grato per aver fermato suo nipote Genichiro che era stato a suo dire “stregato dalle Acque del Ristoro”.
Quando poi gli chiedo qual può essere il punto di partenza per la rescissione dell’immortalità, pur nel suo parlare strascicato da anziano mi accenna alla Lama Mortale, una spada che può “uccidere chi non può morire con metodi normali”. Mi parla che dovrebbe essere in custodia al Tempio Senpou, accennando anche che c’è una vecchia leggenda sui cosiddetti “posseduti”, esseri deformati dall’immortalità cui solo la Lama Mortale può nuocere. Mi avverte anche che la Lama Mortale non può essere sfoderata, anche se non sa l’origine di questa credenza. Questa volta riesco fortunatamente a nascondere il mio disappunto: ho capito che quegli esseri con verme che mi hanno tanto nauseato sono proprio i Posseduti. Devo tornare da loro.
Giorno 47: Campanella
Senza rendermene conto, avevo già esplorato molti dei luoghi di cui mi avevano parlato prima che fosse strettamente necessario. Da un lato è confortante non dover fare di nuovo una strada traumatica in mezzo a quegli schifosi monaci degenerati, dall’altro la prospettiva di tornarvi mi trasmette un orribile senso di nausea. Torno da Kuro, che giudica come idoneo il punto di partenza della Lama Mortale, ma allo stesso modo mi parla di aver trovato un indizio sul regno celeste: uno dei primi ingredienti di tale rituale sarebbe un fantomatico “fiore odoroso”, che si trova in un luogo dove la sorgente sgorga profonda.
Parole oscure, quindi non resta che riprendere il viaggio dalla possibilità assai più concreta della Lama Mortale. Devo tornare al Tempio Senpou, ma memore di quanto ho passato lì decido di rimanerci il meno possibile: accendo l’Idolo dello Scultore nella stanza di Kuro e mi trasporto all’altare in fondo al Tempio Senpou, aggirando così tutto quanto. Il tutore vestito di verde e oro non si trova più lì, e adesso sul tavolinetto dove studiava non c’è che una piccola campanella d’oro. Con rispetto e con un piccolo augurio di gratitudine al Buddha la prendo, chiudo gli occhi e la suono: produce una nota argentina che ondeggia per tutta la stanza…
Fino a farmi ritrovare in un luogo completamente diverso. Ho riaperto gli occhi appena ho sentito il il freddo fastidioso dell’aria aperta, così contrastante con l’aria viziata del Tempio Senpou. È un complesso di edifici dal sapore mistico, apparentemente sospeso nel vuoto di una nebbia bianchissima: davanti a me ci sono dei paraventi di carta tradizionali, con disegnate sopra tre scimmie: una con il kimono rosso, una con il kimono verde e l’ultima con quello viola. Il quarto pannello è vuoto, ma non ho tempo di raccapezzarmi molto su questo apparente enigma: proprio in quel momento sopraggiunge proprio la scimmia col kimono viola. Ha un paio di occhialetti da vista, e quando mi vede fa un verso un po’ strano e scappa via.
Vorrei capire se inseguirla, ma accanto a me ritrovo nientemeno che Kotaro. Il gigante ingenuo ha completamente abbandonato la sua disperazione: si guarda intorno e dice di “stare buoni”. Alla mia espressione interrogativa mi spiega subito che ha ritrovato i bambini del ristoro e che io non posso vederli. Mi è stranamente grato e mi chiama “signor shinobi”. La spontanea bontà di questo bonzo è straordinaria nella sua follia. Mi dice che siamo nelle Sale dell’Illusione, e che la campanella che mi ha condotto qui può riportarmi da lui solo suonandola. Pare felice, quindi lo lascerò in pace e andrò a cercare queste scimmie.
Giorno 48: Scimmie
C’è qualcosa ancora una volta irrazionale in questo luogo mistico: i burroni sono infiniti e le strutture di legno si estendono con altezze inspiegabili. Al centro c’è uno spesso albero carico di foglie autunnali, e un monaco buddhista inscheletrito con le mani giunte. Mi conferma quello che avevo dedotto: se voglio andarmene da qui devo cercare e uccidere quelle scimmie. Una ha la vista molto sviluppata, ed era quella col kimono viola di ieri. La seconda è quella “che parla”, ovvero se si accorge di una minaccia è in grado di fare un terribile baccano. Quella con il kimono verde è infine quella dall’udito assai sottile. Il monaco mi accenna anche il fatto che vanno uccise tutte in una volta sola, anche in funzione degli spiriti che cominceranno a sentirsi disturbati dalla morte di questi animali misteriosi. Il monaco mi accenna anche al fatto che tempo fa c’era un altro che come me “aveva una missione”.
In realtà, la caccia si rivela meno difficile del previsto, ma immagino che sia solo un avvenimento casuale. Ci sono diversi stanzoni particolari, come uno con una cascata assordante e uno con la nebbia. Intercetto le prime due sui tetti, prima che ulteriori scimmie spirituali comincino a inseguirmi. Mi trovo quindi cacciato e cacciatore allo stesso tempo, costantemente braccato da una serie di passi alle mie spalle. Suono un paio di volte la Campana del Risveglio e torno all’inizio: ho capito che questa azione riporta le scimmie alla loro posizione iniziale. Dopo un altro paio di agguati finalmente trovo l’angolo giusto e sferro il colpo mortale anche alla scimmia occhialuta, proprio sull’albero dal tronco spesso. Con disappunto però, niente accade. Per un lasso di tempo ancora lungo e allungato da questa dimensione distorta vago alla ricerca di una soluzione. Continuo a essere braccato dalle scimmie spiritiche, quindi ho veramente poco tempo per pensare. Ma quando torno al punto di partenza, il canticchiare allegro di Kotaro si appanna e penso al fatto che la quarta anta del paravento era vuota. E che, nonostante le scimmie spiritiche siano lontane, ugualmente sento passi diversi dai miei ancora irritantemente vicini.
Faccio l’unica cosa sensata: mi giro all’improvviso e sferro un fendente. Una Kusabimaru che pensava di prendere solo l’aria invece taglia della carne: in uno sbuffo di fumo bianco compare una quarta scimmia con un fazzoletto in testa, che muore con in volto una grottesca espressione sorpresa. Esecuzione Shinobi.
Con questa puntata dei Diari del Lupo Grigio si apre l’ultimo arco delle avventure su Sekiro: Shadows Die Twice. Il folklore giapponese in tal senso si mescola con quello cinese; le tre scimmie sono un simbolo celebre giapponese, con la vecchia credenza del “non vedo, non sento, non parlo”. Sekiro in tal senso ribalta completamente questo luogo comune: una scimmia ci sente anche troppo bene, un’altra vede lontano e infine l’ultima è in grado di lanciare grosse urla. Del resto i giapponesi hanno una certa fascinazione nei confronti delle scimmie, nel loro essere così stranamente simili agli umani. Uno dei grandi classici della letteratura cinese, tra l’altro divorato anche dai giapponesi, è il Viaggio in Occidente (Saiyuki) dove il protagonista è appunto il leggendario re scimmia Son Gokou. Del resto uno dei loro condottieri più famosi, Hideyoshi Toyotomi, era da bambino soprannominato “la scimmia” apposta per la sua magrezza e bassa avvenenza fisica. Ormai non resta molto: rimanete con noi per la prossima puntata, dove il Lupo dovrà fare i conti sia con la Lama Mortale che con una scimmia ben più grossa del normale!
Voto Recensione di Sekiro: Shadows Die Twice - Recensione
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