Sekiro: Shadows Die Twice | I Diari del Lupo Grigio: Pagina 1
L’inizio dell’epopea di Sekiro: Shadows Die Twice, un viaggio personale narrato dal punto di vista del Lupo.
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a cura di Adriano Di Medio
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: From Software
- Produttore: Activision
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 22 marzo 2019
Benvenuti ai Diari del Lupo Grigio, la narrazione libera del viaggio nel mondo di Sekiro: Shadows Die Twice. Si tratta di un contenuto nuovo e se vogliamo anche un po’ anticonvenzionale, ma genuino e impostato come un vero e proprio “diario di bordo”. Dove nella “pagina zero” abbiamo fatto alcune considerazioni sul retroterra storico e culturale di Sekiro, è arrivato il momento di immergerci nell’avventura. Con l’avviso che vi possono essere SPOILER sulla trama del gioco, lasciamo quindi la parola al Lupo.
Giorno 1: Risveglio
Ho ripreso conoscenza sul fondo di un pozzo inquinato. Non ho mai avuto un nome preciso: sono sempre stato noto semplicemente come Lupo. Ho il nome di un’animale allo stesso tempo odiato e rispettato; del resto qui in Giappone i lupi grigi sono stati cacciati dall’inizio dei tempi, fino all’estinzione. Un nome potente ma allo stesso tempo disumanizzato. A darmelo è stato il mio padre adottivo, il Gufo, che severamente mi accolse e mi addestrò dopo avermi trovato sul terreno intriso di sangue di un campo di battaglia. Da sempre i suoi principi morali mi guidano: mi ha insegnato a servire la volontà del mio signore, ma a ricordare che prima di quella c’è sempre quella dei propri padri, di coloro che ci hanno dato la vita.
Tuttavia non ho memoria degli avvenimenti recenti. So che la situazione è grave e che il mio signore è in pericolo, nascosto da qualche parte in questo castello. Me lo conferma la lettera che ho in tasca: mi dice che devo cercare nella torre baciata dalla luna. Non ho potuto che riprendere conoscenza, emergendo dal pozzo e confondendomi con la vegetazione. Nevica e le guardie sono fin troppo numerose per essere “solo” un castello in rovina. Tuttavia mi ritrovo senza spada, e l’unica possibilità che ho di sopravvivere è di non farmi vedere. Proprio l’invisibilità però mi concede un vantaggio inatteso: le guardie sono convinte di essere al sicuro, e parlottano per passare il tempo. Origliando scopro che sono state loro a gettarmi nel pozzo, commettendo però l’errore di non accertarsi che fossi vivo o meno. Spostandomi vedo altri due soldati chiacchierare, e da quella conversazione apprendo che c’è uno squarcio nella fortezza dove tengono il prigioniero. Uno è preoccupato, l’altro è più ottimista perché il buco è a precipizio sul costone della montagna, e ritiene che nessuno possa arrischiarsi a passare da lì.
Illusi. Le mie capacità vanno ben oltre quelle che in teoria sarebbero il risultato di un allenamento sin da bambino, ma fortunatamente la memoria muscolare è dalla mia parte. Salto con naturalezza, non risento dell’impatto di molte cadute e posso rimanere appeso per un tempo indefinito senza che i muscoli accusino lo sforzo. Ancora senza dare nell’occhio mi appiattisco contro il basamento di pietra e risalgo lentamente la fortezza, fino a raggiungere il buco accennato dalle due guardie. Pur non essendo in grado di esprimerlo, il sollievo nel vedere il mio signore Kuro sano e salvo mi conforta.
Giorno 2: Fuga
Il padroncino Kuro si è mostrato ugualmente felice di rivedermi. Egli è l’Erede Divino, un essere umano il cui corpo ha capacità straordinarie, inspiegabili ma per questo terribilmente desiderate e cruente. Egli mi ha riconsegnato Kusabimaru, la mia spada, rammentandomi il mio giuramento da shinobi. Non ho idea di quanto tempo egli sia stato prigioniero in questa piccola stanza, ma mi ha raccontato quel che ha appreso. Gli uomini là fuori sono quelli del clan Ashina, e lo stanno tenendo segregato a causa delle sue capacità sovrannaturali. A quanto sembra gli Ashina sono in decadenza, e progettano di utilizzare il mio signore come arma finale che li salvi dall’annientamento. Le informazioni a riguardo sono poco chiare, ma pare che abbiano recentemente perso una battaglia piuttosto importante che li ha messi in ginocchio.
Per quanto mi riguarda, non ho intenzione di lasciare il mio signore in mano a costoro. Kuro mi informa che c’è una via di fuga poco oltre, subito sotto il grande ponte. Le guardie e i soldati sono però troppi, e mi propongo per andare in avanscoperta. Quando avrò raggiunto il punto preciso lo chiamerò con un fischio. Aperta la porta mi ritrovo quindi a percorrere la strada a rovescio, e stavolta non potrò evitare di avere a che fare con le guardie. Ma finalmente ho con me la spada, e in poco tempo anche le memorie dei miei infiniti allenamenti tornano a materializzarsi. La lama colpisce con spietatezza, macchiandosi di sangue. Ma allo stesso modo anche loro sono forti, e mi trovo a fare attenzione per non farmi soverchiare da un punto di vista numerico. Ma anche quando penso di poter gestire la situazione arrivo a quello che sembra il loro capo, Shigenori Yamauchi. È un uomo imponente, che nonostante non porti la parte superiore dell’armatura maneggia con grande destrezza una lunghissima katana. I suoi attacchi sono terribili, e li schivo sempre di un soffio. È talmente veloce che non riesco neanche a capire la tempistica per deviarli. Riesco infine a piazzare un colpo mortale, ma con mio sommo orrore si rialza subito. Ancora sconvolto non riesco a riprendere la concentrazione e stavolta sono io ad assaporare la morte.
E proprio qui, ho la dimostrazione dei poteri del mio signore. Mi risveglio infatti accanto a lui, con il corpo e i ricordi integri. Sono morto, eppure sono ancora vivo. Il mio signore non dice nulla immerso com’è nei libri, e io per primo non questiono. Posso ben comprendere come egli conviva con questo potere da fin troppo tempo, e che si sia frustrato nel sentirsi rivolgere domande cui lui per primo non sa rispondere. Succede e basta, e per la situazione in cui siamo bisogna impiegare ogni aiuto possibile.
Rifaccio il percorso e mi ritrovo di nuovo faccia a faccia con Yamauchi. Neanche questo scontro va a buon fine, esattamente come i molti altri successivi. Ormai sento le quattro mura della cella di Kuro sempre più strette addosso, ma poi mi ricordo che essere ninja è una questione mentale. C’è sempre un modo per superare un ostacolo, modi che un samurai non si sogna neppure e che non versano neanche una goccia di sangue. Yamauchi può solo guardare mentre lo aggiro, arrampicandomi sui tetti e camminando con sottile equilibrio sopra questo avversario leale ma limitato. Lascio parlare altre due guardie e scivolo come un’ombra sotto le travi del ponte, fino all’entrata vicina. Adesso la via è libera, e il mio signore potrà finalmente fuggire.
Attraverso le sue prime pagine il Lupo ci ha narrato i passi nel mondo di Sekiro: Shadows Die Twice. Un’epoca intensa ma anche terribile e violenta, dove un colpo andato a segno faceva la differenza tra la vita e la morte. Certo è che il Lupo sin da subito è un personaggio profondamente devoto all’ideale di onore e al giuramento di servitù nei confronti del proprio signore. Tuttavia proprio l’Erede Divino Kuro sembrerebbe nascondere segreti ben più oscuri e inspiegabili. Del resto in giapponese la parola kuro significa proprio “nero”. Sentitevi liberi di lasciare un commento se apprezzate il progetto o se avete suggerimenti e critiche costruttive; in ogni caso rimanete con noi per la prossima puntata!
Voto Recensione di Sekiro: Shadows Die Twice - Recensione
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