Warhammer 40,000: Boltgun | Recensione - Pixel e sangue
Warhammer 40,000: Boltgun è un ottimo tributo agli shooter anni '90 ambientato nell'universo dark sci-fi di Games Workshop: connubio riuscito.
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a cura di Daniele Spelta
Redattore
In sintesi
- Fa tutto ciò che si chiede ad un ottimo boomer shooter
- L'ambientazione calza a pennello
- Non aspettatevi una rivoluzione
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Auroch Digital
- Produttore: Focus Entertainment
- Distributore: Focus Entertainment
- Testato su: PC
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX , SWITCH , PS5
- Generi: Sparatutto
- Data di uscita: 23 maggio 2023
Warhammer, soprattutto nella sua accezione 40K, è un paradosso. Si parla infatti di soldatoni geneticamente modificati e armati fino ai denti, terribili xenomorfi, folli discepoli del chaos e crociate ai quattro angoli della galassia a bordo di enormi vascelli fluttuanti.
Poi però ti ritrovi in qualche stanza con tuoi simili dalla scarsa igiene – si scherza ovviamente, anche chi scrive fa parte di questo manipoli di appassionati – a spostare pedine contando i pollici su di un righello e a lanciare dadi mentre si leggono lunghe scartoffie con statistiche e modificatori di tiro.
Anche le varie declinazioni videoludiche dell’universo creato da Games Workshop si sono spesso appiattite nella ricerca di una precisa riproduzione delle regole adottate nei vari boardgame e a fatica sono riuscite a riprodurre gli esagerati scontri narrati nei numerosi tomi.
Warhammer 40,000: Boltgun è al contrario una piacevole sorpresa e un ribaltamento di questi canoni. Lo sparatutto in stile retro creato da Auroch Digital e pubblicato da Focus Home Entertainment è infatti pura furia distruttiva, uno shooter frenetico e senza esclusione di colpi.
L'impero non ha tempo per le chiacchiere
Boltgun è un chiaro tributo a tutti quei titoli su cui abbiamo distrutto mouse e tastiera durante gli anni ‘90 – e dagli FPS del passato riprende innanzitutto l’amore di sintesi. Di una storia degna di questo nome non c’è infatti alcuna traccia.
Tranquilli, potete anche dimenticare tutti questi nomi e punti di riferimento, perché dopo qualche filmato introduttivo dai pixel volutamente sgranati, ci si ritrova immersi in una marea di budella fatte saltare in aria, sangue e smembramenti.
Vista l’immensa lore generata nei decenni, forse si sarebbe potuto fare qualcosa in più almeno per una narrativa ambientale, ma girovagando per i vari livelli non sono presenti spunti a riguardo, come diari o log.
Infine, ma questa è una pura questione personale, vestire i panni di un Ultramarines è un’esperienza vissuta fin troppe volte in numerosi altri titoli e, vista la presenza di numerosi altri Capitoli degli Space Marines, non ci sarebbe affatto dispiaciuta una variazione sul tema.
L'eterna lotta contro il male
Lo scarso spessore della componente narrativa non è comunque un difetto in sé e anzi abbiamo apprezzato la volontà di Boltgun nel non seguire le orme, ad esempio, del recente e prolisso DOOM Eternal e della sua storia sforzata e quasi superflua.
Qui siamo al cospetto di un concentrato di azione, dove vengono esaltate la rapidità dei riflessi e l’abilità nel combinare le bocche da fuoco e i colpi in melee in mezzo ad un'orda crescente di nemici.
Parlando proprio della carne da macello che ci siamo trovati a falcidiare, la sua varietà è davvero notevole e, soprattutto, ciascun avversario segue una precisa grammatica, un sistema di attacchi leggibile e contro cui è possibile sempre imbastire la giusta difesa.
Si parte all’inizio con dei semplici cultisti armati di fucili e mitragliatori, si passa poi ai pesanti Space Marines corrotti, fino ad arrivare alla progenie del Chaos, nello specifico tutti gli esseri mostruosi dediti a Nurgle e a Tzeentch.
Senza elencare le particolarità di tutti i pattern offensivi, ad esempio i Pirodemoni lanciano lente ma letali palle infuocate, i fastidiosissimi Nurglings si gettano addosso in massa e fanno valere la loro superiorità numerica o, ancora, i Pink Horrors attaccano con potenti raggi e, quando eliminati, generano due Blue Horrors letali nel corpo a corpo, esattamente come prevede il ruleset per questa unità.
Naturalmente c’è spazio anche per una manciata di boss, che trasformano Boltgun in un vero e proprio bullet hell in soggettiva e che fanno schizzare l’asticella della difficoltà verso l’alto.
Forse l’unica vera mancanza è una lista più lunga di questi nemici di fine livello, dato che a titolo terminato la conta si conclude sulle dita di una mano. Comunque, abbattere un disgustoso Great Unclean One di Nurgle resta sempre una bella soddisfazione.
A testa bassa
Al cospetto di queste schiere infernali, il giocatore è tutt’altro che impotente. Uno Space Marines equivale ad un intero esercito e in Boltgun abbiamo avuto proprio questa sensazione di onnipotenza.
L’armamentario è decisamente ampio e ben si sposa con le varie situazioni: lo shotgun per far piazza pulita negli ambienti stretti, un lanciagranate per abbattere un corazzato Ambull, il Requiem potenziato per far strage di cultisti. A suo modo, ciascuna bocca da fuoco restituisce inoltre un feeling unico e tutte hanno quella pesantezza che un cannone metallico di svariati chili dovrebbe avere.
Armati fino ai denti, l’unica strategia valida è quella offensiva. In tutti i livelli non c’è infatti la benché minima traccia di copertura – e poi ve lo immaginate un super soldato alto tre metri dietro ad un sasso? – e in puro stile retro i punti vitalità e quelli dello scudo non vengono rigenerati in modo automatico.
Un po’ come negli ultimi DOOM, sono invece i nemici ad essere delle pignatte riempite di medikit e di proiettili di vario genere e gli unici modi per non trovarsi a corto di risorse sono abbattere il maggior quantitativo di demoni e umani corrotti e non prendere mai il fiato, attraverso gli arsenali abbandonati tra le cattedrali gotiche, alla ricerca di nuove armi e corazze.
Questi pochi ingredienti sono più che sufficienti per dar vita a scontri frenetici e di cui abbiamo apprezzato molto il crescendo durante gli stessi livelli. Ad inizio di ogni capitolo il ritmo ci sembrava infatti fin troppo blando, ma senza nemmeno accorgercene eravamo finiti nel bel mezzo di una vera e propria arena sospesa, alle prese con orde crescenti di orrori in bassa definizione di ogni genere.
In questo ambito gioca un ruolo fondamentale un level design in cui spiccano vette qualitative notevoli, un continuo susseguirsi di stretti cunicoli, saliscendi, piattaforme su cui saltare e pericolosi precipizi, ambienti che si aprivano con il giusto tempismo per esaltare al massimo la rapidità dell’azione e tutto il potenziale distruttivo di Boltgun.
Inoltre, alcune sezioni si sono rivelate dei reali labirinti da decifrare, dei perfetti scherzi tipici di Tzeentch. L’unico vero difetto risiede nella poca gratificazione derivante dall’esplorazione. Nei vari livelli sono sì sparsi alcuni segreti, ma questi bonus non vanno al di là di semplici potenziamenti momentanei, come delle munizioni migliorate per le varie armi.
Tradizionalismo
Boltgun, nel suo complesso, regala la giusta dose di divertimento e adrenalina, ma in mezzo a fiumi di sangue e carcasse accumulate non abbiamo trovato quel guizzo che lo distanzi dai numerosi FPS retro-moderni, al netto dell’ambientazione.
Basta infatti sfogliare le pagine di Steam per ritrovarsi sommersi dai vari – e ottimi – DUSK, Amid Evil e Ion Fury. A questa lista di nomi si aggiunge a pieno merito anche lo shooter di Auroch Digital, senza però primeggiare per qualche nuova meccanica di gioco o trovata innovativa.
In sostanza, Boltgun è il tradizionalismo fatto con sapienza.
Anche dal punto di vista grafico, ci troviamo al cospetto di quel giusto mix fra pixel in bassa definizione tanto cari agli anni ‘90 ed effetti e modelli decisamente più moderni, mentre il giudizio sulla componente estetica è decisamente più altalenante.
Si passa infatti da strutture gotiche davvero ben realizzate, con labirinti metallici e imponenti statue, per poi ritrovarsi nel livello successivo nel bel mezzo di un vuoto deserto, popolato solo da colline dallo stesso colore e macchiate dal sangue dei nemici.
Lo stesso vale per la componente audio, con gli scontri a fuoco resi ancora più epici tramite l’uso di musiche perfettamente calibrate con il carattere mistico-futuristico di Warhammer 40,000, che poi spariscono nel bel mezzo del nulla l’attimo successivo per lasciare il giocatore in mezzo ad un silenzio davvero strano.
Voto Recensione di Warhammer 40.000: Boltgun | Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Gunplay pesante e appagante
-
Buona la varietà dei nemici
-
Level design degno di un vero arena shooter
Contro
-
I soliti Space Marines
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L'esplorazione non è del tutto appagante
-
Qualche imprecisione dal punto di vista dell'audio
-
Mancano reali novità sull'argomento
Commento
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