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Pro
- Può essere vissuto come un vero cozy game rilassante.
- I temi toccati sono attuali e molto seri.
- Riesce a far riflettere anche nei momenti più assurdi.
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Contro
- La storia principale è fin troppo diluita dalle sessioni di gameplay.
- Purtroppo non raggiunge le stesse vette dei titoli creati in passato dai suoi autori.
Il Verdetto di SpazioGames
Informazioni sul prodotto

- Sviluppatore: Ivy Road
- Produttore: Annapurna Interactive
- Distributore: Annapurna Interactive
- Testato su: PC
- Piattaforme: PC , PS5 , XSX
- Generi: Simulazione
- Data di uscita: 11 marzo 2025
Alta è una guerriera formidabile, invincibile e che nessuno ha saputo mettere al tappeto per anni. I duri allenamenti, la concentrazione e la totale dedizione verso l’arte del combattimento l’hanno fatta diventare una macchina. Nessuno può fermarla e nessuno conosce meglio di lei i segreti della spada.
Poi, all’improvviso, una sconfitta. Solo un incidente di percorso, un piccolo spazio aperto lasciato all’avversario, una distrazione che non dovrà mai più ripetersi. A cosa sono valsi altrimenti tutti i sacrifici e gli sforzi?
Poi, di nuovo, una sconfitta. E un’altra ancora. E un’altra ancora. Tutto il castello di carte viene spazzato via da una tempesta di emozioni. Alta è un fallimento, una nullità. Il mondo crolla sotto i suoi piedi.
L’unica soluzione è recarsi da un leggendaria maestra, un’anziana saggia che vive sperduta in mezzo alla foresta e che con il suo allenamento riporterà di certo Alta sulla strada della vittoria. Inizia il viaggio, ma qualcosa non funziona, gli alberi cambiano, la strada appare confusa, la stanchezza inizia a farsi sentire e anche la fidata spada diventa un fardello impossibile da alzare.
La giovane guerriera non ne vuole sapere. Nel suo vocabolario non esiste la parola riposo, impossibile prendersi una pausa e arrendersi significherebbe vanificare tutti i sacrifici fatti fino a questo punto. Infine, il collasso. Alta è crollata.
Cambio di prospettiva
Così si apre Wanderstop, il cozy game narrativo creato da Davey Wreden e Karla Zimonja, rispettivamente l’autore di The Stanley Parable e una delle menti dietro a Gone Home. Stiamo solo parlando – si fa per dire – di due titoli che hanno segnato i primi passi della rivoluzione indie e che, con le loro strane meccaniche di gioco, hanno praticamente inventato dei nuovi modi di raccontare questa forma di intrattenimento.
Con un pedigree di questo tipo, le aspettative per Wanderstop sono decisamente alte e, sin dalle prime battute, si intuisce che il gioco è molto di più di quanto non voglia inizialmente far apparire.
Al suo risveglio, Alta viene accolta da un’oasi di pace e serenità e al suo fianco c’è il volto tranquillo di Boro. Al posto della tetra foresta, la giovane ha davanti a sé uno strano e colorato negozio di tè, gestito proprio da quel buffo omaccione che l’ha recuperata stremata nel bosco. La proposta è semplice: dimenticarsi per un attimo della missione e del suo ruolo di guerriera per gestire in tutta calma il negozio e il giardino che lo circonda.
Dopo una certa riluttanza, Alta accetta l'incarico e noi stessi veniamo calati all’interno di una pacata routine fatta di gesti volutamente monotoni e senza scadenze, dove si alternano la raccolta delle foglie di tè, la semina di alcune piante e tutta una serie di compiti slegati da una qualsivoglia metrica utile a valutare le nostre performance.
Un lavoro rilassante
Wanderstop è un gioco senza ritmo, ma nel senso positivo del termine. Ogni indicazione è scritta su un taccuino magico, ci sono le istruzioni per combinare i semi e per creare dei nuovi frutti e sono presenti anche le richieste avanzate da tutta una serie di improbabili personaggi che arrivano misteriosamente davanti alla porta del negozio.
Questi obiettivi non hanno una scadenza, i clienti non si lamentano se ritardate la consegna o se servite una bevanda sbagliata. Niente game over, nessun punteggio e nessun inutile albero delle abilità per avere quel solito +2% a qualche statistica.
Ci sono strani pinguini da abbracciare, pacchi da consegnare, erbacce da spazzare e chissà quanto tempo abbiamo perso a riempire i vasi con qualche colorata pianta solo per appagare il nostro gusto estetico. Qualcuno ce lo aveva chiesto? No.
Wanderstop è l’elogio dell’ozio e questa atmosfera di pace fa risaltare con più vigore l’assurda ricerca della perfezione da parte della protagonista.
Come si gestisce un negozio di tè?
Anche se tarato molto verso il basso, Wanderstop ha comunque un livello minimo di sfida e gli ordini della clientela sono dei mini-puzzle da interpretare.
Spesso si hanno solo indicazioni vaghe sugli ingredienti richiesti, ogni tanto occorre combinare elementi davvero strani e, soprattutto nella parte conclusiva, la mescita della bevanda richiede un ordine preciso e nemmeno troppo banale.
Dal punto di vista delle meccaniche, le azioni sono comunque sempre molto semplici e ordinate: si riempie un enorme alambicco con l’acqua, la si porta ad ebollizione, si uniscono foglie, frutti e perché no dei cartelli stradali o dei libri e alla fine si versa il liquido ottenuto dentro ad una tazza.
Il tutto in santa pace e con una tranquilla musica di sottofondo, senza molti margini di errore. Wanderstop è a tutti gli effetti un cozy game, un titolo che va ad aggiungersi alla lunga lista di un genere molto di moda attualmente.
Oltre il gioco
In realtà Wanderstop è la metafora dei tempi moderni e ne esalta l’assurdità giocando con la giustapposizione fra i suoi elementi ludici e la ricerca del perché del fallimento di Alta.
I toni colorati e le tinte pastello fanno volutamente a cazzotti con le difficoltà personali della protagonista, che è costretta a prendersi una pausa forzata contro la sua volontà. Deve riposarsi, ma qualcosa o qualcuno continua a spingerla, sa che così finirà con il fare del male a sé stessa e a quelli che la circondano, eppure non può fare a meno di pensare ossessivamente ai combattimenti, alla vittoria e a perfezionare la sua tecnica, l’unico modo per cancellare l’onta della sconfitta.
Il rimando al lavorismo e alla frenesia autodistruttiva è molto chiaro, con quei ritmi fisicamente impossibili da sostenere e con scadenze artificiali che si spostano di continuo in avanti.
Nonostante l'aria leggera e scanzonata, Wanderstop tocca temi decisamente seri e attuali, come lo stress, le crisi nervose e il burn out.
Tè annacquati
L’intento di Wanderstop è da apprezzare, anche se fatichiamo a dare un giudizio completamente positivo sull’efficacia della trasmissione dei suoi discorsi. Presi dalle routine quotidiane del negozio, le vicende personali di Alta sono diventate un contorno di cui ci eravamo quasi dimenticati.
Quasi per un paradosso, possiamo quindi affermare che Wanderstop funziona alla perfezione, dato che il suo gameplay semplice e divertente non ha solo distratto per qualche momento Alta, ma ha avuto lo stesso effetto anche su noi stessi, assorbiti dalla sua rilassante atmosfera e da quell’improbabile sequela di clienti pronti a richiedere cocktail sempre più strani.
Il risultato è stato che, Steam Deck alla mano, ci siamo scordati di scendere alla fermata giusta del treno.
Un racconto teatrale
La qualità della scrittura emerge soprattutto nella capacità di alternare i momenti più seri, quasi drammatici, con battute al limite del non sense, senza però scadere nella banalità o nella ricerca della facile risata fine a sé stessa.
Wanderstop è un gioco che sa far riflettere, sia quando si aggiunge un nuovo tassello all’ingarbugliato puzzle mentale di Alta, sia quando si è alle prese con grigi uomini di affari tutti fatti con la fotocopiatrice e che non vedono l’ora di mostrarci le loro assurde slide.
Personalmente, abbiamo maggiormente apprezzato questi passaggi più divertenti e meno pesanti. Senza nulla togliere al viaggio della protagonista e al mistero di quella foresta capace di leggere dentro le persone, in alcune fasi questa storia ci è parsa forse un po’ troppo lineare e prevedibile.
Al contrario, gli esagerati dialoghi con quei colorati personaggi secondari sono riusciti a porre l’attenzione su dei temi seri, sfruttando però siparietti fuori da ogni logica.
Un paragone impossibile
Il vero limite di Wanderstop non risiede tanto nel suo comparto ludico ridotto all’osso o in qualche passaggio narrativo meno focalizzato. Purtroppo, il vero limite sono state le nostre aspettative.
Lo sappiamo benissimo che è sbagliato cercare qualcosa che è solo nella nostra testa, ma è difficile dimenticarsi del tutto di chi siano i creatori dell’opera. Se cercate infatti un The Stanley Parable 2 – o il terzo se avete presente cosa succede nella versione Ultra Deluxe – potreste rimanere delusi.
Wanderstop è un gioco più tradizionale e meno sperimentale, ha i suoi colpi di scena, i suoi bivi narrativi e le sue sorprese, soprattutto in un finale aperto in cui siamo stati costretti a scegliere il destino di Alta.
Manca però quel guizzo geniale capace di elevarlo allo stesso livello dei suoi “predecessori”, se ci passate il termine. Se le analisi si sprecano per The Stanley Parable e per Gone Home, qui fatichiamo ad immaginarci il web alle prese con teorie del complotto e con ragionamenti filosofici esistenzialisti.
È un vero peccato, perché ad ogni passo ci saremmo aspettati di vedere il negozio finire sottosopra, di essere immersi in qualche spazio liminare, di assistere alla rottura della quarta parete o di sviluppare con i vasi lo stesso attaccamento morboso che abbiamo avuto con un famoso secchiello.
Invece tutto questo non c’è, Wanderstop scorre via in modo ordinario e, un po’ amareggiati, possiamo dire che si tratta "solo" di un piacevole cozy game con un'ottima storia e con un cast di supporto di primo ordine.