Tunic | Recensione - Può una volpe salvare il mondo?
Non fatevi ingannare dalle apparenze: Tunic è un'avventura tosta e ricca di scoperte.
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a cura di Daniele Spelta
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Finji
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX , PS5
- Generi: Action Adventure
- Data di uscita: 16 marzo 2022 (PC, Xbox) - 27 settembre 2022 (PS4, PS5)
Tunic è un gioco enigmatico, in ogni senso. Il metroidvania sviluppato da Andrew Shouldice si chiamava inizialmente Secret Legend, è stato presentato con il nome finale per la prima volta al PC Gaming Show del lontano 2017, è riemerso dal silenzio nel 2018 per annunciare la sua esclusività temporale per i sistemi Microsoft - PC e console -, è sparito per un paio di anni dai radar, si è ripresentato tramite una breve e criptica demo e, infine, solo qualche mese fa è ritornato alla ribalta con il tanto atteso annuncio della data di pubblicazione: 16 marzo 2022.
Questa sua natura sfuggente ritorna non appena si prende il pad fra le mani e ha inizio il viaggio in una terra misteriosa, contaminata da un male di cui non si sa però nulla: Tunic aggiunge una nuova domanda ad ogni passo fatto.
Dobbiamo fare... Delle cose
Una spiaggia silenziosa, le onde del mare e la nostra volpe antropomorfa che viene svegliata dai raggi del sole. E ora, da dove iniziare? Quale strada intraprendere? Quale sarebbe lo scopo dell’avventura? Vorremmo poter rispondere a tutti questi interrogativi, ma la verità è che, anche una volta portata a termine la nostra missione, non siamo sicuri di aver capito bene quale fosse lo scopo ultimo e l'assenza di missioni e obiettivi non ha fatto altro che aumentare il mistero.
Parlare di una vera e propria narrativa in Tunic è difficile. Il gioco comunica attraverso le sensazioni che nascono esplorando la mappa e perdendosi negli infiniti anfratti, da cui qua e là possono spuntare minuscoli indizi, qualche statua in rovina che ci fa capire la decadenza di un regno che, forse, in passato prosperava su quelle lande e che ora è stato invaso da forze oscure che ne hanno contaminato le fondamenta.
Certo, noi siamo i salvatori, l’ultima speranza rimasta per riportare la pace, ma non chiedeteci quale sia questa malvagia entità che sta corrompendo tutta la terra o quale sia la scintilla che ha portato a tutta questa distruzione.
Non ci sono libri o pergamene sparse fra le rovine, lo stesso linguaggio utilizzato è inintelligibile per lunghissimi tratti e si avanza solo sospinti dalla curiosità e dalla voglia di esplorare luoghi affascinanti ed evocativi.
Nelle prime fasi di gioco ci si trova infatti immersi in un verde lussureggiante, la luce del sole illumina ogni passo, la musica è dolce e rilassata e anche gli stessi nemici, per quanto letali, hanno un design colorato, quasi da innocuo cartoon. Più ci si addentra nelle viscere del regno e più si intuisce che sotto quel velo di tranquillità si celano però segreti ben più pericolosi, il tono delle melodie diventa più cupo e anche la palette di colori si fa più scura e inquietante.
Questa capacità di spaziare costantemente ad ogni nuova area scoperta è uno dei motori che ci ha tenuti incollati fino alla fine e, per quanto avessimo abbandonato la speranza di leggere una vera e propria storia, la voglia di saperne sempre di più non è mai venuta meno fino ai titoli di coda.
La parola d'ordine è scoperta
La silenziosità di Tunic non è solo un aspetto della narrativa, ma coinvolge gli stessi schemi ludici. Come detto, ad inizio avventura ci si trova spaesati all’interno di un mondo sconosciuto e soprattutto disarmati anche al cospetto di nemici via via sempre più agguerriti: l’unica arma a disposizione è un bastone disperso fra i ruderi di una casa. Un pezzo di legno è però poca cosa per difendersi da orsi in armatura e forse una spada sarebbe più utile, ma dove cercarla? E cosa sono queste statue e i focolari che ogni tanto si incontrano per strada? Come si utilizzano quei fiori che abbiamo raccolto? Per non parlare poi di quegli imponenti monoliti robotici che emettono strani suoni...
Sulle prime nulla ha senso in Tunic e la stessa interfaccia e i menù presentano strane voci scritte in una lingua sconosciuta.
L’unico modo per fare ordine è ritrovare la pagine di un manuale di gioco che sembra uscito da una cara e vecchia cassetta anni ‘80, una serie di pagine su cui sono disegnate le mappe, sono scritte le istruzioni per interagire con ciò che si incontra e sono indicati - a linee molto vaghe - le posizioni dove ritrovare gli oggetti necessari per esplorare le nuove zone, in puro stile metroidvania.
È un piccolo tocco di classe, un libricino nostalgico con tanto di scarabocchi e appunti presi a mano, proprio come facevamo noi quando ancora YouTube non era la fonte inesauribile di soluzioni a portata di click.
Il puro piacere dell'avventura
Ogni nuova scoperta è una gratificazione e ci si sente davvero appagati quando si sbuca da un labirinto senza indicatori fluorescenti che puntino all’uscita, anche se ogni tanto avremmo gradito almeno qualche piccolo suggerimento. Alcune sezioni della mappa sono infatti nascoste dietro passaggi praticamente impossibili da vedere, celate da una visuale isometrica che impedisce alle volte di scorgere intere strade, con numerosi minuti spesi alla ricerca di una direzione verso cui volgere i propri passi e un sentiero che stava magari lì a pochi centimetri dal nostro muso.
Capiamo questa cripticità quando si tratta di scovare uno scrigno o quando si sposa bene con l’ottimo level design - fatto scorciatoie sempre nuove, porte da spalancare e chiavi da attivare - ma non quando viene impiegata per bloccare intere aree di gioco, soprattutto quando si scopre che il vero finale è celato dietro all’esplorazione pressoché completa di tutta la mappa.
A causa di spazi sempre più interconnessi e labirintici è facile perdere il senso dell’orientamento, ma per fortuna un hub centrale - chiaramente anche questo da scoprire e di cui occorre capire il funzionamento - ci evita di ripercorrere per l’ennesima volta sentieri già battuti e, soprattutto nelle fasi finali, la presenza del fast travel ha evitato noiosi déjà-vu.
Datemi una spada e vi salverò un mondo
Tunic è un puzzle da assemblare pezzo dopo pezzo, ma quando i tasselli iniziano a incastrarsi al posto giusto ci si trova al cospetto di un action isometrico abbastanza tradizionale, con una spruzzata di meccaniche da GDR e con i rimandi oramai immancabili ai vari Souls, come i fantasmi lasciati lì dove siamo stati abbattuti l’ultima volta e da cui recuperare le monete accumulate, che funzionano più o meno come le classiche anime o le rune del più recente Elden Ring.
Senza spiegarvi le chiavi di lettura per non rovinarvi il piacere della scoperta, sappiate che c’è spazio per la barra dei punti salute, della stamina e della magia - più o meno - e che grazie all’utilizzo di determinati oggetti è possibile avanzare di livello per migliorare l’attacco, la difesa e il vigore. Ovviamente nell’inventario si accumulano poi oggetti di ogni tipo, come dinamiti, frutti per recuperare l’energia o, ancora, pozioni di vario genere e l’elenco si espande nel momento in cui ci si imbatte per caso nel mercante.
Non aspettatevi comunque complesse build da costruire, armature da equipaggiare o punti esperienza da spendere in un intricato albero delle abilità. Il combattimento in Tunic ruota infatti attorno ad una dotazione ridotta ma funzionale, che permette attacchi corpo a corpo, dalla distanza e anche di sfruttare qualche potere speciale, utile ad esempio per rallentare il tempo o per afferrare i nemici per poi congelarli.
A dispetto dell’apparente immediatezza, il combat system ha inoltre una buona profondità, legata soprattutto alla schivata e ai frame di invulnerabilità che essa garantisce, e ancora di più alla gestione della stamina, da tenere sott’occhio per evitare che raggiunga lo zero, un’assenza di vigore che porta a subire danni ben maggiori.
Ogni nemico ha poi i suoi pattern d'attacco unici, con tempi differenti - sempre ben evidenziati - e punti deboli da sfruttare e la buona varietà di avversari costringe a metter in pratica tattiche differenti per non incappare in un nuovo KO.
Un'impresa titanica
L’aspetto colorato di Tunic potrebbe poi trarre in inganno e far pensare ad un livello della difficoltà tarato verso il basso. Niente di più falso, perché soprattutto nelle fasi finali occorre parecchia attenzione per non venire eliminati in un paio di colpi, con picchi di crudeltà alle volte quasi esagerati e in cui emerge una reattività dei comandi tutt’altro che impeccabile.
Nonostante l’aspetto, il protagonista non brilla infatti per agilità, i colpi sono piuttosto lenti e una volta iniziata un’azione bisogna attendere che finisca l’animazione prima di concatenarne una successiva. Si tratta di una scelta di design utile per limitare il button mashing, ma nelle fasi più concitate ci si trova alla mercé di attacchi - che alle volte provengono anche da fuori schermo - ben più veloci rispetto alla nostre possibilità di reazione e quasi impossibili da schivare o parare.
Questo discorso trova la sua perfetta esemplificazione durante le boss battle che concludono l’avventura, sfide che mettono alla prova i riflessi e purtroppo anche la pazienza al cospetto dell’ennesima sconfitta.
Insomma, c’è un concreto rischio di frustrazione nei momenti finali ed è davvero un peccato, perché per lunghissimi tratti Tunic è un viaggio attraverso un affascinante mondo sconosciuto, un’avventura alla ricerca di risposte che saranno diverse per ogni giocatore nel nome del più puro piacere della scoperta.
Versione recensita: PC
Tunic è disponibile su Xbox Game Pass: potete abbonarvi a prezzo ridotto su Instant Gaming.
Voto Recensione di Tunic - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Direzione artistica capace di reinventarsi durante l'avventura
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L'esplorazione viene sempre ripagata da qualche nuova scoperta
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Il gameplay ha una profondità che non ci saremmo aspettati
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Ci si sente dei veri detective quando si riesce ad incastrare un nuovo frammento di mappa
Contro
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Una volpe decisamente poco agile
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La telecamera nasconde anche le strade principali
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Ci sono momenti di una difficoltà fuori scala rispetto al resto dell'avventura
Commento
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